giovedì, 25 Aprile, 2024
Economia

Sindacati: bene il salario minimo deciso dall’UE. Re David, Bocchi, Romani: un passo avanti contro precarietà

Salario minimo europeo, per i sindacati italiani è un passo avanti contro la precarietà del lavoro. “Frutto di un lungo percorso durato oltre due anni, una battaglia”, commentano le segretarie confederali Cgil e Uil Francesca Re David e Tiziana Bocchi e il segretario confederale della Cisl, Giulio Romani, “condotta con caparbietà da tutto il movimento sindacale europeo, che rappresenta un segnale importante e coerente con il Pilastro dei Diritti Sociali con cui l’Europa ha deciso, dopo la stagione più dura del Covid, di ripartire, rinnovando la propria visione della sostenibilità dello sviluppo”.

Lottare contro la povertà

“La nuova normativa arriva”, evidenziano Re David, Bocchi, Romani, “in un momento in cui è quanto mai necessario porre al centro dell’attenzione la questione della povertà, anche nell’ambito del lavoro; un tema reso ancora più cruciale dalla crisi che stiamo vivendo, amplificata dalla guerra, dovuta alla crescita dell’inflazione conseguente all’aumento dei prezzi del gas e dei beni al consumo, con una generale riduzione del potere di acquisto per le famiglie”.

Aumenti salariali dignitosi

Il contrasto alla precarietà e al lavoro povero si realizza, sottolineano ancora i dirigenti sindacali, “sostenendo gli aumenti salariali, garantendo condizioni di vita e di lavoro dignitose per tutte
le lavoratrici e i lavoratori europei; combattendo il dumping salariale tra i Paesi dell’Unione; contrastando le delocalizzazioni selvagge, che negli ultimi decenni hanno consentito una destrutturazione del nostro
sistema produttivo nonché dei servizi; rafforzando i sistemi di Contrattazione Collettiva, soprattutto laddove vi sia una copertura contrattuale al di sotto dell’80%”.

Messaggio politico chiaro

Secondo Re David, Bocchi, Romani “il messaggio politico che arriva  dall’Ue è forte e chiaro e conferma quanto, da sempre, sostenuto da Cgil, Cisl, Uil, ossia la necessità di rafforzare la contrattazione
collettiva in tutti gli stati membri.
La Direttiva riconosce che la via della contrattazione, perseguita da sempre dal sindacato italiano, è quella maestra per ottenere condizioni economiche adeguate e diritti per i lavoratori e per questo non prevede
obblighi per i paesi, come l’Italia, in cui oltre l’80% dei lavoratori sono coperti dalla contrattazione”.

Coinvolgere le parti sociali

“Siamo tuttavia consapevoli che, anche per contrastare la congiuntura economica sfavorevole, sia ora necessario mettere in campo il massimo impegno per migliorare l’efficacia della contrattazione, nazionale e di secondo livello, e per aumentare salari e retribuzioni complessive. In tal senso auspichiamo non solo un rapido recepimento della Direttiva, ma soprattutto”, concludono Re David, Bocchi, Romani, “un coinvolgimento attivo delle parti sociali, da parte del futuro Governo, nella definizione di iniziative che puntino a rendere la contrattazione sempre più diffusa, efficace e di qualità”.

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