martedì, 15 Ottobre, 2024
Società

Enel. Scontro all’ultimo sangue “sindacati e azienda”. Tra porte chiuse e porte aperte

Il comparto elettrico è in ebollizione da mesi: con i lavoratori sul piede di guerra e Enel che oscilla tra porte chiuse e porte aperte. Ma ricostruiamo i fatti.

Il 19 novembre c’è stato il primo sciopero nazionale del settore. Le richieste dei sindacati sono state chiare: “Maggiori, immediati e più puntuali investimenti sulla Rete in Italia, necessari per accompagnare la transizione energetica e migliorare la qualità del servizio; riconferma e miglioramento delle relazioni industriali, al centro e sul territorio, con la modifica del Protocollo delle relazioni industriali in senso partecipativo; impegno ad avviare immediatamente un adeguato piano di assunzioni per far fronte alle emergenze strutturali e l’avvio di un confronto concreto ed efficace sull’Area Rete, al fine di condividere i progetti futuri”.

Una mobilitazione che ha visto la partecipazione del 90% del personale operativo. In tempi di pandemia, non ci sono quindi, solo le emergenze sanitarie, ma anche e soprattutto, le emergenze economiche e sociali. Non è una novità che anche nel comparto elettrico, infatti, si stiano giocando parecchie partite incrociate. C’è, appunto, la scelta delle nuove politiche industriali italiane; c’è il ruolo e l’assetto da ripensare di Enel e, non da ultimo, il futuro di migliaia di lavoratori.

Lavoratori considerati “eroi della luce” dagli italiani (l’energia elettrica è come la vista: ti accorgi del suo valore quando manca), che recentemente, hanno pagato pure un duro prezzo per garantire il servizio nei momenti più difficili (tanti anche fra loro i contagiati dal virus), e invece, a parere dei sindacati, considerati spesso ombre dall’azienda.

Perché ombre? Il codice degli appalti, secondo l’articolo 177, parla di obbligo a esternalizzare per una quota dell’80%. E in questa prospettiva il rischio che si nasconde dietro alcune scelte di esternalizzazione di E-Distribuzione che aprirebbero la strada al passaggio all’esterno di molte attività, a discapito dell’occupazione e non solo.

Non è soltanto un problema strutturale: già ad oggi, E-Distribuzione garantisce un servizio di massimo livello, con operatori, tecnici, operai e impiegati, altamente professionali. E questo, nonostante le condizioni di eterna difficoltà che deve affrontare l’azienda (orari massacranti, turni faticosi etc).

Il tema è in primis, generale e riguarda le priorità per un Paese come l’Italia. L’energia elettrica, come l’acqua, l’istruzione, la casa, è un bene pubblico, attiene a l’interesse generale, non può essere monopolio di pochi o un prodotto vincolato a mere esigenze di mercato, profitto, business. Farebbe la fine di Autostrade (Ponte Morandi docet).

Come noto, dalle privatizzazioni di Bersani, nel 1999, la rete elettrica è stata liberalizzata, ma l’Enel ne è rimasta proprietaria solo perché al momento della liberalizzazione lo Stato non gliel’ha sottratta in base all’articolo 43 della Costituzione (la legge ai fini di utilità generale, può riservare allo Stato, a Enti pubblici o a comunità di lavoratori, o imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali), assegnandogliela in concessione gratuita per 30 anni (scade nel 2030).

Ora, come detto, col Codice degli appalti, e in vista del 2030, ci sarà la totale trasformazione del comparto. E tutti i soggetti interessati sono al lavoro. Solo che marciano in direzioni diverse. La battaglia dei sindacati, secondo quanto dichiarato dal segretario della Flaei-Cisl, Salvatore Mancuso (che insieme a Filctem-Cgil e Uiltec ha organizzato lo sciopero del 19 novembre), “non è di retroguardia, legata a una vecchia visione del lavoro e dell’organizzazione interna, non è una mera difesa dell’occupazione, ma è il desiderio, l’aspirazione di partecipare e cogestire con l’azienda la strada del futuro, collocando l’occupazione in una strategia di buon senso, capace di conciliare la qualità del servizio e la mission del comparto: il bene pubblico”.

Gli effetti della mobilitazione? Dall’azienda inizialmente, porte chiuse. Al punto che i sindacati hanno organizzato una nuova serie di agitazioni, dal 2 al 18 gennaio prossimo, con un nuovo sciopero generale, previsto per il 17 dicembre. Scontro frontale? Sì e no. Le porte chiuse si sono socchiuse. Da quanto è trapelato dalle rispettive diplomazie (Enel e organizzazioni sindacali), è stata convocata una riunione per questo fine settimana, che si annuncia estremamente delicata per i nuovi indirizzi aziendali a 360 gradi.

Un appuntamento rischioso, ma importante per le scelte da attuare. Da un lato, l’azienda che ha due strade: trovare convergenze sulle idee dei lavoratori, o continuare sulla strada dell’esternalizzazione totale. Dall’altro, i sindacati e le loro proposte, che ribadiscono la loro posizione (“servono fatti concreti”).

Se le porte non si aprono lo sciopero resta l’unico strumento per farsi ascoltare e partecipare a obiettivi che non riguardano solo il profitto di un’azienda ancora florida, con i conti a posto, ma il destino di un comparto nevralgico e strategico per l’Italia.

(Lo_Speciale)

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Nazionalizzazioni, privatizzazioni… ma la politica industriale non c’è

Giuseppe Mazzei

Libertà nella rete e libertà dalla rete

Federico Tedeschini

Passione Podcasting, antidoto alla distrazione dei social e della rete

Giuseppe Mazzei

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.