domenica, 6 Ottobre, 2024
Esteri

Il “lapsus” di Putin sulla guerra

Vladimir Putin, nel corso della Conferenza stampa di giovedì scorso, ha usato la parola “guerra”, anziché la definizione “operazione speciale”. Testualmente ha detto: “Il nostro obiettivo non è far girare questo volano di un conflitto militare, ma, al contrario, porre fine a questa guerra. Ci stiamo battendo per questo e continueremo a lottare”. Molti potrebbero non comprendere il clamore destato da questa “non notizia”, tenuto conto che quella in corso in Ucraina è in effetti e – senza ombra di dubbio – una guerra, folle e sanguinaria.

È opportuno sottolineare, però, che in Russia, dall’inizio della guerra su vasta scala in Ucraina, sono state arrestate almeno 19.443 persone per essersi macchiate di “gravi reati di opinione” quali – per l’appunto – utilizzare il termine “guerra” in luogo della ipocrita definizione coniata dal Cremlino “operazione speciale” o per aver partecipato a manifestazioni contro la guerra, nonché per aver pubblicato post sui social network in favore della Pace. Si tratta di un vero e proprio record, negli ultimi 10 mesi, di detenzioni politicamente motivate.

Soprattutto dopo che a marzo sono state introdotte in Russia le leggi sulla responsabilità penale e amministrativa per i cosiddetti falsi sull’esercito russo e per screditare le sue azioni, le autorità hanno avviato centinaia di procedimenti penali contro cittadini per loro posizioni contro la guerra.

In totale, 378 russi sono stati sottoposti a procedimenti penali. La maggior parte di loro, 134 persone, è accusata di falsi, ad esempio, per post sui social network sull’uccisione di civili nelle città ucraine di Bucha e Mariupol. 46 persone sono state perseguite ai sensi dell’articolo sul vandalismo, in particolare per aver danneggiato i simboli Z e V utilizzati dall’esercito russo in Ucraina. 44 persone sono accusate di attacchi agli edifici di commissariati e amministrazioni militari, 37 persone – di screditare le azioni delle forze armate. Eclatante il fatto che 9 russi siano rimasti coinvolti in procedimenti penali per aver parlato di questi argomenti con conoscenti.

Al momento sono già state emesse 50 condanne in procedimenti penali. Le più clamorose sono le condanne a 8 anni e mezzo di carcere per il politico dell’opposizione Ilya Yashin e a 6 anni e 11 mesi per il deputato municipale di Mosca Alexei Gorinov.

Migliaia di russi hanno iniziato a protestare contro la guerra dal primo giorno dell’invasione dell’Ucraina. Già il 24 febbraio più di duemila persone sono state arrestate in 67 città russe. Il 27 febbraio, anniversario dell’assassinio del politico Boris Nemtsov, sono state arrestate più di 2.800 persone. Alla protesta del 6 marzo, il numero di persone è aumentato a 5.600 persone. Tali proteste sono state accompagnate dalla violenza della polizia: sia al momento dell’arresto che nei dipartimenti di polizia.

A seguito delle repressioni di massa e della nuova legislazione penale adottata a metà marzo il numero dei partecipanti alle manifestazioni ha iniziato a diminuire. A metà primavera, il numero di detenuti in ciascuna delle azioni è sceso a poche decine di persone. La protesta non si è fermata, ma si è trasformata in regolari singole azioni.

Un’altra ondata di manifestazioni si è verificata dopo l’annuncio della mobilitazione il 21 settembre. Lo stesso giorno, le forze di sicurezza hanno arrestato 1.330 persone in 42 città.

Giovedì, dopo aver sentito l’intervento in conferenza stampa del presidente Putin, il deputato del distretto Smolninskoye di San Pietroburgo, Nikita Yuferev, ha presentato un esposto al Procuratore Generale della Russia Igor Krasnov ed al ministro dell’Interno Vladimir Kolokoltsev in cui chiede provocatoriamente di controllare le parole di Vladimir Putin per la diffusione di “falsi” sull’esercito.

C’è da essere certi che il fascicolo verrà archiviato, mentre il deputato rischia una condanna penale per la sua eclatante protesta.

Nella speranza di poter dire un giorno: “C’è un giudice a Berlino”.

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