martedì, 22 Luglio, 2025
Esteri

Gaza, strage a Deir al-Balah, l’ONU denuncia “Colpo devastante agli aiuti”. Caritas: la storia non perdonerà questa barbarie

Il capo dell'esercito israeliano: "Prendere il controllo di Gaza". Siria, famiglie beduine evacuano la città di Sweida., colpiti obiettivi militari Houthi in Yemen. Iran, venerdì a Istanbul colloqui sul nucleare

Un’altra giornata di sangue e disperazione nella Striscia di Gaza. Ieri, l’offensiva aerea e terrestre dell’esercito israeliano ha colpito duramente la zona di Deir al-Balah, nel centro dell’enclave palestinese, provocando almeno 115 morti, secondo quanto riferito da Al Jazeera. Ben 92 vittime si trovavano in fila per ricevere aiuti umanitari. I feriti sono oltre 200. La guerra, iniziata nell’ottobre 2023, ha causato fino ad oggi 58.895 morti e quasi 141.000 feriti, la maggior parte civili, secondo fonti locali considerate credibili anche dall’ONU. Nel cuore di questa nuova offensiva, l’Ufficio ONU per gli Affari Umanitari (OCHA) ha lanciato un allarme: l’ordine israeliano di evacuare Deir al-Balah ha colpito “le già fragili linee di approvvigionamento” in una zona in cui si trovavano fino a 80.000 persone. Secondo le stime dell’organizzazione, l’87,8% del territorio di Gaza è ora soggetto a ordini di evacuazione o è zona militarizzata, costringendo oltre 2 milioni di civili a sopravvivere in un misero 12% della Striscia, privo di servizi essenziali. Nonostante il blocco degli aiuti, il personale ONU rimane sul campo, ma il loro lavoro è ostacolato: cliniche, impianti idrici e magazzini rischiano di essere colpiti, aggravando ulteriormente l’emergenza. Intanto, le autorità sanitarie locali hanno denunciato la morte per fame e malnutrizione di almeno 86 persone, di cui 76 bambini, definendo la situazione “un massacro silenzioso”. Ieri, a Deir al-Balah, tre persone sono state uccise dai colpi dei carri armati israeliani, entrati nel centro abitato colpendo anche otto case e tre moschee. In altri raid, sono morti cinque membri di una famiglia a Al-Mawasi e almeno due civili a Jabalia. Grave anche l’episodio denunciato dal World Food Programme: un convoglio di aiuti è stato colpito da fuoco israeliano appena entrato da Zikim. Il WFP riferisce che “innumerevoli civili” sono stati uccisi o feriti mentre cercavano disperatamente cibo. L’esercito israeliano ha parlato di “colpi di avvertimento” in risposta a una “minaccia imminente”, ma il numero delle vittime è oggetto di indagine.

Caritas: la storia non perdonerà

A testimoniare la disperazione della popolazione, le parole di padre Gabriel Romanelli, parroco cattolico di Gaza: “La gente è stremata, non arriva nulla. Né cibo né acqua. E il caldo è insopportabile”. Lo stesso grido arriva da Caritas Internationalis, che denuncia una “popolazione ridotta alla fame, bambini bombardati mentre attendono cibo terapeutico”, e avverte: “La Storia non perdonerà questa barbarie”. In questo contesto drammatico, Papa Leone XIV ha rilanciato il suo appello alla pace: “Il mondo non sopporta più la guerra. Dobbiamo dialogare e pregare”. In una telefonata con il presidente palestinese Mahmoud Abbas, il Pontefice ha ribadito la necessità di proteggere i civili e i luoghi sacri e ha chiesto l’apertura degli accessi per gli aiuti umanitari.

Revocato visto a responsabile OCHA

Nel frattempo, il governo israeliano ha revocato il visto a Jonathan Whittall, responsabile dell’OCHA in Israele, accusandolo di “ostilità e falsificazione dei rapporti”. Non è la prima volta che funzionari ONU vengono ostacolati: Tel Aviv continua a sostenere che le agenzie internazionali siano infiltrate da Hamas. Intanto cresce il dibattito politico in Israele. La ministra degli Insediamenti Orit Strock, esponente dell’estrema destra, ha invocato l’estensione della guerra all’intera Striscia, anche a costo di sacrificare gli ostaggi ancora detenuti da Hamas: “Non possiamo permettere zone off limits”, ha dichiarato. Immediate le critiche dell’Hostages Families Forum, che ha accusato la ministra di “normalizzare la prigionia” degli ostaggi e “scommettere sul loro destino”.

Siria, Yemen, Iran

La crisi mediorientale si allarga anche su altri fronti. In Siria, dopo una settimana di scontri settari, l’ONU conta oltre 128.000 sfollati nella provincia drusa di Sweida, dove ieri è iniziata l’evacuazione di civili beduini. Il ministero dell’Interno siriano ha istituito un perimetro di sicurezza per permettere la partenza in condizioni di relativa sicurezza. In Yemen, l’esercito israeliano ha colpito ieri obiettivi Houthi nel porto di Hodeida. Il ministro della Difesa Israel Katz ha avvertito che “il destino dello Yemen sarà lo stesso dell’Iran”, minacciando nuovi attacchi contro le infrastrutture “terroristiche”. Proprio con l’Iran si preannuncia un importante incontro diplomatico: venerdì 25 luglio, a Istanbul, si terranno colloqui sul programma nucleare con la troika europea (Francia, Germania, Regno Unito). Lo ha confermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano.

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