domenica, 3 Novembre, 2024
Considerazioni inattuali

La pratica del bene

La divisione dei saperi sta lasciando dicotomicamente (e finalmente) il posto all’unione, ovvero alla sostenibilità tra gli stessi; proprio come sarebbe auspicabile accadesse tra gli atti e gli intenti di cui sono figli. Perché non sempre – come diceva qualcuno – per fare il bene occorre sacrificarsi ad un male necessario. Anzi, perché il bene si renda effettivo e dunque pratico, bisogna prima di tutto che sia quanto più possibile conforme al principio etico che ne ha prodotto l’azione e dunque la sua forma di atto.

L’UNIONE INDIVISIBILE DI ETICA E PRATICA

“Non si può ricavare una buona economia da un’etica cattiva” diceva Pound, perché dal marcio non può derivare che altro marciume, ancora più lercio. Mentre il bene pratico si sostanzia nel principio che l’ha prodotto. E non si può perciò erroneamente pensare di separare con nettezza l’economia, la legge, la politica, l’atto in sé – espressioni pratiche di un’unica etica – dalla questione morale che è medesimamente lo spirito generatore e pure la tensione che ne muove e ne regola gli impulsi nella realtà quotidiana.

LA RESA NEL COMPROMESSO

Non si possono distinguere e scindere le due cose, gli aspetti etico e pratico, anche perché accettare il compromesso del fare male, significa pensare male e pure approvare che il fine ultimo non sia in ogni caso – come fa assai comodo ritenere – il bene collettivo. Ed ancora perché tale compromesso si rende più spesso un sinonimo di resa, piuttosto che di reale volontà di applicazione di un’idea, di un principio.

LA RASSEGNAZIONE CHE ARRESTA PENSIERO ED AZIONE

Enrico Mattei riteneva che una delle lotte più importanti per il Paese fosse quella, doverosa, contro la rassegnazione e la fatalità più cupa, contro uno stato delle cose che sembra immobile ed inscalfibile e che non preveda cambiamento, miglioramento. Quelle armi che, a pensarci bene, nutrono l’inerzia, l’indolenza, l’ignavia ed il male che ne tende le redini; le stesse che arrestano il pensiero, vietandogli di fare ciò che gli è naturale: svilupparsi e rinnovarsi per crescere attraverso il cambiamento, stato di movimento, o meglio di rivoluzione, necessario per migliorare e cioè per agire; per il progresso dal peggio al meglio, dal vecchio al nuovo, dal male al bene e, soprattutto, dal bene al meglio.

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