domenica, 28 Aprile, 2024
Geopolitica

La guerra (non) convenzionale di Hamas

*Analista di Politica Internazionale e Sicurezza per il Medio Oriente e Africa e docente presso il Master in “Scienze Informative per la Sicurezza”, e-Campus Università

Le notevoli capacità di Hamas di mobilitare segretamente le sue forze e sferrare l’attacco a sorpresa del 7 ottobre alle forze di difesa e a civili israeliani è testimonianza della sua crescente esperienza nelle tattiche di guerra irregolare o non convenzionale, quelle proprie di attori non statali, ma ben oltre i livelli di base. E per quanto vi siano state inefficienze nel sistema di intelligence israeliano, è necessario riconoscere ad Hamas una preparazione a tutto tondo, in più domini e a multilivello, in tattiche offensive che debordano da quelle solitamente utilizzate da attori eversivi o guerriglieri. In pratica, si è assistito ad una escalation di tipo verticale per un’operazione dal nome celebrativo di un diluvio biblico, al-Aqsa Flood, che contiene in sé, sin dalla sua origine, potenzialità anche di escalation orizzontale, nella regione e oltre.

Con quell’attacco a Israele, dal finale già scritto di una colossale azione kamikaze per Hamas e Gaza, senza alcuna considerazione per la sorte della propria popolazione, i vertici della sua ala militare, le Brigate Izz al-Din al-Qassam, hanno posto in essere un conflitto ibrido che incorpora tattiche e formazioni irregolari con atti terroristici ed esibizione di capacità convenzionali, accompagnati da una guerra cognitiva senza precedenti. In pratica, all’omicidio di massa (già proprio del terrorismo jihadista dall’11 settembre in poi), sono state aggiunte la presa degli ostaggi, già sperimentata altrove (Entebbe, pirateria aerea, Mumbai, fra i tanti), e una più moderna guerra cognitiva, creando un compendio di tattiche e strategie che saranno oggetto di studio per anni a venire, ben oltre quello del fiasco informativo ebraico.

Parallelamente agli attacchi da terra (puro terrorismo e guerriglia urbana), cielo (missili, droni, parapendii), mare (assalti con barchini) e cyber (attacchi DDoS a infrastrutture critiche, hacktivismo, defacement, fra i tanti), Hamas  ha agito con attività di deception, o inganno informativo, dapprima, nei due anni precedenti di preparazione, per deviare l’attenzione sulle reali intenzioni dei suoi vertici politici, ed in seguito, durante l’attacco vero e proprio, con attività dominanti di disinformazione e  propaganda on line (con riprese in streaming sui social dei linciaggi e degli attacchi ai civili)  per una chiamata al jihad globale di altri attori locali, come Hezbollah e Jihad Islamica. In pratica, le Brigate al-Qassam di Hamas hanno agito in una simultaneità di operazioni solitamente associata per lo più a capacità di forze armate proprie di un attore statale avanzato.

L’inganno nelle intenzioni è stato probabilmente il colpo da maestro degli strateghi della guerra non convenzionale di Hamas, a cui hanno affiancato la massima segretezza nella pianificazione e preparazione: è trapelato, infatti, che pochi dei suoi capi militari e i soli 1000 miliziani scelti per la missione iniziale ne fossero a conoscenza, limitando il rischio di fuoriuscita di informazioni e aumentandone a dismisura l’effetto a sorpresa.

Inoltre, da oltre due anni, Hamas studiava il sistema antimissilistico israeliano Iron Dome, come il tempo necessario per respingere razzi e mortai a corto raggio e per calcolare il percorso del lancio seguente. Perseverava nella costruzione della fittissima rete di tunnel nel sottosuolo dell’intera Striscia, dalle note implicazioni tattiche ma anche strategiche uniche, per via del loro uso anche come nascondiglio per gli ostaggi civili, ma soprattutto ingannava i vertici politici ebraici, dando l’impressione di avere a cuore più la stabilità interna e lo sviluppo economico di Gaza che il jihad contro Israele. Infatti, ciò aveva portato il governo israeliano nel giugno 2023, fra vari provvedimenti, ad approvare il piano di sviluppo di Gaza Marine, un piccolo giacimento di gas offshore di fronte alla Striscia, a beneficio sia dell’Autorità palestinese che di Hamas in termini di entrate e per l’indipendenza energetica. Una mossa certamente strategica per Israele, in quanto parte di un più ampio sforzo per calmare la situazione politica a Gaza, a causa di attriti fra Hamas e Jihad islamica proprio su questioni economiche, affiancata dall’Egitto, con cui Israele stava trattando per la costruzione di un porto al fine di facilitare l’arrivo di più merci nella Striscia.

Inoltre, senza più infliggere un colpo e lasciando di fatto l’iniziativa militare a Jihad Islamica, Hamas trattava con Israele per ottenere più permessi per i propri lavoratori in cerca di un’occupazione in territorio ebraico, parte dei quali, da quanto sta emergendo, avrebbero in seguito fornito informazioni sulla quotidianità e la sicurezza di siti, kibbutzim e moshav, poi colpiti nel giorno dell’attacco terroristico. Sta emergendo, infatti, che i terroristi del 7 ottobre si sarebbero addestrati a Gaza già dal 2021, conducendo esercitazioni in bella vista, con la costruzione di finte copie di insediamenti israeliani per prepararsi proprio al loro assalto.

Un’attenta campagna di comunicazione strategica e disinformazione aveva, quindi, creato un’immagine di Hamas non affatto pronta e men che meno desiderosa di un’avventura militare contro Israele. La sua guerra non convenzionale ha poggiato abilmente sull’inganno, che è già proprio di tutti i conflitti, per raggiungere il proprio obiettivo, nella fattispecie, una escalation con attori regionali per una guerra aperta e convenzionale con il nemico ebraico, smarcandosi così dal ruolo di solo agente terroristico.

Ciò che sta emergendo, infatti, da piattaforme fact-checker, è che il ritmo e la sofisticazione della disinformazione in questo conflitto avviato da Hamas sono stati, e sono, molto più alti che con la guerra in Ucraina, che già aveva indotto forze armate straniere a costituire unità a cui affidare la guerra alla comunicazione disinformativa strategica sui canali e social media, ormai ambienti tattici dei conflitti per le giovani generazioni. Perché è soprattutto qui che la guerra non convenzionale, attuando una sorta di escalation operativa verticale, abborda quella convenzionale, coinvolgendo e inducendo sempre più forze armate regolari ad organizzarsi per contrastare attori, soprattutto non-statali e milizie, come quelle di cui abbonda la regione mediorientale, di fatto un ambiente multi-sfaccettato per la sicurezza e, da tempo, focolaio di conflitti per procura.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Papa Francesco in Iraq: “Anche in mezzo a devastazioni c’è il trionfo della vita”

Redazione

Mattarella: “I germi dell’odio alimentano le minacce terroristiche”

Stefano Ghionni

Nessuna indulgenza contro la violenza sovversiva

Ranieri Razzante*

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.