venerdì, 29 Marzo, 2024
Salute

Liberiamoci della salute di carta

In qualità di Medico e di cittadino difendo l’eccellenza del nostro Servizio Sanitario Nazionale, concepito sul modello Beveridge (che ha dato origine al National Health Service britannico), universalistico e solidale che, malgrado la ristrettezza delle risorse (in Italia la spesa per la sanità rispetto al Pil è di almeno due punti percentuali più bassa rispetto a Germania e Francia), ha consentito di fornire assistenza di qualità, allungare la vita delle persone (siamo il secondo Paese al mondo per longevità media), eradicare patologie diffuse (tipo gozzo endemico in alcune aree geografiche italiane) non meno preservare il bene preziosissimo della salute e della vita anche in età avanzata.

Purtroppo la pandemia ha impietosamente sdoganato le disfunzioni organizzative e i guasti di un Sistema con troppe sacche di inefficienza, alle prese con carenze di personale sanitario sempre più marcate, ad una certa sorda innata resistenza alle innovazioni (ad esempio la Telemedicina già nota e disponibile da anni ancora ai blocchi di partenza ma tanto dicasi anche per le nuove applicazioni digitali) che sono il futuro imprescindibile dell’assistenza. È vero che la tempesta digitale è arrivata con grande impeto nei nostri Ospedali e nelle reti sanitarie cogliendoci impreparati per assorbirla a che fosse pienamente utilizzata come strumento di efficacia nella tracciabilità dei percorsi di cura. Parimenti l’esplosione del digitale nelle nuove tecnologie sanitarie (Robot, Laser, Radiodiagnostica, Teronostica, Nanotecnologie, nuovi farmaci ed altro) dai costi oggi non sostenibili dalla rete sanitaria pubblica, creerà disvalori di trattamento nella nostra popolazione. Il nemico capitale del SSN, tuttavia, non sta solo e principalmente nella difficoltà economica, negli organici trascurati, e nella pessima attività di Quanti speculano sulle disgrazie (aizzando cause di risarcimento) determinando il preoccupante fenomeno della medicina difensiva.

Il nemico storico imputato da sempre è la burocrazia, ma anche il risveglio di nuove coscienze nel genere umano (essere operatore sanitario proattivo, responsabile, con senso di appartenenza) potrà dare un contributo solidale alla creazione di una rete assistenziale di prim’ordine. Le coscienze si creano però anche con il rispetto dei ruoli professionali e delle giuste retribuzioni, strada maestra per ridurre disagi sindacali di cui ognuno di noi, quando paziente, ne ha prova contata.

Vero è che quando si parla di risorse pubbliche, di un Servizio a carico della fiscalità generale, alimentato dalle imposte pagate da tutti i contribuenti, protocolli e controlli sono un dovere. L’appropriatezza della spesa, l’ostracismo agli sprechi, l’impermeabilità del sistema ai rilevanti interessi economici in gioco, sono prerequisiti indispensabili. Proprio per questo, però, è necessario che le attività di monitoraggio siano congrue, ragionevoli, ottimizzate ed efficienti. Non si può però non sottolineare un formalismo eccessivo all’atto medico ridotto a percorso cartaceo, all’umiliazione di tanti medici costretti a farsi prescrittori o impiegati, sciupando una professionalità acquisita in anni di studio e di sacrificio, che sarebbe invece preziosa per rafforzare la medicina assistenziale sia essa ospedaliera, di prossimità o di territorio.

Ne abbiamo avuto un esempio in questi giorni, con la protesta delle organizzazioni sindacali dei Medici di Famiglia a proposito del rinnovo dei piani terapeutici per i pazienti diabetici. Il diabete è una nota disfunzione metabolica cronica di portata sociale che in tutte le società sviluppate cresce esponenzialmente, a causa dell’allungamento della vita media e dei mutati stili di vita. Anche se siamo ormai in grado di produrre i farmaci di cui questi malati hanno bisogno con costi del tutto ragionevoli (merito della scienza, che ha creato l’insulina sintetica), un paziente diabetico rappresenta comunque un rilevante carico economico per il SSN, a causa della necessità di controllare sovente la glicemia (una singola striscia necessaria al controllo –e se ne dovrebbero utilizzare sei al giorno- costa più di un euro). Il Servizio pubblico copre tutte queste spese (nella sola Puglia sono necessarie per almeno trecentomila persone).

Per il diabete insulinodipendente patologia ad vitam è quindi giustissimo che il medico di famiglia, sulla base delle valutazioni di specialisti, elabori per ogni paziente un piano terapeutico che gli dia diritto a ottenere insulina, strisce glicemiche, pungidito e quant’altro in modo continuativo. Assurdo che gli uffici chiedano agli stessi medici di rinnovarlo ogni anno con disagi notevoli per l’utenza diabetica ed utilizzo di professionisti angariati che sarebbero meglio impiegati in altro. E l’esempio dei piani terapeutici per il paziente diabetico possono essere mutuati per tanti alti esempi prescrittivi. Altro nodo cogente sono le diverse piattaforme prescrittive digitali regionali per piani terapeutici di alcuni farmaci soprattutto oncologici. La diversità di queste piattaforme da Regione a regione crea difficoltà ai pazienti nell’ approvvigionamento dei farmaci necessari per le proprie cure se il medico a prescriverle è di un Ospedale o medico di un’altra regione.

Per fare in modo che il Servizio Sanitario della Repubblica continui a essere all’altezza dei tempi, dobbiamo liberarci dalla “salute di carta”, parafrasando la fortunata serie televisiva spagnola e istituire una Rete interregionale a livello sanitario nazionale sempre più organizzata e coesa. Il percorso della “umanizzazione delle cure” virtuoso per il paziente, dovrebbe poter prevedere anche un percorso di formazione adeguato e responsabile di tutta la filiera dei professionisti della Sanità non esclusi anche i professionisti delle reti amministrative nella circolarità dell’intento di fornire al paziente un prodotto di cura adeguato al profilo di cura ed ai nostri tempi.

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