domenica, 28 Aprile, 2024
Geopolitica

Spese militari di qualità per rendere efficiente la deterrenza e la protezione dei 31 Paesi membri

I compiti della Nato rafforzata, il riequilibrio e la qualità delle spese militari dei Paesi membri, i residui di anti-atlantismo in Italia e le condizioni della pace in Ucraina sono oggetto di questa conversazione con il prof. Andrea Margelletti Presidente del CeSi, Centro Studi Internazionale

Gli Stati Uniti sono impegnati in ingenti aiuti militari ed economici all’Ucraina. Nel vertice di Vilnius, però, il più prudente sulla road map dell’ingresso di Kyiv nella Nato è stato proprio il Presidente Biden. Perché?

L’Ucraina nella Nato non è mai stata in agenda. A parte i tanti compiti a casa che ogni Paese deve fare per entrare nell’Alleanza atlantica, ci vuole poi l’unanimità dei membri e poi c’è il fatto insormontabile che l’Ucraina è in guerra. Negli anni Settanta si parlò di far entrare Israele nella Nato, ma non se ne fece niente perché Tel Aviv era in guerra con alcuni Paesi arabi.

Però dopo la guerra se ne potrebbe parlare?

Non nell’ipotesi di una tregua, ma solo nel caso di una vera conclusione della guerra con un trattato di pace.

L’ingresso dell’Ucraina nella Nato potrebbe essere materia da portare al tavolo delle trattative di pace tra Mosca e Kyiv?

Saranno gli ucraini a decidere che pace vogliono. Non saremo noi a decidere il futuro dell’Ucraina.

Nel frattempo però le forze armate ucraine vengono armate secondo gli standard americani e questo potrebbe mettere l’Ucraina già in una condizione di maggiore vicinanza all’Alleanza Atlantica?

Gli standard degli armamenti sono solo di due tipi, o occidentale o russo. Ci sono molti Paesi dell’America Latina che hanno armi con standard americano, ma non fanno parte della Nato. Far parte dell’Alleanza è una decisione politica, non è solo la sostituzione di uno standard con un altro.

La Nato esce rafforzata con l’ingresso di Finlandia e Svezia. La maggiore deterrenza militare comporta anche un maggior peso diplomatico della Nato?

La Nato non è né il poliziotto del mondo né l’Onu. Ha un mandato di deterrenza, difensivo e di protezione dei suoi membri. Le decisioni diplomatiche sono prese dai singoli Paesi, l’organizzazione come tale non ha un suo indirizzo unico diplomatico, anche perché ogni decisione deve essere sempre presa all’unanimità e questo renderebbe impossibile qualsiasi attività diplomatica.

A Vilnius c’erano anche Paesi che non fanno parte della Nato. Qual è il significato di questa presenza?

È naturale che Paesi che appartengono alla sfera della democrazia possano essere coinvolti non in decisioni, ma in confronti di idee e valutazioni.

Che tipo di relazioni sono ipotizzabili tra Nato, Aukus e Quad, anche se si tratta di tre entità non comparabili?

Nessuna. Aukus è una partita con tre Stati di cui due sono membri della Nato e il terzo, l’Australia, condivide la stessa visione occidentale, ha supportato iniziative in cui la Nato era coinvolta e fornisce sostegno all’Ucraina. Ma immaginare la Nato come una cosa diversa da quella che è mi sembra impossibile.

Quindi nell’Indopacifico non avrà un ruolo?

Mi pare difficile. In Afganistan la Nato fu chiamata a intervenire perché le Nazioni Unite non avevano altra scelta. È più facile immaginare, in uno scenario di grave crisi in Estremo Oriente la partecipazione di molte nazioni della Nato, ma non della Nato in quanto Alleanza.

Con l’ingresso di altri Paesi europei nella Nato dovrebbe alleggerirsi il carico delle spese militari che finora è gravato principalmente sugli Stati Uniti?

Se la maggior parte delle spese militari sono spese per il personale e non per investimenti in capacità difensive non si va avanti. Il problema non è solo quanto si spende, ma come si spende. Purtroppo i Paesi europei non dimostrano grande consapevolezza di questi problemi. La guerra in Ucraina potrebbe sfociare in un conflitto europeo. Ci auguriamo di no, ma non possiamo escluderlo. Ebbene, anche in questa drammatica situazione esistono forze politiche che dicono che non è il momento di investire nella difesa. Tra l’altro tra la decisione di investire e la concreta disponibilità del dispositivo difensivo passa molto tempo.

Dopo aver fatto il bastian contrario, Erdogan sembra essersi “ammorbidito” verso la Nato. Come mai?

Ho sempre pensato che l’atteggiamento della Turchia sarebbe cambiato con la fornitura di caccia F-16 americani.

In Italia c’è una diffusa ignoranza e diffidenza in ambienti politici nei confronti della Nato e della necessità delle spese militari. Perché?

C’è un mix di forte antiamericanismo e antimilitarismo in entrambi gli schieramenti. C’è un antimilitarismo cattolico che ha profonde radici. Negli anni Settanta la Destra era fortemente antiamericana. Sia Giorgia Meloni che Guido Crosetto con la loro autorevolezza hanno spiegato ai nostri alleati che le cose sono cambiate. E questo è un fatto molto positivo.

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