sabato, 27 Aprile, 2024
Società

Adozione: sì a preservare relazioni con famiglia biologica

La Corte Costituzionale, con una sentenza emessa nei giorni scorsi, stabilisce che l’adottato può preservare le relazioni affettive con la famiglia di origine. E’ un chiarimento importante dopo la legge 184/83 e le modifiche apportate con la 149 del 2001 dove si disciplina l’adozione dei minori che si trovano in stato di abbandono.

Pronuncia Corte costituzionale

La Corte costituzionale sottolinea come il quadro normativo e giurisprudenziale attuale riconosce che, ai fini di un equilibrato sviluppo della personalità del minore, sia fondamentale tutelare la sua identità. Tutela che non si limita esclusivamente alle nuove relazioni affettive, che si sviluppano in seguito all’adozione, ma si estende anche al passato, includendo la consapevolezza delle sue radici. Pertanto si ravvisa la necessità di preservare la continuità con le relazioni socio-affettive positive precedenti all’adozione. In secondo luogo la Corte costituzionale ha evidenziato che la stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo interpreta il diritto al rispetto della vita familiare, previsto dall’art. 8 della CEDU, come un principio che impone agli Stati membri di condurre una valutazione concreta per determinare se sia nell’interesse del minore mantenere rapporti con persone che abbiano avuto un coinvolgimento significativo nella sua vita. Secondo la Corte costituzionale, per tutelare l’identità del minore e il suo interesse a preservare relazioni affettive positive, non si possono utilizzare regole rigide e presunzioni assolute. Un approccio generalizzato infatti non terrebbe in considerazione la complessità delle diverse relazioni personali.

Per l’interesse del minore

A parere della Suprema Corte l’articolo 27, comma 3, della legge n. 184 del 1983 non contiene un divieto assoluto di preservare relazioni socio-affettive con i componenti della famiglia d’origine, piuttosto la legge preserva l’interesse del minore alla continuità della relazione socio-affettiva con i propri fratelli e le proprie sorelle, tant’è che promuove il loro affidamento congiunto e la loro adozione congiunta. Inoltre, la legge prevede che nel corso del procedimento di adozione, il giudice debba avvalersi del supporto dei servizi sociali, che svolgono approfondimenti anche sull’ambiente in cui il minore ha vissuto. Il giudice è anche tenuto ad ascoltare il minore stesso e, se ha compiuto i quattordici anni, ad attenersi alla sua volontà. Infatti, il minore che ha compiuto quattordici anni non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso. Quando esistono legami affettivi profondi diventa quindi prioritario proteggere l’interesse del minore adottato da ulteriori traumi derivanti dalla rottura di questi legami.

Non solo oblio sul passato

In precedenza anche Corte di cassazione, nel corso degli anni, si era espressa riconsiderando il principio per cui l’adozione dovrebbe comportare una completa cancellazione del passato. La legge del 1983, infatti, stabilisce che, a seguito della pronuncia del Tribunale, l’adottato entra nella famiglia adottante acquistando lo stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome e che con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine, salvi i divieti matrimoniali (art. 27 comma 3). E anche le modifiche apportate dalla legge n. 149 del 2001 alla 184 del 1983, vanno in questa direzione: ci sono l’introduzione del diritto del minore adottato a essere informato della sua condizione dai genitori adottivi; la possibilità per i genitori adottivi di avere informazioni concernenti l’identità di quelli biologici, per gravi e comprovati motivi e con l’autorizzazione del Tribunale e l’introduzione della possibilità per l’adottato, che abbia raggiunto l’età di venticinque anni, o diciotto (ma in questo caso solo se sussistono gravi motivi legati alla sua salute psico-fisica) di accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei genitori biologici. Generalmente le sentenze della corti più alte hanno affermato il diritto del figlio a conoscere le proprie origini e ad accedere alla propria storia parentale come un elemento significativo nel sistema costituzionale di tutela della persona. Dunque la cancellazione del passato non è più ritenuta l’unica scelta per lo sviluppo della personalità dell’adottato.

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