venerdì, 26 Aprile, 2024
Società

Francesco Vito un impegno tra etica ed economia

Cade quest’anno il centoventesimo anniversario della nascita di Francesco Vito e sicuramente anche questa occasione, per poterlo ricordare, non verrà colta, perché si tratta di un personaggio scomodo e fuori dal coro.

Nel nostro Paese non sono pochi i casi di ingiustificato oblio nei confronti di molti uomini di cultura che hanno operato nei primi decenni del secolo. Uno dei più eclatanti riguarda Francesco Vito, l’economista e pensatore campano, che dal 1935 e fino alla morte, avvenuta il 6 aprile del ’68, è stato titolare della cattedra di Economia Politica alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano, che lo volle ricordare, pubblicando per i tipi di «Vita e Pensiero» due volumi: «Mercati imperfetti, il contributo di Francesco Vito al dibattito degli anni Trenta», a cura di Gualberto Gualerni e «Gli aspetti etico‑sociali dello sviluppo economico. Contributi alle settimane Sociali dei Cattolici Italiani».

Nato nel 1902 a Pignataro Maggiore in provincia di Caserta, Vito si era laureato nel 1925 presso l’Università di Napoli in Giurisprudenza e, dopo solo un anno, in Scienze Economiche, Politiche e Sociali. Nel 1928 consegue la terza laurea, in Filosofia. Per perfezionarsi in Economia è a Monaco di Baviera nel 1928‑29 e nell’anno accademico successivo si trasferisce a Berlino, ove collabora a pubblicazioni e riviste. Egli si accorge subito che il modello economico neoclassico è insufficiente a spiegare i fenomeni sempre più complessi e vasti dell’economia moderna e si convince che è necessario l’intervento dello Stato per correggere le disfunzioni del mercato, se si vuole veramente mirare e conseguire il bene comune.

Vito riteneva necessario studiare a fondo, e sul campo, il sistema capitalistico proprio là dove questo stava avendo le trasformazioni più accelerate e gli sviluppi più interessanti. Per questo si reca negli Stati Uniti d’America ed a New York, presso la Columbia University, capitandovi proprio quando scoppia la grande crisi ed assistendo al crollo della Borsa ed alla fine di tutte le illusioni di coloro che avevano creduto fideisticamente nel mercato perfetto e nelle sue leggi. In questo clima di disperazione Vito si trasferisce alla Chicago University, collegandosi agli studi di Schumpeter e von Beckerath ed integrando gli apporti di Sraffa, Robinson, von Stackelberg e Chamberlin, che si stavano accorgendo che la concezione dinamica della concorrenza avrebbe scalzato, prima o poi, la tesi del libero scambio quale forma normale del mercato. E’ proprio in questo periodo che si va accentuando il fenomeno della separazione tra proprietà e direzione aziendale che sarà oggetto anche di celebri «passaggi» dell’enciclica di Pio XI «Quadragesimo anno». A questo tema l’economista cattolico dedicherà l’ultimo periodo di permanenza americana, prima di rientrare, nel 1935, in Italia, dove vince il concorso a cattedra di Economia Politica alla Cattolica di Milano.

Sostenitore convinto per tutta la vita del superamento del capitalismo e fautore di un’economia organica, tanto da non apportare alcuna modifica o «aggiustamento» alle sue opere, Vito riteneva il problema etico dell’economia prioritario rispetto a tutti gli altri. Proprio per questo lo Stato, in un’economia moderna ed a misura d’uomo, da garante del libero scambio deve farsi, in modo nuovo, garante del bene comune e della giustizia sociale.

Il giovane economista cattolico aveva già partecipato nel 1934 alla 17° settimana delle Settimane Sociali con una relazione su «La vita cattolica e le professioni nella storia», nella quale aveva preso in esame i rapporti tra la mentalità individualistica propria del capitalismo e la separazione dell’attività professionale dalla morale.

Per questo Francesco Vito quando diventò Vicepresidente del Comitato Permanente delle Settimane Sociali tra gli anni 1948 e 1968 cercò dì realizzare un vero e proprio progetto culturale.

Infatti le settimane sociali si proponevano di tracciare l’orientamento dottrinale su tali questioni, facendo appello, da una parte, ai principi fondamentali del pensiero sociale cristiano e, dall’altra, ai più recenti ed accreditati risultati dell’indagine scientifica.

Questa sua concezione dell’economia e dello Stato Vito non rinnegò mai, per cui con la ripresa delle Settimane Sociali cercò di riprendere il suo itinerario culturale e scientifico, che non si era mai interrotto.

Tra il 1946 ed il 1958 si dedica, in particolare, ai temi di politica sociale con lezioni che esaminano le varie proposte che da più parti vengono avanzate: dalla partecipazione dei dipendenti alla gestione ed agli utili dell’impresa alla riforma agraria, dalla diffusione generalizzata della sicurezza e delle assicurazioni sociali ai sistemi per tentare di risolvere la piaga della disoccupazione.

Tra il 1959 ed il 1968 egli affronta, poi, la questione dello sviluppo in genere, esaminando i fenomeni delle migrazioni interne ed internazionali (1960), i problemi dei Paesi in via di sviluppo e la cooperazione internazionale (1961), il ruolo dei poteri pubblici nell’economia moderna (1964).

Basterebbe citare solamente questi argomenti delle sue conferenze per constatare l’importanza ed il livello della sua ricerca scientifica. (Per queste ed altre notizie vedi il mio “I Proscritti: Pensatori alla sfida della modernità” cap. XIX, edito da Pantheon, 252 pagg. 15,00 euro.)

Se si avesse, poi, la curiosità di andare a leggere i testi di questi interventi, si potrebbe sorprendentemente toccare con mano anche l’originalità e la novità del pensiero di questo autore, che, oltretutto, potrebbe essere «utilizzato» per tentare di contrastare il coro soffocante e pressoché unanime dei fautori di un libero mercato senza regole e della scientificità delle sue leggi.

Soprattutto i cattolici e chi, come noi, fa riferimento alla Dottrina sociale cattolica ed al Magistero della Chiesa potrebbero trarre utili e validi insegnamenti per individuare quale debba essere oggi il compito di un economista cristiano.

Percorrendo questa strada bisognerà imbattersi prima o poi nell’opera di Francesco Vito, che abbiamo voluto solamente ricordare in questo volume con la speranza che qualche giovane ricercatore, insofferente al predominio della scuola economica neoclassica, possa sentirsi stimolato a proseguire l’approfondimento di questo filone di pensiero anche se il cammino può apparire impervio e difficile, perché controcorrente e tutto da scoprire.

Certi come siamo però che sia l’unico, che possa ricondurre l’economia, come sperava Vito, al servizio dell’uomo.

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