sabato, 20 Aprile, 2024
Società

Ape social, discriminati i caregiver

Una grave ingiustizia si sta perpetrando ai danni dei fruitori della cd. “APe social”.

Si tratta, come è noto, dell’anticipo pensionistico che l’Inps eroga a coloro che abbiano almeno 63 anni di età, non siano titolari di pensione diretta in Italia o all’estero e si trovino nelle condizioni determinate dalla legge. Tra i fruitori vi sono i cosiddetti “cargiver”, vale a dire coloro che assistono da almeno sei mesi il coniuge, il partner dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap grave.

Nonostante una sentenza della Corte di giustizia europea (la CGUE C-449/16 del 21 giugno 2017) abbia sancito che all’anticipo pensionistico non si applichi il Regolamento (CE) 29 aprile 2004, n. 883/2004 – regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – ad oggi centinaia di aventi diritto all’APe Sociale si sono visti revocare o rigettare il beneficio dall’Inps, perché titolari di una pensione estera, anche se di modestissima entità.

Basterebbe soffermarsi sulle finalità e sui presupposti per la sua attribuzione, per rendersi conto che l’APe social non costituisce un trattamento pensionistico, ma deve considerarsi una prestazione di natura assistenziale. Chi vive in Italia, però, sa bene che fare i conti con la burocrazia è la cosa peggio. Ad avere la peggio, come di consueto, sono i soggetti maggiormente vulnerabili, come ad esempio i caregiver.

Secondo l’ex ministro Mara Carfagna – che sul punto ha presentato una interrogazione al Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, Nunzia Catalfo – in Italia sono circa 7 milioni le persone che assistono volontariamente almeno un parente non autosufficiente.

Attraverso l’attività dei caregiver si garantisce alla persona bisognosa una effettiva e continuativa sorveglianza e, al contempo, un concreto supporto nello svolgimento delle attività quotidiane.

Le persone che usufruiscono dell’assistenza di tipo familiare, appartengono a molteplici tipologie, dall’anziano non autosufficiente, al malato cronico ovvero al disabile; “garantire un’assistenza in ambito familiare alle persone bisognose, significa consentire a queste ultime di continuare a godere delle proprie relazioni affettive, di continuare a svolgere le proprie attività quotidiane nel proprio domicilio familiare, così evitando la collocazione della persona bisognosa in case di riposo o in strutture similari”.

L’attività dei caregiver deve essere necessariamente supportata ed incentivata, in quanto elemento fondamentale dell’assistenza domiciliare e strumento imprescindibile per la sostenibilità dei sistemi sanitari e sociali.

Di qui l’interrogazione dell’esponente del Governo per sapere quali misure intenda urgentemente adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a riconoscere il carattere assistenziale dell’APe social, escludendo i redditi pensionistici da Stati esteri quale limite legale alla percezione del trattamento, al fine di uniformare la normativa nazionale alla giurisprudenza dell’Unione europea e porre fine alla segnalata ingiustizia.

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