sabato, 20 Aprile, 2024
Manica Larga

Politica, alla ricerca della stabilità perduta

Scrive questa settimana l’Economist che il Regno Unito è diventato come l’Italia ovvero una nazione alle prese con una politica caotica, afflitto dall’assenza di crescita e dipendente dai mercati obbligazionari. Il Paese ha perso smalto, non è più l’economia competitiva che abbiamo conosciuto e, inoltre, i divari regionali sono aumentati nonostante le promesse di livellare le disparità esistenti.

Nel frattempo la Primo Ministro, Liz Truss, si è dimessa dopo soli 44 giorni lamentando l’impossibilità di portare a termine il proprio mandato nel caos. Caos che, sottolinea la stampa italiana, gli inglesi non sono riusciti a gestire.

Al di là della polemica da campanile, emerge un punto vale a dire che non è tanto la capacità di gestire il caos, ma ammettere che (risultati alla mano) la stabilità politica è una precondizione chiave per la crescita economica di una nazione. E non solo.

Governance globale per sfide globali

Basta infatti allargare l’orizzonte per prendere consapevolezza di come l’assenza di un centro di gravità, cioè un sistema che non sia corroso al suo interno, sia stata finora la precondizione per altri fallimenti. Per esempio, rendono noto le Nazioni Unite, i target legati al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile sono stati mancati per il secondo anno di fila.

Non fa eccezione il contrasto al cambiamento climatico. Spiega molto bene in una recente lecture l’ex Chief Economist del Fondo Monetario Internazionale, Raghuram Rajan, di come le tendenze centrifughe dell’attuale quadro politico internazionale minano alla base qualsiasi progettualità che di fatto richiede un cambio di sistema a livello planetario, massicci investimenti, riforme e un costante dialogo tra le parti in campo.

Invece, la rincorsa verso politiche che premiano protezionismo, autarchia e deglobalizzazione hanno preso il centro del palcoscenico rischiando di favorire quanto promettevano di combattere, ossia migrazioni di massa e disparità sociali crescenti.

“Se la migrazione non è coordinata”, spiega Rajan, “i rifugiati climatici si precipiteranno nei Paesi più ricchi e accoglienti, travolgendoli, mentre eviteranno i Paesi poveri o ostili. Quasi sicuramente, ciò si tradurrà in una maggiore ostilità verso i rifugiati climatici anche nei Paesi inizialmente accoglienti”.

Insomma, viviamo in mondi iperconnessi e senza confini, basti pensare a tutte le reti che ci uniscono dalle catene di approvvigionamento fino alla blockchain. Per cui più che a vecchie cartine geografiche, a muri e a dinamiche vincitore-vinto sarebbe opportuno ragionare su come migliorare gli attuali sistemi di governance per favorire crescita sostenibile e integrazione.

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