sabato, 27 Aprile, 2024
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Tassi giù, inflazione su: tempesta perfetta sui titoli di Stato

L’asta dei BTP Futura delle settimane scorse, come noto, non ha avuto successo, toccando un -40% rispetto alle prime tre offerte. Questo perché gli investimenti in Bond sono sempre penalizzati dal caro vita, essendo una tassa sul credito.

Titoli di Stato: rendimenti reali negativi

Come riportato in un interessante articolo del Sole 24 Ore, chi investisse oggi 100 euro in titoli di Stato italiani si ritroverebbe in termini reali (a causa dell’inflazione) l’equivalente di 92 euro tra 5 anni, 90 tra 10 anni e 91 tra 15. E già sarebbe fortunato, perché chi investisse oggi 100 euro in titoli di Stato tedeschi se ne troverebbe 87 tra 5 anni, 77 tra 10 e 69 tra 15. E peggio ancora andrebbe a chi puntasse sui titoli di Stato inglesi: tra 15 anni si troverebbe in tasca, in termini reali, l’equivalente di 68 sterline delle 100 investite oggi.

Il bazooka delle banche centrali, che hanno tenuto bassi i tassi di interesse (adesso nonostante il rialzo dell’inflazione)  ha portato i rendimenti reali dei titoli di Stato ai minimi storici. Negli Stati Uniti il rendimento reale dei Treasury decennali è attualmente a -1,17% (il minimo storico l’ha toccato il 10 novembre a -1,25%), mentre in Europa quello dei Bund tedeschi è ancora più basso: -2,19%. E, nonostante lo spread che tiene i tassi dei BTp più elevati, anche i titoli italiani hanno rendimenti reali negativi. Questo significa che chi li acquista non ha una remunerazione sufficiente per compensare l’aumento del costo della vita.  Per dirla in altre parole: rendimenti reali sono così abbondantemente negativi che iniziano a risultare davvero indigesti anche ai palati solitamente meno reattivi nel cambiare menù.

Inflazione energetica

Nei giorni scorsi l’Istat ha rivisto al rialzo il tasso d’inflazione di ottobre, dal 2,9 al 3%, trainato in maniera determinante dal rincaro dell’energia. Anche l’Eurostat ha confermato che l’inflazione nella zona euro a ottobre è salita del doppio rispetto all’obiettivo della BCE, con oltre la metà del balzo dovuta all’impennata dei prezzi dell’energia. Benché la Bce punti a tenere l’inflazione entro il target del 2% ed abbia definito il rialzo come solo temporaneo, i dati.

L’inflazione energetica è il prezzo da pagare per la transizione energetica/decarbonizzazione. Si pensi solo che tra il 2010 e 2014 la media dei prezzi del petrolio era superiore a 100$. Nel 2015 c’è stato il boom dello shale oil Usa e il picco della domanda energetica ha determinato un drastico calo degli investimenti dal lato della offerta negli anni successivi. Il numero di nuovi giacimenti tra il 2016 e 2020 è stato il più basso della storia.

ESG è la primaria causa del drastico calo degli investimenti. L’obiettivo delle emissioni zero entro entro il 2050 sta già spostando gli investimenti non più verso le fonti fossili che contano circa 85% (85% non è cambiato dal 1980) della domanda energetica globale (petrolio, gas e carbone) ma verso le fonti di energia pulita. Per queste ultime ci vorrà ben oltre un decennio prima che possano incidere sul fabbisogno  energetico globale.

L’offerta di energie fossili, in primis il petrolio, continuerà a rimanere indietro rispetto alla domanda di energia nei prossimi anni.

I settori che vanno d’accordo con l’inflazione

Come riportato da Financial Lounge, secondo Antonio Annibale, a capo del team Multi Asset di GAM sgr, anche in presenza di un’inflazione persistente non ci saranno effetti traumatici sui consumi, grazie all’importante recupero del mercato del lavoro, sia in Europa che negli USA. Sempre secondo l’esperto, il mix tra tassi reali negativi e utili in tenuta continua a far privilegiare l’azionario, con preferenza per le società i cui conti non siano troppo dipendenti da costo del lavoro in crescita.

Nel frattempo i comparti privilegiati dai grandi gestori internazionali ed istituzionali vanno dal’ESG, alla transizione energetica, alla genomica, alla digitalizzazione, passando per e – commerce e automazione.

Le correzioni del mercato non sono prevedibili; il rispetto del proprio profilo di rischio rendimento invece è costantemente monitorabile ed ogni scelta deve avere come faro il rispetto del proprio profilo di rischio.

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