Stando a uno studio della Global Initiative Against Transnational Organized Crime (GI-TOC), la Russia ha raddoppiato le sue riserve d’oro portandole a un valore stimato in 130 miliardi di dollari, grazie al metallo trafficato dalle miniere controllate dai suoi paramilitari in Africa che si va a sommare a quello estratto all’interno dei suoi confini.
La scelta di Mosca di affidarsi all’oro è dovuta anche al fatto che, spiegano gli analisti, l’oro è il bene rifugio per eccellenza su cui convergono i capitali degli investitori nei periodi di maggiore volatilità sui mercati, come quello attuale a causa delle sanzioni occidentali. Insomma, più a Bruxelles stringono le maglie delle sanzioni, più il caveau aureo di Mosca prende valore.
Per fermare il traffico di metalli preziosi, l’Europa si è già dotata della direttiva sull’Approvvigionamento responsabile di minerali originari di zone di conflitto o ad alto rischio.
L’oro africano però non finisce tutto nei caveaux della Banca centrale moscovita, anzi spesso deve trasformarsi in denaro liquido per l’acquisto di materiale bellico per sostenere la guerra in Ucraina e per farlo, visto che i mercati europei sono inaccessibili ai russi, servono degli intermediari.
E qui, stando al Global Initiative against Transnational Organized Crime, entrano in gioco gli Emirati Arabi Uniti che sono un attore dominante nel commercio globale d’oro e un intermediario che, nonostante le sanzioni, collega la Russia al resto del mondo finanziario.
Secondo i dati commerciali delle Nazioni Unite per il 2020 “c’è infatti una discrepanza di almeno 4 miliardi di dollari tra le importazioni di oro dichiarate dagli Emirati Arabi Uniti dall’Africa e ciò che i Paesi africani affermano di aver esportato negli Emirati Arabi Uniti”. I conti non tornano dunque, e quei 4 miliardi di dollari dovrebbero essere quelli che arrivano dalle miniere dell’Africa, dove mercenari arrivano in volo dalla Siria per proteggere i potenti locali e riempire jet privati di lingotti destinati alle casse del Cremlino.
Oltre a rinforzare il Cremlino, le scorribande degli uomini del Gruppo Wagner destabilizzano Bruxelles e la presenza europea nella regione I mercenari del Gruppo Wagner vengono utilizzati da alcuni Stati che a loro volta vengono utilizzati da Mosca come “serbatoi di risorse naturali e umane per sostenere il suo sforzo bellico”.
In ritirata dalla caduta dell’impero sovietico, il Cremlino ha rafforzato la sua attività diplomatica nel continente africano dal 2017, promuovendo un discorso molto anti-occidentale e accordi del tipo “armi e protezione contro le risorse minerarie e strategiche”. Questo riavvicinamento, confermato dal primo vertice Russia-Africa, svoltosi a Sochi nell’ottobre 2019, non è banale.
Il giornalista Joseph Akouissonne de Kitiki, in uno dei suoi ultimi report prima della sua morte, descriveva come un gruppo di sei mercenari avesse scatenato il panico il 27 settembre del 2018 nella miniera d’oro di Ndassima, in Repubblica Centrafricana. Una mezza dozzina di uomini, sparando raffiche per aria, prese il controllo della miniera, mentre i pochi dirigenti scappavano a gambe levate.
Da quel giorno gli uomini di Mosca controllano una miniera che, secondo stime che risalgono a circa un decennio fa, produrrebbe oltre 20 chili d’oro al mese, ovvero più di un milione di euro. Nel mondo della finanza si parla spesso di hostile takeover, ma in questo caso ostile è davvero un eufemismo.
La società canadese Axmin, che da 20 anni era proprietaria dei diritti estrattivi si rivolse alle autorità che però non fecero nulla, anzi, nel giro di un anno le tolsero la concessione e la passarono alla Midas Resources che, come spiegò alla stampa Crepin Mboli, avvocato della Axmin: “è una società con chiari rapporti con i russi”. Fondata in Madagascar, ma con sede a Bangui, la Midas è una società riconducibile ai mercenari russi che fanno capo al fedelissimo di Putin, Yevgeny Prigozhin.
Nella Repubblica Centrafricana il Gruppo Wagner ha assistito il governo locale per reprimere nel sangue una rivolta di minatori nella regione di Andaha, riportando la zona limitrofa alla miniera sotto il controllo delle forze governative il 10 febbraio del 2021.
Un rapporto del 2021 della forza di pace delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana (MINUSCA) afferma che i russi “potrebbero aver commesso crimini di guerra, soprattutto giustiziando civili e altre persone che non stavano prendendo parte alle ostilità” nella regione centrale del Paese.
In una dichiarazione, il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sui mercenari ha affermato di essere “profondamente turbato dai ruoli interconnessi di Sewa Security Services, Lobaye Invest SARLU di proprietà russa e un’organizzazione con sede in Russia popolarmente conosciuta come il Gruppo Wagner”.
Dopo l’invasione dell’Ucraina, la sete di oro africano della Russia appare ancora maggiore e il bilancio delle vittime è in aumento.
Mercenari russi hanno ucciso centinaia di civili in una serie di attacchi dal 14 al 18 marzo 2022 a Sam Ouandja, una zona di estrazione dell’oro della Repubblica Centrafricana, secondo le interviste ai sopravvissuti condotte dal sito di notizie Middle East Eye (MEE).
Un’inchiesta del New York Times ha permesso di scoprire che anche in Sudan il Gruppo Wagner ha agito con lo stesso modus operandi.
Un ex funzionario anticorruzione sudanese, ha rivelato che Abdel Fattah al-Burhan ha emesso un ordine che impedisce la ricerca di un aereo militare russo sospettato di contrabbando di oro. Nell’ambito di questa indagine, che fa ulteriormente luce sul coinvolgimento russo nelle operazioni di estrazione dell’oro in Sudan, l’ex funzionario ha affermato che il 23 giugno 2021 un generale sudanese, agendo su ordine di al-Burhan, ha impedito la ricerca di un aereo dell’esercito russo.
Funzionari sudanesi, che facevano parte di un organismo anticorruzione smantellato dopo il colpo di stato militare dello scorso anno, all’epoca sospettavano che l’aereo fosse uno dei numerosi aerei militari russi coinvolti nel contrabbando di oro direttamente dal Sudan a Mosca.
La rivelazione arriva mentre continuano a emergere dettagli sul coinvolgimento del Gruppo Wagner nell’estrazione dell’oro in tutto il Sudan e nei paesi vicini. In Sudan, i registri mostrano che la rete mercenaria russa si è assicurata lucrose concessioni minerarie sudanesi che producono un flusso d’oro.
Difficile ritenere credibile quanto dichiarato dal generale Abdel Fattah al-Burhan che, nel corso di un’intervista rilasciata lo scorso 20 giugno 2022 al notiziario di Al-hurra, ha detto: “non c’è presenza di questa compagnia o di altre organizzazioni fuorilegge nel paese”.
Lo stesso copione sembra essere in corso in Mali dove il gruppo Wagner si sarebbe infiltrato nel dicembre 2021 in seguito alla richiesta delle autorità locali di supporto militare privato per la sicurezza delle più alte cariche dello Stato. Mentre Wagner apparentemente addestrerà le forze locali e fornirà servizi di sicurezza ad alti funzionari maliani, trarrà vantaggio dalla situazione anche per diffondere l’influenza russa nel continente e assicurarsi guadagni finanziari. Simile al suo dispiegamento nella Repubblica Centrafricana, l’attività di Wagner in Mali consente ai leader politici maliani di rendere il regime a prova di colpo di stato in cambio di concessioni finanziarie e minerarie.
Il Paese dell’Africa occidentale è infatti un altro importante produttore d’oro che esporta verso gli Emirati Arabi Uniti fino a 2,9 miliardi di dollari all’anno e altri 1,5 verso la Svizzera. Secondo il Center for Strategic and International Studies, accodati agli uomini della Wagner, a Bamako sono arrivate anche squadre di geologi russi, a testimonianza che un altro scambio tra sicurezza e diritti di estrazione mineraria potrebbe verificarsi molto presto.
Negli ultimi anni, Vladimir Putin ed il suo entourage hanno cercato di proiettare il potere russo in paesi africani corrotti ma ricchi di risorse. La Russia ha utilizzato i mercenari di Wagner per fornire uno scudo di sicurezza ad alcuni despoti africani in cambio dell’accesso a preziose risorse naturali.
L’Africa potrebbe sembrare lontana dall’attuale guerra in Ucraina, ma non è così perché la Russia cerca alleati e risorse in Africa.
È tempo di intraprendere seriamente questa battaglia concentrandosi sullo smantellamento delle reti chiave che consentono alla cleptocrazia di Mosca di dispiegare la propria pressione finanziaria. Occorre dare vita ad una diplomazia rinnovata e un solido impegno del settore privato. La scelta per i Paesi africani non dovrebbe essere tra Occidente e Russia. Piuttosto, dovrebbe essere tra buon governo, sviluppo, democrazia, investimenti responsabili e diritti umani contro cicli di corruzione e atrocità che vanno ad esclusivo vantaggio dei regimi autoritari e dei loro sanguinari fiancheggiatori.