martedì, 19 Marzo, 2024
Attualità

Minutaglie importanti

Settimana, quella che si chiude oggi, densissima di avvenimenti gravi ed importanti: che vengono affrontati con una serietà che è solo apparente, determinando subito fazioni opposte e buttandola così in caciara.

Così la rivelazione di retroscena “opachi” sulla sentenza di condanna a Silvio Berlusconi – ciliegina sulla torta dell’anno “horribilis” della magistratura italiana – farà dimenticare a tutti che la questione centrale consiste nel fatto che quanto accaduto in quel giudizio, vero o non vero che sia quello specifico episodio, è a tutti parso possibile, plausibile.

Credo che siano i giudici, come categoria, a doversi cavare d’impaccio ed a ripensare seriamente il loro essere: con un mutamento reale, non gattopardesco.

Con molta serietà, invece, è trattata una truffa generalizzata – minima nel rapporto individuale, enorme nel numero di truffati – che ha coinvolto, come truffato, finanche il Procuratore della Repubblica di Milano: proprio per questo, ha notato qualche penna maliziosa, svelata.

Si tratta della truffa dei servizi a pagamento, che coinvolge un po’ tutti i gestori di telefonia mobile in Italia.

Benedetta sia stata allora la truffa subita dal dottor Greco, che notando spiritosamente la “democraticità” del raggiro, ha dato la stura ad una indagine che nessun singolo utente forse sarebbe mai riuscito ad ottenere (sia pure in regime di azione penale obbligatoria).

La sperequazione che c’è in Italia tra grandi società fornitori di servizi generalizzati e singolo utente è enorme.

Aldilà di un’apparente, ma in realtà solamente ipocrita tutela del consumatore, il cittadino è inerme ed impotente davanti allo strapotere di compagnie telefoniche ed elettriche, banche, assicurazioni, municipalizzate varie.

Lo è fin dal momento della conclusione del contratto, che si perfeziona  facilmente, anche telefonicamente, magari per avere distrattamente risposto a una telefonata di un call center  la domenica pomeriggio alle ore 14. Ma che non può che essere disdetto per iscritto, con la italianamente classica, scomoda e onerosa raccomandata con ricevuta di ritorno.

È un fatto, in relazione alla truffa dei servizi a pagamento, che nel mare magnum di leggi in materia (una enormità) non vi sia nessuna normicina che richieda un consenso esplicito  se si accede a servizi a pagamento o che preveda la disdetta del contratto con lo stesso metodo con cui è stato concluso.

Ci si preoccupa solamente – qui l’ipocrisia del sistema – di fare sottoscrivere all’utente-suddito, decine di moduli, da nessuno mai letti (ci vorrebbero ore) per attestare che siamo stati informati dei nostri diritti, che possono fare ciò che vogliono con i nostri dati, e che tra i nostri diritti non c’è quello di sapere preventivamente che stiamo affrontando una pur minima spesa non prevista dal contratto.

Questa truffa non è un fatto isolato.

Solo con riferimento alla prima metà di questo virale 2020 l’Italia è stata oggetto di una procedura di infrazione UE per avere permesso alle compagnie di trasporto di rimborsare i mancati viaggi con un buono, piuttosto che restituendo i soldi (così che, fino a quando è stato possibile, si accettavano prenotazioni anche per viaggi che, si sapeva, non sarebbero mai stati fatti); il 28 gennaio 2020 lo Stato – che non dà certo il buon esempio ai gestori – è stato condannato dalla Corte di Giustizia per i ritardi nei pagamenti.

Chi ha tempo e voglia cerchi su internet: c’è un carnet di inadempimenti da fare invidia.

Il consumatore singolo è indifeso e le associazioni difficilmente possono (o vogliono: alla fine “dialogano” necessariamente, per la loro stessa funzione, col “nemico”) sposare una singola questione, ma solo problemi generalizzati.

Si tratta di questioni certamente minori, ma estremamente importanti: perché il rispetto per i diritti minimi dei cittadini è la base essenziale per affrontare anche le questioni più spinose ed importanti.

Uno Stato che non impedisce una truffa minima e generalizzata, alla fine tollera – magari, attribuendolo a dei “mariuoli” – anche un processo “aggiustato”: che può essere tale sia per assolvere, che per condannare.

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