domenica, 13 Ottobre, 2024
Attualità

Buon compleanno Arnaldo. Un politico speciale al servizio del Paese e delle Istituzioni

Oggi come “la Discussione” festeggiamo un amico per la sue doti umane e caratteriali, in primo luogo il suo proverbiale autocontrollo, sentimento oggi rarissimo nel panorama politico costantemente in preda a polemiche e personalismi.   

Arnaldo Forlani oggi compie 95 anni, un traguardo importante per un esponente politico italiano che dell’impegno verso la Nazione e la sua terra, le Marche, ha dedicato le ragioni di una vita. Arnaldo Forlani, invece, è stato nella Democrazia Cristiana un esempio di moderazione, di capacità, di impegno e di sacrificio personale. La Democrazia Cristiana, in molti punti della sua eccezionale storia si è, per certi versi, modellata allo spirito Forlaniano, al lavoro riservato, al senso delle istituzioni e, della necessità di tenere costantemente a mente che la politica, è un servizio reso ai cittadini. L’uomo politico Forlani è stato Parlamentare, Ministro, presidente del Consiglio, dal suo particolare talento sono nate stagioni politiche e alleanze nuove, riformiste come il CAF (Craxi, Andreotti, Forlani), dalle sue capacità di ministro sono scaturite stagioni di crescita e benessere diffuso. Le Marche e la sua Pesaro sono stati modelli internazionali di innovazione, sviluppo, di crescita. Come amici, come ex colleghi della politica e parlamentari, come semplici cittadini diciamo un sincero grazie ad Arnaldo Forlani, per la sua straordinaria capacità e visione di un Paese che ha contributo a far crescere nel lavoro, nella economia, nel livello dei rapporti umani e politici e, soprattutto, nulla pace.

Buon Compleanno Arnaldo.
Giampiero Catone

PER FORTUNA CHE C’È L’ARNALDO

‘Per fortuna che c’è l’Arnaldo’ era una battuta ricorrente nei circoli democristiani, ed era la parafrasi della nota strofa di Giorgio Gaber. Nell’era democristiana il massimo della dissacrazione era questo, il verso di una canzone, una metafora canora. Come il Riccardo di Gaber, anche Arnaldo giocava da solo, non al biliardo, ma al risiko spericolato delle correnti democristiane, tra le quale si destreggiava con spirito di autonomia da tutte, compresa la sua, quando ne ebbe una, costretto dagli amici.

Arnaldo è stato con Moro il solo leader democristiano autorevole e rispettato a prescindere dal seguito correntizio. A sinistra fu pure definito ‘il Moro dei poveri’, ma lui non se ne offese, rispettoso com’è della memoria e della lezione di Moro.

Come tutti i democristiani senza corrente, Forlani non ebbe vita facile. Veniva ignorato da chi manovrava la cucina del potere, lui che pure col potere ha avuto grande confidenza, ma con discrezione, come racconta nella sua bellissima biografia ‘potere discreto’.

C’era sempre un momento, però, in cui i notabili democristiani bussavano alla sua porta, e coincideva con la crisi della Dc. Forlani è stato la Dc, più di chiunque altro. Del resto era predestinato: giunto a Roma da studente prese alloggio in un pensionato a piazza del Gesù, dove al piano di sotto aveva sede lo studio legale in cui faceva pratica Giulio Andreotti. I due si conobbero così, ignorando che di lì a poco quel condominio sarebbe divenuto sede e simbolo di un partito che li avrebbe issati ai massimi onori istituzionali, fino a sfiorare entrambi – e in lizza tra di loro – il Quirinale.

Quando c’era maretta, i dc si ricordavano di Forlani. ’Per fortuna c’è l’Arnaldo’ cantarono a inizio anni settanta, quando il vento del ‘68 turbava l’eternità democristiana, e il partito si rilanciò con la guida di due quarantenni, Arnaldo e il suo vice Ciriaco De Mita. Il loro patto fu sancito a San Ginesio, e il santo fu generoso nelle benedizioni, vista la carriera dei contraenti e la loro longevità eccezionalmente lucida.

Per fortuna ci fu l’Arnaldo in tutte le curve pericolose della repubblica: il suo unico governo gestì terremoti e scandali massonici; la sua contrapposizione a Zaccagnini diede due volti puliti a una Dc a rischio di scissione; la sua ultima segreteria fu il tentativo di salvare la balena bianca.

Forlani aveva la testa giusta per condurre la Dc nell’era del maggioritario, trasformandola in un moderno partito liberal conservatore; ma la congiura antidemocristiana prevedeva la fine del partito, e dunque la testa di Forlani fu tagliata da una mannaia giudiziaria che sarebbe culminata con la sentenza di condanna fondata sul ‘non poteva non sapere’, un abominio giuridico dettato dalla forza inesorabile delle operazioni di sistema.
La storia democristiana è stata poi punteggiata da scissioni e ricomposizioni che hanno fatto molta cronaca e poca storia. Arnaldo le ha seguite tutte con affetto e ironia, mai mescolandosi. Alla freddezza con cui ha bevuto la cicuta della condanna, Arnaldo ha aggiunto una sorta di pena accessoria che si è dato da solo, ossia la rinuncia a qualsiasi partecipazione alla politica, che pure è stata la passione della sua vita.

Ci ha dato e ci dà consigli, con affetto, sempre. In questi anni più volte abbiamo dovuto cantare anche noi: ‘per fortuna che c’è l’Arnaldo’. E glielo scriviamo anche oggi, nel giorno del suo 95esimo compleanno: per fortuna che c’è, ci sarà ancora a lungo, con la sua lucida ed elegante maturità prolungata.

E con la sua maturità, si prolunga anche la nostra giovinezza dedicata agli ideali che Arnaldo ha saluto suscitare e mantenere vivi in tutti noi.
Gianfranco Rotondi

UNA VITA DA MEZZ’ALA. SEMPRE AL CENTRO
Arnaldo Forlani è stato tra i leader della Democrazia Cristiana il personaggio forse più schivo e meno propenso al divismo. Paragonata all’irruenza toscana di Fanfani, alla solennità levantina di Moro, alla romanesca e beffarda efficacia comunicativa di Andreotti, alla teatralità meridionale di De Mita, quella di Forlani, marchigiano di Pesaro, è sempre stata una presenza elegante, autorevole ma riservata e poco incline alla spettacolarità.

Con questo stile Forlani è stato un protagonista di primo piano della politica, Presidente e vice presidente del Consiglio, ministro degli Esteri e della Difesa, due volte Segretario della Dc, per molto tempo Presidente del partito e con lo stesso stile Forlani è uscito di scena, alla fine della Prima Repubblica, lontano dai clamori e dalle bramosie di presenzialismo che quasi sempre caratterizzano la fase crepuscolare degli ex-potenti. Nel suo partito Forlani è stato un navigatore abile, grande tessitore di alleanze. Ha indentificato la sua strategia con la parola chiave della “centralità” riferita sia al ruolo della Dc, come perno equilibrato del sistema politico, sia all’ area interna al partito che collocandosi al centro delle varie correnti poteva gestire le tensioni tra le diverse anime che si agitavano nella Dc, costretta dalla sua insostituibilità nel Governo a diventare un microcosmo di sensibilità e di poteri che in un contesto politico meno bloccato si sarebbero potuti esprimere con altre formazioni politiche. È nota la definizione giornalistica di Forlani come “coniglio mannaro” che con un ossimoro dipinge la determinazione che si nasconde dietro un’apparente timidezza. Forlani è stato tutt’altro che un leader debole ma non ha mai ostentato atteggiamenti da astuto uomo potente pur essendo stato inserito in quella specie di trimurti che ha rappresentato, nell’immaginario collettivo, l’ultimo triangolo del potere della Prima Repubblica, il famoso CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) i tre aspiranti al Quirinale nelle elezioni presidenziali del 1992. Forlani, all’epoca segretario della Dc dopo le dimissioni di De Mita del 1989, mancò il quorum in due scrutini per 39 e 29 voti. Ritirata la candidatura, qualche mese dopo lasciò anche la segreteria del partito. Probabilmente Forlani ha voluto interpretare il suo ruolo di politico rifacendosi a quella che era stata la sua prima esperienza su un campo diverso, il prato del calcio. Forlani da ragazzo infatti indossò la maglia della squadra della sua città, la Vis Pesaro, quando era in serie C giocando da mezz’ala. Negli schemi classici del calcio la mezz’ala è il centrocampista che imposta le azioni, che ha un buon palleggio, capacità di inserimento e di progressione rapida e anche abilità nel tiro. Insomma un tessitore che all’occorrenza conduce l’azione in prima persona ma pronto a ritornare al centro e costruire le azioni degli altri. Così Forlani a 95 anni dal suo silenzio forzato insegna ancora, a chi vuol far politica, l’arte di saper stare al centro muovendosi molto pertenere in piedi il gioco di squadra.
Anna La Rosa 

Bianco: “Distaccato dal potere, ha sofferto con dignità”Buttiglione: “Arnaldo erede della migliore tradizione Dc”

Casini: “Il suo storico portavoce Pier porgerà personalmente l’augurio”

Castagnetti: “Arnaldo uomo dei tempi difficili”

Cesa: “È l’uomo dell’atlantismo e dell’europeismo”

Follini: “Mitezza come arte della politica”

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