venerdì, 15 Novembre, 2024
Sanità

Sanità. Nasce la “Carta dei diritti” dei pazienti con tumori gastrointestinali. Patto tra istituzioni, ospedali pazienti e associazioni

“Otto diritti” definiti “imprescindibili”, che per la prima volta appaiono nella “Carta dei Diritti” dei pazienti con tumori gastrointestinali. Tumore che in Italia colpisce ogni anno 80mila persone. Le richieste sono tutte dedicate ad una maggiore assistenza e attenzione, senza trascurare la prevenzione, diagnosi e cura. E, soprattutto a dare risposte ai bisogni insoddisfatti dei pazienti con neoplasie di stomaco, colon-retto e pancreas.

#TumoriGIFacciamociSentire, è lanciata dalla Favo, la Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia e messa a punto insieme a Isheo, con il supporto incondizionato del Gruppo Servier Italia. Tra le unificazioni diritto all’assistenza multidisciplinare con la creazione dei ‘tumor board’, team multidisciplinari dedicati. Individuazione di una rete di centri d’eccellenza per i tumori gastrointestinali dove concentrare gli interventi chirurgici ad elevata complessità assicurando così standard omogenei sul territorio. Diritto alla migliore terapia per curare fino in fondo tutti i pazienti, anche nelle fasi più avanzate della malattia. E ancora, diritto al supporto nutrizionale, psiconcologico e palliativo e alla continuità assistenziale tra l’ospedale e il domicilio del paziente.

Un documento condiviso con le principali Associazioni dei pazienti specifiche per ciascuna area (Associazione italiana Gist Onlus (Aig), Associazione italiana malati di cancro (Aimac), Associazione italiana stomizzati (Aistom), Associazione di volontariato malati oncologici colon-retto (Amoc), Associazione Pierluigi Natalucci, Codice Viola, Federazione italiana incontinenti e disfunzioni pavimento pelvico (Fincopp), My Everest, Net Italy, Oltre La Ricerca e Vivere senza stomaco), validato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e indirizzato ai decisori politici e ai responsabili della pianificazione sanitaria delle Regioni e delle reti di cura.

La carta degli “Otto diritti” è nata dalla necessità di assicurare ai pazienti un supporto adeguato e omogeneo sul territorio e in tutte le fasi della malattia.

“La Carta dei Diritti”, spiega Francesco De Lorenzo, Presidente Favo, “sottolinea l’importanza della diagnosi precoce, della continuità terapeutica e dell’equità di accesso, aspetti questi che ovviamente interessano tutti i malati di cancro, ma che assumono particolare rilevanza per le persone colpite da tumori gastro-intestinali. Le Associazioni firmatarie che hanno offerto un grande contributo nel mettere insieme un gruppo di lavoro validato da Aiom, denunciano con forza la grande difficoltà o addirittura il mancato accesso ai trattamenti terapeutici nelle fasi più avanzate di malattia, con il grave conseguente impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, aspetto che interessa tanto quanto l’accesso equo e omogeneo alle terapie disponibili”.

“La specificità di queste forme di tumore”, osserva il presidente della Favo, “deve essere assicurata e valorizzata e la Carta riesce a farlo”. Tra le prime questioni il supporto anche logistico e indicazioni certe da dare per i pazienti. “I malati devono essere indirizzati in Centri dove viene assicurato un elevato volume di casi trattati”, ricorda Francesco De Lorenzo, “Nonostante ci sia un provvedimento ad hoc, questo non è stato ancora attuato. Alcune Regioni stanno iniziando un percorso in tal senso, come la Campania che non ha riconosciuto i Drg a chi non raggiunge i tetto stabilito”. Fondamentale è poi la presenza di Tumor board, ha aggiunto, una unica garanzia anche per assicurare soprattutto a chi è in fase avanzata della malattia l’accesso ai farmaci. “Altro aspetto fondamentale indicato nella Carta”, prosegue De Lorenzo, “è quello nutrizionale, al quale ancora non è stata data risposta adeguata su tutto il territorio nazionale: le “Linee di indirizzo sui percorsi nutrizionali nei pazienti Oncologici” recepite nell’Accordo Stato-Regioni del 14 dicembre 2017, purtroppo ad oggi sono ancora largamente inapplicate. Per questo auspico che nell’ambito del riassetto del Ssn si possa tenere conto in futuro delle istanze presentate”.

“Come chiedono le Associazioni, bisogna garantire a tutti i pazienti, qualsiasi sia lo stadio di malattia, l’accesso a terapie in grado di offrire tempo prezioso in termini di sopravvivenza”, fa presente Pierpaolo Sileri, Vice Ministro, Ministero della Salute, “dobbiamo anche assicurare cure palliative e supporto psicologico, ad oggi molto carente, alle persone e ai famigliari; offrire il massimo supporto domiciliare potenziando la continuità ospedale-territorio soprattutto per i pazienti nella fase terminale della loro malattia”.

A luglio, inoltre, è stata presentata dall’Onorevole Elena Carnevali, capogruppo Dem in Commissione Affari Sociali, un’interrogazione parlamentare per chiedere espressamente al Governo di far fronte all’individuazione di Centri di eccellenza e ‘tumor board’ dedicati con team multidisciplinare. “La Carta dei Diritti può rappresentare innanzitutto un’opportunità per accrescere la consapevolezza all’interno delle Istituzioni su ciò che ancora manca e di come bisogna agire per assolvere ai bisogni di questi pazienti con caratteristiche di grande complessità”, osserva Elena Carnevali, “penso, ad esempio, alle differenze che si registrano in termini di diritto ed erogazione dei servizi nel Paese, alla necessità di definire Pdta omogenei sull’intero territorio nazionale. E ancora, a come risolvere il problema delle diagnosi tardive. Il prezioso lavoro portato avanti dalle Associazioni aderenti a Favo ha un compito ben preciso: fare da cassa di risonanza per guidare le Istituzioni, in primis il ministero della Salute, per arrivare a rafforzare, verificare e garantire quelle esigenze che sono state sollevate nella Carta dei Diritti”.

“Il focus approfondito nell’analisi è la capacità del sistema sanitario di garantire le cure migliori a tutti i pazienti in ogni parte d’Italia, anche nelle fasi avanzate di queste malattie”, sottolinea infine Davide Integlia, Ceo ISHEO, società che ha svolto un report sui principali bisogni insoddisfatti e criticità, “proprio in queste fasi infatti è emersa una disomogeneità importante nei percorsi di cura sul territorio italiano, derivanti soprattutto dalla mancanza di una linea guida forte, di uno ‘standard of care’ come ci riferiscono le Associazioni coinvolte; una guida che porti criteri omogenei nelle differenti casistiche che si vengono a determinare in queste fasi”.

“Questo progetto che riguarda al momento i tumori gastrointestinali ma che può riguardare qualunque patologia oncologica”, spiega Beretta, Presidente Nazionale Aiom,”è fondamentale dal punto di vista della formazione e dell’informazione. Della formazione degli operatori e di alcune categorie istituzionali, dell’informazione e della formazione anche a livello di pazienti. Per Aiom aderire a un progetto di questo tipo vuol dire sostenere percorsi che servano a meglio conoscere quelli che devono essere i migliori comportamenti nelle patologie oncologiche”.

Un aspetto importante emerso dall’analisi concerne la qualità dell’assistenza sanitaria con specifico riferimento alle prestazioni di tipo chirurgico. In Italia molti Centri trattano chirurgicamente queste patologie, alcuni di questi però senza avere una casistica tale da permettere di intervenire con esperienza e sicurezza. I Centri che hanno una casistica maggiore mostrano un tasso di successo più elevato. Da qui l’esigenza, indicata dalla Carta, di riorganizzare il sistema in modo tale da identificare i Centri d’eccellenza ai quali far afferire il paziente. Non meno cruciale la possibilità, per i pazienti, di accedere a tutte le opzioni terapeutiche disponibili, incluse quelle più innovative, anche nelle fasi avanzate di malattia, rendendo uniformi i protocolli di cura in ogni stadio dei tumori gastrointestinali.

Il fatto di considerare la necessità di trattamenti anche nelle linee successive, ha quindi concluso Beretta, “è poi molto importante affinché il paziente non venga abbandonato quando ha ancora spazio terapeutico, al tempo stesso, occorre distinguere quando è necessario un trattamento attivo e quando invece il trattamento attivo è sostanzialmente dotato di scarsa efficacia e, quindi, rischia di essere più dannoso che utile, laddove la terapia sintomatico-palliativa è la vera risposta ai bisogni del paziente”.

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