venerdì, 29 Marzo, 2024
Ambiente

Rifiuti radioattivi. Le inadempienze dell’Italia

Importanti rilievi della Commissione europea che ha aperto una procedura d'infrazione

Qualche mese fa la Commissione europea ha inviato il secondo parere motivato della procedura d’infrazione all’Italia, per l’adozione di programmi nazionali di gestione dei rifiuti radioattivi non interamente conformi alla direttiva sul combustibile esaurito e sui rifiuti radioattivi.

La direttiva stabilisce un quadro che impone la gestione responsabile e sicura del combustibile esaurito e dei residui radioattivi per garantire un elevato livello di sicurezza ed evitare di imporre oneri indebiti alle generazioni future. In particolare, impone agli Stati membri di elaborare e attuare programmi nazionali per la gestione di tutto il combustibile esaurito e dei residui radioattivi prodotti sul loro territorio, dalla produzione allo smaltimento.

Dalla relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlate, approvata poco prima delle elezioni politiche scorse, vengono fuori non poche preoccupazioni sulla gestione dei rifiuti radioattivi.

“È un tema di cui la Commissione negli anni si è sempre occupata, svolgendo un importantissimo ruolo di monitoraggio, approfondimento e controllo, ha precisato Stefano Vignaroli, presidente della Commissione. Per riassumere in poche parole il contenuto di questa relazione sull’argomento, ha sottolineato che sulla questione nucleare in Italia servono più risorse stanziate, più efficienza e più trasparenza. Non mancano invece, e anzi vanno assolutamente ridotti, i ritardi e i costi a carico dei cittadini”.

Si tenga presente che l’inquinamento radioattivo rappresenta una forma d’inquinamento che si caratterizza per la presenza di radionuclidi, ossia di nuclidi instabili che decadendo emettono energia in forma di radiazioni, capaci di contaminare l’ambiente circostante.

Le radiazioni così generate possono inquinare l’aria, il suolo e l’acqua, entrare in contatto con la vegetazione e gli animali e contaminare gli alimenti destinati al consumo umano e non solo.

Ecco la sintesi di alcune criticità rilevate dalla copiosa relazione di 345 pagine.

All’inizio di gennaio 2021 è stata pubblicata la CNAPI, Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il deposito nazionale e parco tecnologico, ma il percorso per arrivare al deposito nazionale è ancora lungo. I ritardi si sono accumulati, con conseguenze e un aumento dei costi su vari fronti.

Uno dei focus della Commissione sono state le condizioni in cui lavorano i diversi organismi che hanno un ruolo in tema rifiuti radioattivi. Tra i Ministeri serve maggiore coordinamento e maggiore concertazione.

Senza un ispettorato efficiente il controllo è azzoppato. L’Isin, l’Autorità di controllo in questo campo, opera in condizioni preoccupanti: il personale e le risorse non sono sufficienti e questo indebolisce il lavoro dell’Ispettorato.

Negli anni passati, i programmi di disattivazione degli impianti, di volta in volta prodotti dalla Sogin, non sarebbero stati rispettati ed i costi previsti per concludere queste attività sono cresciuti nel tempo. Si tenga presente che i costi di disattivazione sono coperti attraverso una componente tariffaria a carico della bolletta dei clienti elettrici.

Un’altra criticità osservata dalla Commissione riguarda le lacune normative, a partire dai decreti attuativi mancanti. Il decreto legislativo 101/2020 ha recepito la direttiva 2013/59 Euratom, che contiene importanti aggiornamenti in materia di radioprotezione, e ha risolto altri problemi emersi nell’applicazione delle leggi precedenti.

È particolarmente importante che, in attesa della realizzazione del deposito nazionale, ci sia spazio adeguato per i rifiuti prodotti da attività diverse dal decommissioning, come quelle medico-sanitarie e di ricerca scientifica.

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