martedì, 19 Marzo, 2024
Esteri

Il virus della corona? Una classe dirigente improbabile

La Regina Elisabetta seconda, capo di un Regno Unito ancora non si per quanto tempo, ne ha viste di tutti i colori nel corso dei suoi splendidi e lucidi 94 anni, anche all’interno della sua movimentata e irrequieta famiglia. Su tutto ha steso sempre il suo velo pietoso di persona saggia ed equilibrata anche se tutt’altro che indulgente. Elizabeth Alexandra Mary, il suo vero nome, in queste settimane avrà fatto ricorso a tutte le sue energie interiori per non metabolizzare gli sconcertanti comportamenti della classe dirigente che, all’ombra del suo scettro regale, amministra quella che fu una grande potenza imperiale.

Nei primi 5 mesi del 2020 i vertici politici di Londra hanno inanellato una serie di figuracce che non fanno onore alla storia altezzosa, ma anche di grande e nobile dignità, di quel popolo.

Dopo 3 anni e sette mesi dal referendum sull’Europa in cui vinse il “leave”, Boris Johnson ha potuto cantar e vittoria e brindare il 31 gennaio all’uscita dall’Unione Europea. Nel frattempo era successo di tutto: rocambolesche vicende parlamentari culminate con la clamorosa chiusura di Westminster per 5 settimane, bocciata dalla Corte Suprema; le elezioni anticipate imposte da Johnson, il passaggio del testimone fra tre Premier (David Cameron, Teresa Mai, Boris Johnson) avvicendatisi al numero 10 di Downing Street Downing Street.

Per non farsi mancare niente Johnson era stato perfino condannato in primo grado, ma poi graziato dall’Alta Corte di Londra, per aver mentito durante il referendum quando andava in giro per il Paese con un pullman su cui era scritto che con la Brexit Londra avrebbe risparmiato la bellezza di 350 milioni di sterline alla settimana che sarebbero state devolute per il sistema sanitario inglese.

Forse c’era un oscuro presagio in quella fake news che in campagna elettorale portò molta acqua al mulino della Brexit. Il sistema sanitario inglese aveva seri problemi, Johnson non poteva non saperlo. ma fece finta che non fosse così quando il 13 marzo, con la pandemia dilagante e l’Italia tutta chiusa, annunciò al suo popolo che molte famiglie avrebbero perso i loro cari anzitempo, ma che il governo non avrebbe fatto nulla per frenare la diffusione del virus contando sul raggiungimento dell’immunità di gregge. Dopo due settimane Johnson, contagiato continuava a sottovalutare il pericolo fino al ricovero d’urgenza, alla terapia intensiva e al rischio concreto di non farcela.

Quello inglese è stato l’unico capo di Governo al mondo ad ammalarsi gravemente e essere ad un millimetro dalla morte. Johnson ha poi, ovviamente cambiato idea, e adottato le misure restrittive come le nostre, Ma ormai il danno era fatto e il sistema sanitario inglese è crollato sotto il peso di un gran numero di malati gravi. Il Financial Times ha stimato in circa 60mila morti le vittime del virus in Gran Bretagna con il rapporto più alto al mondo tra decessi e popolazione: 891 persone per ogni milione di abitanti.

Come se non bastasse, a questo tragico bilancio e all’ammissione del fallimento del sistema sanitario inglese, il vertice politico di Londra ha dovuto aggiungere altre due figuracce

Prima sono state scoperte le scappatelle del virologo Neil Ferguson che, per andare dalla sua amante, aveva violato il lockdown che lui stesso aveva consigliato al governo inglese di adottare.

Poi, cosa ancora più grave lo sconcertante comportamento del Richelieu di Boris Johnson, quel David Cummings che gli dà i consigli più arditi e che si era spostato da Londra a Durham mentre vigeva il divieto di lasciare la città; era poi tornato a Londra durante la sua quarantena per fare una visita a Barnard Castle. Il Primo ministro ha difeso a spada tratta il suo collaboratore e il caso è chiuso.

Ma rimane l’onta per la classe dirigente inglese che ha visto un Premier superficiale che ha lasciato diffondere il virus con enormi problemi per la sanità pubblica e finendo lui stesso vittima di tanta leggerezza; un sistema sanitario impreparato e privo dei mezzi necessari per fronteggiare la pandemia, il più stretto collaboratore del Primo Ministro che interpreta con elasticità le leggi che i cittadini  sono tenuti a rispettare senza se  e senza ma, il primo virologo del Paese che dà saggi consigli al Premier ma non li mette in pratica nella sua vita privata.

A tutto questo scempio aggiungiamo un piccolo dettaglio. Se il Regno Unito fosse ancora nell’Unione Europea sarebbe il Paese che beneficerebbe più di tutti, anche dell’Italia, dei fondi del piano Next generation EU che destina al nostro Paese, tra prestiti ed elargizioni 172 miliardi. I 350 milioni a settimana da non dare alla cattiva Europa e destinare alla sanità pubblica inglese erano una bufala elettorale. i circa 200 miliardi di cui si è privato il governo inglese con la fretta di Jonhson di uscire dall’Unione sono una realtà dura da digerire, proprio ora che la sanità inglese avrebbe bisogno urgente di soldi veri e non di chiacchiere elettorali.

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