sabato, 20 Aprile, 2024
Il Cittadino

Il verde dell’Europa è popolare

Non so veramente giudicare se il G20 di Roma ed il G26 di Glasgow abbiano effettivamente rappresentato un passo avanti nella coscienza della necessità di una politica ambientale da parte di tutto il mondo o se sia stato un ulteriore deludente “bla-bla-bla”, come denunciato dai più giovani.

È un fatto, però, che la Commissione Europea (CE), per tanti versi all’avanguardia nella considerazione del problema ambientale ed ispiratrice, con le Direttive UE, della legislazione degli Stati membri, proprio la scorsa settimana ha pubblicato un pacchetto di proposte che rappresentano misure originali per il Green Deal relativamente a rifiuti, consumo di suolo e altri temi ambientali.

I dati relativi ai rifiuti sono strani ed incomprensibili ai più.

Occorre innanzitutto cambiare prospettiva: i rifiuti sono una risorsa e generano economia.

È un fatto che nel 2020 l’UE ha esportato circa 33 milioni di tonnellate di rifiuti verso Paesi non-UE e ne abbia importati circa 16 milioni di tonnellate, mentre ogni anno le spedizioni tra Paesi UE movimentano quasi 70 milioni di tonnellate. La Commissione rileva che una percentuale tra il 15% e il 30% delle spedizioni di rifiuti “potrebbe essere illegale, per un importo di 9,5 miliardi di euro”: un importo concorrenziale, pari se non superiore al ricavato del traffico di droga.

La commissione CE propone nuove regole: un maggiore rigore per l’esportazione dei rifiuti, la qualificazione di categorie di rifiuti come “risorsa” ed una lotta reale al traffico illegale.

Vi risparmio i particolari, destinati ai tecnici, segnalandovi solamente che – nella consapevolezza che si tratta di un problema mondiale e che, di conseguenza, il danno ambientale è di tutti, dovunque avvenga – la proposta vieta esportazioni di rifiuti verso paesi non appartenenti all’OCSE, che potranno essere autorizzate solo se gli Stati destinatari daranno la dimostrazione di capacità di gestione integrata e sostenibile di quei rifiuti; così tutte le esportazioni di rifiuti fuori dall’UE saranno ammesse se l’esportatore potrà garantire che gli impianti destinatari siano in condizione di gestire i rifiuti in modo da non generare effetti negativi sull’ambiente e sulla salute.

Il pacchetto di proposte CE comprende anche misure concrete “per la protezione, il ripristino e l’uso sostenibile del suolo”.

Una proposta più complessa che richiede una previa consultazione tra gli Stati membri: ma non c’è dubbio che il consumo del suolo, che significa anche, ma non soltanto, cementificazione, è uno dei fattori principali della crisi ecologica che il mondo tutto sta vivendo. Ovviamente quando si parla di suolo si parla anche di uso di pesticidi e di fanghi di depurazione.

Collegato, a mio avviso, al consumo del suolo, ma costituente un pacchetto a parte, la proposta di regolamento comunitario sulla lotta alla deforestazione.

Problema complesso, che non deriva dal solo taglio degli alberi, ma anche dall’uso di prodotti che degradano le foreste o da colture e allevamenti non sostenibili che determinano seri danni ambientali. E dalle biomasse: che non producono energia pulita, perché non sono rinnovabili, ma si alimentano con il taglio degli alberi.

Termino qui questa breve sintesi delle proposte CE (chi fosse interessato potrà approfondire gli argomenti consultando il sito della Commissione Europea), uscendone rafforzato nel mio ruolo di socio fondatore dell’Associazione “Verde è Popolare”, presentata a Locri lo scorso luglio e che proprio ieri, sabato, ha visto, a Roma, il suo primo momento organizzativo.

La salvaguardia dell’ambiente è una finalità nobile, condivisibile, il problema reale non è soltanto italiano, ma del mondo intero, senza confini. La posizione politica di centro in cui Verde è Popolare si colloca è addirittura rivoluzionaria: sposa gli insegnamenti di Papa Francesco – la voce più autenticamente e nobilmente ambientale che c’è oggi nel mondo -, si ispira dichiaratamente a quel Laudato Si’ che è un vero e proprio manifesto di politica ambientale, ne abbraccia in pieno il rifiuto della politica dello scarto. Riferimento cattolico, ma non posizione cattolica: perché non attiene all’etica religiosa, ma al sociale.

La posizione rivoluzionaria di questa associazione è l’intendimento e l’ambizione di portare verso l’ambiente e la cultura ecologica settori della società, tradizionalmente “popolari”, fino ad oggi meno coinvolti nel problema.

Non è un compito facile, perché chi non riuscirà a superare pregiudizi e discriminazioni, storcerà il naso di fronte a temi ambientali propugnati da popolari, magari di origine democristiana, o da ambienti comunque moderati e liberali, ritenuti lontani dalle posizioni “verdi”.

Non è così. L’ambiente è di tutti e tutti abbiamo il dovere, la missione di lavorare per la sua tutela.

Sulla tutela dell’ambiente non esistono posizioni moderate. Nessuno può essere moderato. Bisogna tutti essere estremisti, perché altrimenti non c’è soluzione. Non si può dire “inquino moderatamente”, ma semplicemente urlare un secco “non si inquina!”.

Un estremismo intelligente, che rifiuti la politica del no e che mi miri ad una autentica transizione ecologica e ad una efficiente economia circolare. Spazzando via addirittura quell’inquinamento legislativo e burocratico, quei comportamenti complicati e ritardanti, che rendono difficoltosa e spesso impediscono la soluzione ecologica.

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