mercoledì, 24 Aprile, 2024
Editoriale

Scuola, una sconfitta italiana

Scuola in crisi, specchio di una Italia ferma e provvisoria. I mali sono noti: mancanza di insegnanti, da quelli di sostegno ai presidi, fino ai bidelli; l’abbandono scolastico che ci vede peggiori in Europa; strutture da sistemare e molte senza certificato anti sismico; qualità degli studi che appare discutibile. Ad ottobre va in scena il grande psicodramma della scuola italiana con i precari in piazza e le cattedre vuote; a tutti i livelli si scatena il balletto di accuse incrociate, di provvedimenti “tampone”, di concorsi fatti in fretta e furia, di altri annunciati ma non fatti, di polemiche e promesse di cambiamenti che rimangono in balia dei governi.

Proviamo a capire cosa sta accadendo. Prima questione la mancanza di docenti, una patologia diventata cronica. Questo anno sono state fatte 57 mila 322 nuove assunzioni ma le scuole hanno dovuto, secondo i sindacati, assumere per riempire le cattedre circa 130 mila supplenti. Perché?
“C’è un enorme scarto tra l’organico di diritto, cioè i docenti che secondo il ministero dell’Istruzione servono ogni anno alle scuole e che vengono assunti, e l’organico di fatto – 819.049 docenti nell’anno scolastico passato 2017-2018 -, cioè quelli che effettivamente insegnano, in base al numero di studenti, alle necessità dei singoli istituti, ai progetti didattici”, spiega Sergio Govi della rivista specializzata Tuttoscuola, “nessun governo ha finora colmato il gap perché il supplente viene pagato fino a giugno e non ha scatti di carriera, così lo Stato risparmia. Con buona pace della continuità didattica”.

Il problema delle assunzioni fa capo ai pasticci e ai paradossi acrobatici della burocrazia italiana, con riforme fatte a metà o fatte male, di sentenze di Tar e giudici, che sul filo di leggi contraddittorie, si sovrappongono ed entrano in contrasto. Nel guado si agitano gli insegnanti pronti allo scontro: dai diplomati alle magistrali ai laureati con anni di specialistica.

Il blocco delle assunzioni e del vasto mondo del precariato, sono i frutti di concorsi che non sono stati banditi in maniera costante mentre ogni legge decisa dal Parlamento, ha stabilito regole diverse sul reclutamento dei docenti, causando i ricorsi di chi era stato abilitato con norme precedenti.

Le contraddizioni – sempre a causa delle riforme fatte male – in cui si dibattono gli insegnanti sono tante, prendiamo ad esempio, le richieste, dei diplomati nei vecchi istituti magistrali. “Sono circa 50 mila”, calcola ancora Sergio Govi, di Tuttoscuolla, “quel diploma dava l’abilitazione per insegnare alla primaria. Oggi rivendicano il diritto di farlo, in attesa di una sentenza definitiva del Consiglio di Stato. I laureati, che si sono visti superare in graduatoria, protestano e così il governo ha proposto un concorso ad hoc. Per smaltire la graduatoria che ne verrebbe fuori, secondo i nostri calcoli, servirebbero 40 anni”. All’appello, inoltre, per far funzionare le scuole mancano circa 2 mila presidi e 17 mila, secondo i dati di Flc Cgil, tecnici, amministratori e assistenti Ata.

Altra questione seria che in questi giorni fa discutere occupando le cronache nazionali, è il ritiro dalla scuola, con le inevitabili polemiche e tensioni, i bimbi e i ragazzi che non hanno la presenza dell’insegnante di sostegno. Attualmente ci sono quasi 300 mila alunni iscritti con handicap certificato, ma ogni anno le iscrizioni degli alunni aumentano di 8-9 mila. “Da tre anni gli organici sono sempre quelli, quelli in organico di diritto: 100 mila insegnanti di sostegno, e quest’anno con la quota record di 70mila supplenti in organico in posti in deroga”, fa presente Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori), che ricorda come questa situazione crei disorientamento per genitori e sfiducia negli insegnanti abilitati.

“Tutto questo non è giusto”, sottolinea il sindacalista, “lo dicono i tribunali. I posti in deroga devono essere utilizzati soltanto quando c’è un’esigenza eccezionale ma se poi ogni anno vengono chiamati in deroga, questi posti in realtà dovrebbero andare in organico di diritto.

Questa è la nostra battaglia, questo abbiamo chiesto anche al ministro. Chiediamo che i posti in deroga siano messi in organico di diritto e chiediamo che vengono deputati 30 mila insegnanti specializzati, perché non è possibile oggi che la maggior parte degli insegnanti non siano specializzati”. Puntuale ritorna in primo piano con la prima campanella anche il grave problema sociale dei ragazzi che abbandonano l’aula, le lezioni e gli insegnanti. Sono sempre più gli adolescenti che lasciano gli studi senza cercare nessuna alternativa, di lavoro e di impegno.

Le prospettive per il 2020 non sono affatto incoraggianti. Il rischio è che si si arrivi al 15% degli studenti che abbandona la scuola. Se si amplificano i numeri e il calcolo viene fatto nei passati 20 anni, emerge che 3 milioni di ragazzi hanno voltato le spalle agli insegnanti, alle lezioni, alle aule a un qualsiasi corso professionale. Una caduta per il sistema scolastico, che appare sempre più incapace di trattenere a scuola i ragazzi a rischio di rinuncia. Ma l’abbandono è soprattutto una sconfitta per l’Italia che rimane maglia nera in Europa.

Il problema con gli anni si replica sulla qualità dell’occupazione e di conseguenza sul sistema produttivo, ammesso che si trovi un lavoro. Oggi nel Paese i disoccupati con solo la licenza media sono il doppio di chi ha un diploma, e quasi il quadruplo di chi ha una laurea.

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