Nei 3 gradi di giudizio civile, il processo in Italia dura complessivamente circa 9 anni (4 in Tribunale, 3 in appello, 2 in Cassazione).
Per vedere se la riforma Cartabia con delega al governo approvata in commissione possa davvero portare a ridurre i tempi del 40%, valuteremo le proposte legislative alla luce del processo all’americana, che sembra a tutti noi molto più veloce.
Le caratteristiche del processo USA sono:
- Sempre maggiore utilizzo di forme alternative al processo (mediazione, negoziazione): tutto su base assolutamente volontaria e non regolata dalla legge.
- Ampia fase di Discovery (o Disclosure all’inglese) in cui le parti (tramite i loro avvocati) si scambiano prove e raccolgono deposizioni prima dell’inizio del processo. E’ una fase che può durare mesi ed è molto costosa per le parti.
- Massiccio ricorso ad accordi stragiudiziali prima dell’inizio del processo. Secondo il Bureau of Statistics USA per il 2018 oltre il 70% dei casi non arriva a processo perché le parti hanno capito i rispettivi punti di debolezza durante la Discovery preliminare.
- Oralità e continuità del processo con giudice monocratico (una persona): in USA tutto si svolge in aula, la prova regina è la testimonianza orale e tutto avviene in una sequenza di udienze giornaliere (un processo medio può durare da un mese a pochi giorni ma consecutivi).
- Esistenza di un solido backoffice per i Giudici: sono aiutati dai Cancellieri e hanno a disposizione funzionari e giovani laureati che svolgono stage annuali effettuando ricerche sui precedenti, preparando bozze di sentenze, ecc.
- Scarso ricorso all’appello: il sistema della vincolatività del precedente giudiziale scoraggia molti dal presentare appello dopo una sconfitta e il giudizio di appello non è la replica del processo di primo grado, come avviene da noi in Italia, ma è limitato a verificare soprattutto se ci sono stati vizi procedurali in primo grado.
Tenendo a mente questi dati, vediamo cosa ha fatto la Riforma Cartabia.
Forme alternative di risoluzione della controversia e Discovery:
Grande ampliamento (molti più casi del passato) del ricorso a mediazione obbligatoria prima del processo (vale a dire il processo non inizia se non è stato effettuato un tentativo di mediazione) e maggiore facoltà del giudice di proporre un tentativo di conciliazione durante il giudizio (non solo alla prima udienza ma fino al momento di mandare a decisione la causa).
Il vero successo della riforma è che ha affrontato – e si spera risolto- le ragioni dello scarso interesse di giudici, parti e avvocati verso la mediazione. Per le parti e gli avvocati, la riforma ha previsto consistenti crediti fiscali nel caso la mediazione abbia successo e aumento degli onorari per gli avvocati (coperti dal credito fiscale per le parti). I giudici invece non avevano interesse alcuno a promuovere mediazione o conciliazione giudiziale perché un processo che non finiva con sentenza non rientrava fra le loro statistiche positive di produttività! La riforma prevede che i casi conclusi con mediazione o conciliazione siano valutati positivamente per la carriera del giudice e prevede anche corsi di formazione in mediazione e conciliazione per i giudici stessi, colmando una grave lacuna.
Più ampia la mediazione assistita
E’ stato anche ampliato il numero di casi in cui sarà possibile procedere con la negoziazione assistita ( “un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo”). Soprattutto gli avvocati in negoziazione assistita potranno raccogliere dichiarazioni delle parti e queste ora saranno utilizzabili come prove nel caso la negoziazione non vada a buon fine (insomma qui ci avviciniamo alla Discovery americana).
I fattori negativi: la obbligatorietà della mediazione rende più burocratico e farraginoso il percorso (saranno richiesti anche maggiore preparazione e requisiti a mediatori e organismi di mediazione) forse rallentando il tutto, e paradossalmente può essere un disincentivo per le parti a raggiungere un accordo prima del giudizio, perché forzate ‘ a tentare di mettersi d’accordo’ per legge e non per scelta.
Aumenteranno i casi di mediazione con successo o le conciliazioni prima della sentenza – così davvero tagliando i tempi?
Solo se tutti prenderanno molto seriamente questi strumenti. Ora gli incentivi fiscali, economici e meritocratici ci sono. (2-Segue).
*Gian Luca Rabitti, avvocato LLM ad Harvard, esperto di tecniche di negoziazione