venerdì, 29 Marzo, 2024
Parco&Lucro

La finanza comportamentale a sostegno dei risparmi

Da inizio anno le performance dei principali indici sono ancora sensibili agli effetti del coronavirus, e non a caso le attività ritenute maggiormente  difensive risultano molto più redditizie rispetto alle altre, con l’oro ai primi posti per rendimento. Grazie agli interventi di politica monetaria delle scorse settimane anche attività ritenute più rischiose, come l’azionario Usa, continuano ad avere performance positive.

Iniziando a volare alto, e assumendo uno sguardo di sintesi sul comportamento che si tiene nei confronti del proprio risparmio, al di là di quanto sta accadendo e accadrà nelle prossime settimane, non si può non tener conto degli importantissimi insegnamenti della finanza comportamentale, che tornano più che mai utili in un anno “pandemico” come questo 2020.

Charlie Munger, noto socio di Warren Buffet, ha affermato “Come può l’economia non essere comportamentale? Se non è comportamentale, allora che cos’è?”.

La finanza comportamentale, di cui tanto si è scritto e detto negli ultimi anni, è un incrocio virtuoso di economia, finanza e psicologia e parte dalla tesi che le persone non sono completamente razionali e i mercati del tutto efficienti, e indaga gli schemi dei comportamenti sociali e individuali nei mercati.

 Il suo scopo, come si può dedurre già dal nome, è comprendere i riflessi dei comportamenti individuali e sociali in relazione all’andamento dei mercati finanziari e viceversa: le persone non sono completamente razionali e i mercati non sono del tutto efficienti. 

L’economia comportamentale è diventata popolare quando lo psicologo Daniel Kahneman è stato insignito del premio Nobel per l’economia. Proprio Kahneman, ha identificato una serie di bias cognitivi, ossia di costanti deviazioni dal comportamento razionale degli investitori.

Se si considerano gli scenari in cui il processo decisionale coinvolge scelte finanziarie sono diversi i bias che giocano un ruolo cruciale:

  1. CONFIRMATION BIAS: è la tendenza a sovra-ponderare gli elementi che confermano la correttezza di una propria idea o decisione;
  2. OVERCONFIDENCE BIAS: è la tendenza a riporre eccessiva fiducia nelle proprie scelte e capacità previsionali;
  3. DISPOSITION EFFECT: è la tendenza a mantenere titoli in perdita e a cedere titoli in crescita;
  4. LOSS AVERSION: è la tendenza a considerare più rilevante una perdita che un guadagno di pari entità;
  5. ENDOWNMENT EFFECT: è la tendenza ad attribuire un valore superiore ad un bene, quando già posseduto;
  6. SUNK- COST BIAS: è la tendenza a continuare un’attività non proficua a causa dei costi non recuperabili già investiti in quella attività.

Paura, incertezza, desiderio di guadagnare, orgoglio, senso di colpa, sono alcune delle emozioni che possono incidere sulle decisioni degli investitori. 

Come detto, a volte le decisioni possono essere prese in base a evidenze empiriche che non hanno una costruzione razionale ma sono influenzate dalle esperienze passate. Questo errore di tipo induttivo può portare a posizionarsi male sul mercato e perdere molti soldi e viene ricondotto a una delle materie principali della finanza comportamentale, l’euristica. Altra tematica molto studiata e discussa riguarda l’inquadramento: le scelte di investimento possono essere influenzate dalla maniera in cui sono state presentate alla persona che deve dare l’ok definitivo. Ultimo esempio, di cui abbiamo già accennato, esempio è l’effetto-gregge: se la maggior parte degli operatori o delle persone a vicine prendono una decisione, si sente più giustificato ad andare in tale direzione anche il soggetto interessato.

L’avversione alle perdite è una tematica molto analizzata dagli studiosi di finanza comportamentale e molto sentita da ogni risparmiatore: questa avversione è così forte che una perdita pesa circa 2,5 volte più di un guadagno della stessa entità. 

Cosa si può fare per mettere in pratica i suggerimenti derivanti da questa branca dell’economia?

  1. Optare per un piano d’investimento suddiviso per orizzonti temporali, dove il premio per il rischio viene associato agli investimenti di lungo periodo e rendimenti molto più contenuti ad investimenti di medio termine;
  2. Non controllare gli investimenti troppo frequentemente nel breve, per non incorrere nei bias di cui sopra; 
  3. Ribilanciare il portafoglio quando necessario, che non vuol dire stravolgerlo: inserire asset class più attuali, consolidare parte dei guadagni; cogliere opportunità quando l’orso inizia a farsi intravedere;
  4. Inserire strategie automatiche d’investimento, come i pac, che possano mettere una barriera emotiva tra il comportamento individuale in campo finanziario e le nostre emozioni.
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