venerdì, 29 Marzo, 2024
Attualità

Gronchi (Confesercenti): ridurre la pressione fiscale e attuare la web tax

Riduzione della pressione fiscale e una tassa sul web, con un obiettivo aiutare e dare sostegni alle piccole imprese che sono nel gorgo di una crisi drammatica.

Sono le proposte indicate al Governo da Nico Gronchi, vicepresidente di Confesercenti. “Al centro della riforma fiscale devono esserci temi chiave per l’economia italiana come la riduzione della pressione fiscale, la tassa sull’e-commerce per le grandi piattaforme, lo stop all’era degli acconti e la razionalizzazione dei tributi locali”, spiega Gronchi.

Dare di più ai redditi bassi “Inoltre, i benefici fiscali previsti dalla flat tax devono andare”, secondo il vicepresidente di Confesercenti, “a vantaggio anche dei redditi più bassi e l’abolizione dell’Irap non agevolare solo le grandi imprese, rischiando invece di penalizzare le Pmi, soprattutto del commercio e dei servizi”.

Tutelare le piccole imprese “L’ossatura dell’economia italiana”, sottolinea Gronchi, “è costituita soprattutto da imprese di piccole e medie dimensioni e queste vanno tutelate”. “Ma priorità assoluta, come detto, deve essere la riduzione delle tasse. Nel 2022 la pressione fiscale ha raggiunto il 43,5%, +1,2 punti rispetto al 2019, con un aumento del carico fiscale di +9,3%. Un ritmo decisamente più sostenuto di quello registrato nello stesso periodo dal Pil, la cui crescita cumulata si è fermata al +6,3%, e dei redditi da lavoro, aumentati del complessivamente +5,9%”.

Inserire la web tax

Questi dati, frutto di un’analisi realizzata da Confesercenti, per la Confederazione dimostrano chiaramente come il sistema impositivo italiano sia un freno per la nostra economia. “La web tax, ovvero una tassazione sull’e-commerce per le grandi piattaforme in grado di riequilibrare la concorrenza tra attività fisiche e on line, non risulta attualmente presente nel testo della riforma”, osserva Nico Gronchi, “Questa è però fondamentale per le attività di vicinato e non solo: la concorrenza delle grandi piattaforme, infatti, potrebbe mettere fuori mercato 60mila imprese entro i prossimi 5 anni. Sarebbe una perdita che l’Italia non può davvero permettersi”.

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