Analisi di autorevoli economisti ed esperti della materia dicono tutto e il contrario di tutto su questo tema che semina zizzania tra le organizzazioni sindacali, contrappone maggioranza e opposizioni, divide ulteriormente Renzi da Calenda che si schiera con Pd, M5s e Sinistra unita. Insomma è una vera e propria Babele. Dando per scontata la buona fede di tutti coloro che se ne occupano, si deve trarre la conclusione che su pregi e difetti del salario minimo non c’è consenso “scientifico” e che, anche stavolta, invece di discutere a mente sgombra per trovare una soluzione razionale, si ricasca nel solito baccano tra posizioni non mediabili.
Proviamo a dire la nostra, con tutti i limiti del caso. Chi vuole il salario minimo per legge dice che ci sono 4 milioni e mezzo di lavoratori che si trovano ampiamente sotto questa soglia: più del 90% dei lavoratori domestici, il 35,1% di chi lavora in agricoltura e il 26,2% dei dipendenti di imprese private, il 38% delle persone con meno di 35 anni e il 26% delle lavoratrici.
Chi non lo vuole sostiene che 9 euro l’ora lordi rappresenterebbero l’87% del salario mediano nazionale e lascerebbero poco spazio alla contrattazione collettiva nazionale. Discutendo di questo tema viene fuori che esiste una marea di contratti collettivi nazionali, ben 966 di cui 832 che riguardano almeno un lavoratore. Però, la grande maggioranza di questi contratti copre meno di 500 lavoratori. Si tratta spesso di contratti “pirata” resi possibili perché -anche grazie al disinteresse dei sindacati- l’art.39 della Costituzione non è mai stato attuato. Esso prevede che i sindacati per essere registrati e quindi avere personalità giuridica devono avere statuti democratici. Solo in questo caso i contratti collettivi di lavoro hanno “efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.
Peraltro, chi è contrario al salario minimo sostiene che la Direttiva europea non obbliga a introdurlo ma solo a promuovere la contrattazione collettiva in quei Paesi in cui essa è inferiore all’80%. E non è il caso dell’Italia. Allora la soluzione più semplice sarebbe questa.
- Stabilire per decreto legge il salario minimo a 9 euro solo per quelle categorie che sono senza contratto (tirocinanti, collaboratori autonomi, lavoratori occasionali, lavoratori in nero e altri lavoratori non dipendenti). Così si chiuderebbe una vergognosa pagina di sfruttamento sociale.
- “Forzare” l’attuazione dell’art.39 della Costituzione, stabilendo un periodo transitorio durante il quale il salario minimo a 9 euro non si applica ai contratti collettivi nazionali. Superato questo periodo transitorio il salario minimo diverrebbe obbligatorio per tutti i contratti sottoscritti da sindacati non registrati.
In questo modo tuteleremmo subito gli sfruttati e faremmo fare un passo avanti alla nostra democrazia obbligando i sindacati al rispetto della Costituzione, spazzando via contratti purata, mettendo ordine nella contrattazione collettiva senza toglierle alcuno spazio. E senza scassare i conti delle imprese.