mercoledì, 16 Aprile, 2025
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Torna “genitore” sulla carta d’identità: la Cassazione cancella le parole “padre” e “madre”

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno messo fine a una lunga battaglia legale: sulla carta d’identità elettronica dei minori tornerà la dicitura “genitore” al posto di “padre” e “madre”. La decisione è arrivata al termine di un ricorso che vedeva contrapposto il Ministero dell’Interno a una coppia di madri, una biologica e una adottiva, che chiedevano il riconoscimento del proprio ruolo nella documentazione ufficiale del figlio.

Una sentenza che guarda alla realtà

I giudici della Suprema Corte hanno definito le vecchie diciture come “irragionevoli e discriminatorie”, spiegando che non riflettono le molteplici configurazioni familiari oggi esistenti. Secondo la Cassazione, la presenza obbligatoria di “padre” e “madre” nei documenti non tiene conto delle famiglie in cui due genitori dello stesso sesso crescono un bambino, o in cui uno dei due genitori non si identifica nei termini tradizionali. La scelta di tornare al termine “genitore”, già usato in passato, permette una rappresentazione neutra e inclusiva della figura parentale.

Il caso che ha dato il via al cambiamento

Tutto è cominciato quando la coppia di madri si è vista negare la possibilità di registrare entrambi i nomi come “genitori” sulla carta d’identità del figlio. Il Ministero dell’Interno, facendo riferimento a un decreto del 2019 voluto dall’allora ministro Matteo Salvini, aveva imposto l’uso esclusivo delle parole “padre” e “madre”. Le donne hanno fatto ricorso, sostenute da associazioni come Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, attive nella tutela dei diritti civili delle persone LGBTQ+. Il tribunale di Roma ha dato loro ragione, seguito poi dalla Corte d’Appello. Ora la Cassazione ha confermato in via definitiva quella scelta.

Un documento che deve rispecchiare la vita dei minori

I giudici hanno sottolineato come una carta d’identità non sia soltanto un documento anagrafico, ma anche uno strumento che racconta qualcosa dell’identità di chi lo possiede, in questo caso di un minore. L’indicazione corretta dei genitori è fondamentale per evitare discriminazioni e disagi nella vita quotidiana, soprattutto a scuola, nei viaggi o nelle visite mediche. La decisione della Cassazione mira dunque a garantire un trattamento uguale per tutti i bambini, indipendentemente dal tipo di famiglia in cui crescono.

Le parole degli avvocati e degli attivisti

L’avvocato Gianni Baldini, che ha seguito il caso per conto delle coppie Arcobaleno, ha definito la sentenza “storica”. Ha spiegato che finalmente è stata riconosciuta l’importanza di tutelare il minore attraverso il rispetto della realtà anagrafica della sua famiglia, senza forzature. Anche Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay LGBT+, ha commentato positivamente la decisione, ricordando come la dizione “genitori” fosse presente da anni nella normativa italiana e che solo recentemente era stata modificata.

Cosa cambia ora per le famiglie

Con questa pronuncia, la dicitura “genitore” torna ufficialmente nei documenti dei minori, cancellando l’obbligo di indicare “padre” e “madre”. Non si tratta solo di una questione formale: molte famiglie arcobaleno avevano segnalato difficoltà concrete nei rapporti con la scuola o con le pubbliche amministrazioni, che spesso non riconoscevano uno dei due genitori. Il ritorno alla terminologia neutra permette invece di evitare che uno dei genitori sia escluso o non riconosciuto dal punto di vista legale.

Una scelta di diritto, non ideologica

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione su basi strettamente giuridiche. La Costituzione italiana riconosce pari dignità a tutti i cittadini e tutela i minori, mentre la normativa europea impone agli Stati membri di garantire pari trattamento a tutte le famiglie, senza discriminazioni. La sentenza si inserisce quindi in un percorso coerente con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano e internazionale.

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