giovedì, 28 Marzo, 2024
Società

Medici: la fuga annunciata

Martedì 3 settembre si è consumato il rito dell’odiato e contestatissimo test per l’accesso alle facoltà di medicina. Uno sbarramento che mette fuori gioco 6 candidati su 7, un metodo di selezione che si sta rivelando un boomerang non solo per gli aspiranti camici bianchi ma soprattutto per i cittadini che già fanno i conti con la mancanza di medici.

Una penuria, dovuta a più cause, che diventerà micidiale tra pochi anni, con una folla di medici che andrà in pensione, o che trova più conveniente andare fuori dall’Italia. Tanti lasciano e non ci saranno colleghi a sostituirli. Il paradosso che si è giunti ad una situazione limite che diverrà disastrosa ma si fa finta di nulla con conseguenze pesantissime.

Per i medici del Sistema sanitario nazionale è allarme, come ricorda il vice segretario nazionale Anaao Carlo Palermo, che pone l’accento sui ritardi della burocrazia regionale: “Da un lato non sappiamo quando saranno banditi i concorsi da parte delle regioni e per quali numeri, e dall’altro va ricordato che in varie regioni è ancora in atto il blocco del turn-over parziale o totale”, ma soprattutto, avverte Palermo, “a mancare nelle corsie saranno soprattutto pediatri, chirurghi, ginecologi e cardiologi”.

Nelle proiezioni fatte dai sindacati e associazioni dei medici, tra 10 anni la fuga avrà un aumento esponenziale: nel 2028 saranno andati in pensione 33.392 medici di base e 47.284 medici ospedalieri, per un totale di 80.676. In mezzo al guado i cittadini che avranno difficoltà a reperire anche un medico di base, perché le nuove assunzioni non basteranno a colmare il vuoto. Nei prossimi 5-8 anni 14 milioni di Italiani si ritroveranno senza medico di base, stando a quanto sostiene il segretario nazionale del Fimmg, Silvestro Scotti.

Secondo le proiezioni il 2022 sarà l’anno nero, perché ci sarà il picco delle uscite per i medici di base: solo in quell’anno andranno in pensione 3.902 medici di base. I problemi che sono alla base della crisi sono diversi, dai test selezione che già creano una barriera non indifferente, al successivo percorso di formazione e tirocinio che ha incentivi economici diversi, ai ritardi delle Regioni, fino al fatto che i medici sono stufi di turni definiti “massacranti”, di normative incerte o non applicate, di ordini di servizio “incomprensibili”.

Sul percorso formativo, c’è un primo ostacolo, infatti, ad un certo punto degli studi bisogna scegliere la specialità attraverso un concorso per ottenere il diploma di specialità o fare il medico di base e ottenere l’attestato. “Il tirocinio per un medico di base è pagato 800 euro al mese contro i 1800 di uno specializzando”, spiega Ovidio Brignoli, vice presidente della Società di medicina generale e delle cure primarie Simg, “per non parlare che nell’immaginario comune il medico di base è considerato l’ultima delle Cenerentole e non ha molto appeal”. Le possibili soluzioni ci sono e già presentate dai sindacati ai Ministeri competenti, che però non decidono. “Intanto”, prosegue Ovidio Brignoli della Simg, “va messa mano al numero chiuso, andrebbe ridefinita la quota di accesso all’Università in base alle esigenze.

Secondo, il compenso del tirocinio dovrebbe essere identico: non possono esserci medici di serie A e di serie B”. Poi c’è la burocrazia che impone ai medici di diventare anche segretari di se stessi, con una perdita enorme di tempo e quindi di attenzioni da dedicare si pazienti. “Il 55% dei medici di base lavora da solo e perde il 40% del tempo per seguire pratiche burocratiche”, calcola la Fimg, “va da sé che una possibile risposta al problema è fornire il medico di base di assistenza, che si tratti di un infermiere/a o di un segretario/a. Questo permetterebbe al medico di poter supportare più pazienti”.

Si tratta comunque di scelte e riforme da mettere in campo subito, il conto alla rovescia è iniziato e per i calcoli dell’Anaao-Assomed sarà una fuga epocale. “Nel 2025”, si sottolinea nello studio di Anaao Assomed, “dei circa 105.000 medici specialisti attualmente impiegati nella sanità pubblica ne potrebbero andare in pensione circa la metà: 52.500. Un esodo biblico che richiede interventi immediati e fortemente innovativi per attenuarne le conseguenze sulla quantità e qualità dei servizi erogati ai cittadini”. Per i dirigenti medici, inoltre, “è a rischio la qualità generale del sistema perché la velocità dei processi in atto non concederà il tempo necessario per il trasferimento di conoscenze dai medici più anziani a quelli con meno esperienza alle spalle”. Di fronte al problema c’è chi auspica soluzioni innovative, come nel caso del sindacato Medici Dirigenti, Coas.

“La carenza di medici specialisti disponibili per gli ospedali è una vera emergenza nazionale cui si potrà far fronte probabilmente solo con l’importazione di medici da altri Paesi o creando i presupposti per il rientro in Italia di tanti specialisti in medicina e chirurgia che negli anni scorsi sono stati costretti ad emigrare”, propone Alessandro Garau, segretario nazionale del sindacato Coas medici dirigenti, “togliere il limite alla spesa del personale potrebbe essere del tutto inutile in quanto, nella migliore delle ipotesi da qui al 2025 non ci saranno risorse umane sufficienti a sostituire i medici specializzati nell’ospedalità pubblica, un quinto della forza lavoro ‘medica’ non potrà essere sostituita con le risorse umane disponibili”.

Altra modalità di intervento, propone Garau, sarebbe quella di trattenere i medici in servizio attraverso la ‘premialità’, “attualmente distrutta dall’erosione dei ‘fondi’ ad essa deputati. La mancanza di premialità e di attribuzioni di incarichi e risorse ha portato a un disagio palpabile e diffuso tra la classe medica ospedaliera, determinando precoci richieste di pensionamento e molteplici dimissioni volontarie per il passaggio ad altre forme di lavoro. La fuga dei medici della sanità pubblica”, conclude il segretario del sindacato Coas medici dirigenti, “è la diretta conseguenza del disagio dovuto all’assenza di dinamica salariale, turni massacranti, ordini di servizio incomprensibili e contradditori, normative inapplicate se favorevoli, applicate con puntualità se sfavorevoli”.

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