domenica, 13 Ottobre, 2024
Attualità

Francesco: “Imperialismo? È la cultura russa che non va cancellata”

Il prossimo incontro al Sinodo con i vescovi dell’Ucraina

“Pellegrino di amicizia”, così si è definito il Papa avviandosi sulla via del ritorno a Roma dalla Mongolia, che lo ha visto abbracciare le diverse realtà della Chiesa e della società; “vi assicuro le mie preghiere per la pace, l’unità e la prosperità della nazione” ha scritto nel telegramma di saluto al presidente Khürel Sükh Ukhnaa ringraziando per “la calorosa accoglienza e la generosa ospitalità.”
Nell’ultimo giorno del viaggio apostolico il Pontefice ha incontrato gli operatori della carità e ha benedetto e inaugurato la Casa della Misericordia, che “si propone come punto di riferimento per una molteplicità di interventi caritativi, mani tese verso i fratelli e le sorelle che faticano a navigare tra i problemi della vita.” Durante gli incontri con la piccola comunità cattolica della Mongolia, Papa Francesco ha sempre sottolineato l’ammirazione per questo “piccolo popolo” (per numero), grande per impegno e vitalità: “il vero progresso delle nazioni non si misura sulla ricchezza economica e tanto meno su quanto investono nell’illusoria potenza degli armamenti, ma sulla capacità di provvedere alla salute, all’educazione e alla crescita integrale della gente”. E alla benedizione della Casa della Misericordia ha ricordato che “da quando i primi missionari sono arrivati a Ulan Bator negli anni Novanta, hanno sentito subito l’appello alla carità, che li ha portati a prendersi cura dell’infanzia derelitta, di fratelli e sorelle senza fissa dimora, dei malati, delle persone con disabilità, dei carcerati e di quanti nella loro condizione di sofferenza chiedevano di essere accolti”. Il Papa ha ricordato che la Chiesa che è in Mongolia vive come la Chiesa degli apostoli, in “comunione, liturgia, servizio e testimonianza”, come proprio le quattro colonne della grande “ger”, la tipica abitazione itinerante dei nomadi mongoli.

Prossimo viaggio Kosovo

Quello appena concluso è stato il primo viaggio apostolico di un Papa in Mongolia. Viaggio iniziato lo scorso primo settembre che ha visto il Papa incontrare le autorità del Paese nella capitale Ulaanbaatar e la piccola comunità cristiana locale presso la cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, come pure i leader religiosi locali e gli operatori della “Casa della Misericordia”. Un abbraccio globale ad un Paese, stretto tra Russia e Cina, che – come ha detto il Papa stesso nel suo primo discorso all’autorità – può avere un “ruolo” fondamentale nello scenario internazionale, soprattutto per la pace globale. Durante il viaggio di ritorno, il Papa ha salutato tutti i Paesi che sorvolava, dalla Cina, alla Russia, dall’Azerbaijan alla Turchia, all’Italia, dove è atterrato poco dopo le 16. Quanto al Vietnam, Papa Francesco con un pizzico di ironia ha detto che sicuramente una visita ci sarà e “se non andrò io, andrà Giovanni XXIV”. Parlando con i giornalisti Francesco ha spiegato che ha “grande ammirazione per la Cina”, che i rapporti proseguono e si deve “andare più avanti sull’aspetto religioso per capirci di più.” E poi ha spiegato che quando parlava della “Grande Russia” non ha pensato “all’imperialismo ma alla trasmissione della cultura. Ho ripetuto il messaggio che lascio sempre ai giovani: farsi carico della loro eredità.” “E’ un messaggio – ha concluso – che ripeto sempre, dappertutto e anche con questa visione cerco di fare il dialogo tra nonni e nipoti.” Il prossimo viaggio potrebbe essere in Kosovo, ma ora “vi dico la verità”, ha detto Papa Francesco, “per me non è facile come all’inizio. Ci sono limitazioni nel camminare. Vedremo.”

Il Sinodo con i vescovi ucraini

Il Pontefice domani incontrerà il Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco cattolica ucraina. “Nel contesto attuale, in cui i vecchi imperi si stanno risvegliando e l’aggressore russo conduce una guerra neocoloniale in Ucraina, è cruciale che il mondo ascolti la vera storia dell’Ucraina, così come quella della Russia e dell’Europa orientale, non la versione scritta dagli imperialisti colonizzatori, ma la storia raccontata e scritta con il sangue dei popoli privati della propria libertà che, oggi, lottano per il diritto all’esistenza, alla libertà, al loro Stato ucraino, integro e indipendente”. Lo ha detto Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, alla Divina Liturgia che nella basilica di Santa Sofia a Roma, domenica, ha ufficialmente aperto il Sinodo dei vescovi 2023 della Chiesa greco-cattolica ucraina, il cui tema principale è “L’assistenza pastorale delle vittime della guerra”. Al Sinodo – informa una nota del segretariato di Roma dell’arcivescovo maggiore – prendono parte 45 vescovi su 55 provenienti dall’Ucraina, dall’Europa centrale e occidentale, dal Nord e Sud America e dall’Australia. Sua Beatitudine Sviatoslav ha definito il Sinodo di quest’anno a Roma, il secondo durante una guerra su vasta scala, il “Sinodo della speranza” ed ha detto che è “segno di speranza” l’opportunità per i vescovi ucraini di incontrare personalmente Papa Francesco. “Sappiamo che il Santo Padre è un grande maestro dell’ascolto e dei gesti”, ha osservato l’arcivescovo maggiore. “Egli desidera ascoltare il Sinodo dei vescovi ucraini. Ci ha invitati espressamente ad un incontro un’ora prima per dare la possibilità non solo al Capo della nostra Chiesa, ma anche a ciascun vescovo della nostra Chiesa di parlare a nome del suo gregge. E, in quanto maestro dell’ascolto, Egli è pronto ad ascoltarci. E come maestro dei gesti, che a volte possono essere più eloquenti delle parole scritte o lette, credo che ci donerà un gesto di speranza”. Il Sinodo dei vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina di quest’anno si concluderà il 13 settembre con la celebrazione del 400° anniversario del martirio di San Giosafat.

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