martedì, 15 Ottobre, 2024
Parco&Lucro

Mercati in cerca di una bussola

Dal forum della banche centrali di Sintra, il messaggio è chiaro: la via per la normalizzazione non sarà facile. A sostenerlo sono sia il presidente della Fed, Jerome Powell, sia la numero uno della Bce, Christine Lagarde, che se rassicurano sull’ipotesi recessione, non garantiscono un atterraggio morbido della lotta all’inflazione.

Powell  sottolinea che negli ultimi mesi la guerra in Ucraina ha reso la situazione più complicata, e “il cammino è stretto” verso la normalizzazione dell’inflazione, “ma ci sono strade per arrivarci”, ha spiegato, auspicando che la crescita in Usa “resti positiva”, nonostante il rialzo dei tassi.

Dello stesso tono le dichiarazioni di Lagarde, che ha messo in guardia sul fatto che lo scenario è cambiato. “Non credo che torneremo ad una situazione di bassa inflazione. Ci sono forze scatenate dalla pandemia e dalla situazione geopolitica che cambiano lo scenario”, ha chiarito. “Muoversi gradualmente” sul fronte del rialzo dei tassi “è appropriato in un momento di incertezza alta, ma appena la situazione si schiarisce dobbiamo certamente essere meno graduali e dare più opzionalità”, ha aggiunto la numero uno

Obbligazionari: nuovi scenari e cambi di paradigma

Secondo Carlo Benetti, Market Specialist di GAM SGR e curatore della seguitissima rubrica finanziaria “L’Alpha e il Beta”, se i banchieri centrali riuscissero nel difficile esercizio di guidare il rialzo dei tassi senza esacerbarne il peso sull’economia, lo scenario cambierebbe radicalmente. I mercati non scommettono sul successo delle banche centrali ma lo sperano.

Ma non è la speranza la bussola che deve guidare le scelte di portafoglio. Sempre secondo lo studioso, in passato  le emissioni indicizzate all’inflazione hanno svolto il compito di protezione, ma nell’attuale regime i TIPS sono particolarmente costosi.

In passato si sono sempre distinte le materie prime, ma la loro capacità di protezione dipende dalle caratteristiche delle singole commodity e dalla fase del ciclo. Controverse anche le capacità protettive dell’immobiliare.

Azionari tra attese nel breve e nel lungo periodo

I fondi azionari globali specializzati sui titoli value si stanno comportando meglio del mercato azionario nel suo complesso. E il settore energetico ha un importante ruolo in questa dinamica.

Dall’inizio dell’anno, le strategie globali value perdono in media l’8,4% contro il –14% dell’indice Morningstar global markets. Il settore energetico, misurato dal Morningstar Global Energy guadagna il 20,6% in euro (al 23 giugno 2022.). Ma al di là dell’evidente posizione prediletta nel breve, come ci si sta posizionando nel lungo periodo? Parola d’ordine diversificare, anche in questo caso.

La maggior parte dei gestori, in questo momento, predilige una posizione di neutralità sui mercati azionari perché lo scenario di riferimento ancora contempla un’evoluzione macroeconomica che prevede un rallentamento della crescita. Il settore privato nel complesso – famiglie e imprese – ha accumulato un surplus finanziario significativo, l’altra faccia dei massicci disavanzi fiscali dovuti alla pandemia.

Family Office: lungo periodo e Private Equity punti chiave dei grandi patrimoni

I family office per loro natura si configurano poi come investitori di lungo periodo, per cui gli effetti contingenti di un cambio di scenario nel breve si confrontano con un’asset allocation che tiene conto di diversi elementi e con un orizzonte temporale di più generazioni.

È quanto emerge dall’UBS Global Family Office Report 2022, che ha analizzato le scelte di 221 singoli family office, che nel complesso gestiscono un patrimonio di 493 miliardi di dollari e hanno un patrimonio medio in gestione di 2,2 miliardi di dollari. Il family office è una società che gestisce il patrimonio di una o più famiglie facoltose. Nel 2021 l’asset allocation strategica dei family office è rimasta stabile, sostanzialmente invariata dal 2019, anche se sono attesi cambiamenti in futuro.

Circa un terzo (32%) dei portafogli è stato allocato sulle azioni, circa un settimo (15%) al reddito fisso e il 12% al settore immobiliare. La liquidità era al 10% e gli hedge fund al 4%, con il 2% nel private debt e l’oro e le materie prime entrambi all’1%. Il private equity ha rappresentato un’eccezione, continuando il suo costante aumento da un’allocazione del 16% nel 2019 al 21% nel 2021.

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