Da oggi al 6 gennaio 2025, in concomitanza con l’anniversario della morte di Pino Daniele, uscirà al cinema Pino Daniele – Nero a metà diretto dal giornalista Marco Spagnoli (Franco Battiato – la voce del padrone, Hollywood sul Tevere) e scritto insieme a Stefano Senardi, produttore discografico e amico di Pino Daniele. Il film – prodotto da Fidelio ed Eagle Pictures – è un racconto intimo del grande cantautore napoletano, dall’inizio della sua carriera fino al momento in cui arriva il successo vero e proprio che lo consacra nell’olimpo degli artisti.
Attraverso scorci su Napoli, immagini e video di repertorio e racconti dei collaboratori, degli amici e delle persone vicine a Pino Daniele, lo spettatore entra in contatto con un lato più nascosto e meno conosciuto del cantante. Pino Daniele – Nero a metà è un film molto interessante ed emozionante, perfetto non solo per i fan del cantante, ma anche per tutti coloro che non lo conoscono abbastanza e che vogliono capire a un livello più profondo la sua musica e il cantante stesso per comprendere così anche la città di Napoli e i suoi abitanti.
In questi giorni abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda al regista Marco Spagnoli che ci ha raccontato il processo di realizzazione del film e quello che significa per lui. Di seguito trovate l’intervista.
Come è venuta a lei e a Stefano Senardi l’idea di realizzare questo film? Avete sentito un’esigenza particolare che vi ha portato verso la realizzazione del progetto?
«Pino Daniele – Nero a metà è il secondo capitolo di un’ideale e possibile trilogia. Un viaggio sentimentale in tre tappe nel cuore della musica italiana. Dopo Franco Battiato – La Voce del Padrone – siamo ora a Napoli con Pino Daniele e speriamo di andare, presto, a Genova per Fabrizio De André – Le Nuvole. Quando ho conosciuto Stefano Senardi di persona, ho intuito immediatamente questa straordinaria combinazione di grande umanità e professionalità; quindi, trovandoci bene insieme, abbiamo ipotizzato un primo viaggio in tre tappe attraverso cui raccontare città, persone, momenti storici diversi, che hanno segnato la storia artistica e culturale del nostro paese e ci hanno lasciato un’eredità tangibile di musica, emozioni, parole e passioni».
Pino Daniele – Nero a metà si concentra sulla prima parte della carriera del grande cantautore napoletano. C’è un motivo in particolare per cui avete deciso di raccontare questo determinato momento?
«Era quello meno conosciuto e per noi più interessante: una sorta di Pino begins che, come il Batman di Christopher Nolan, finisce quando il musicista ha la consapevolezza che tutto è cambiato e di essere diventato celebre. In tutti i miei lavori, anche quelli senza Stefano, io non racconto mai ‘la vita’ di una persona. Non sarei capace di farlo e non credo che sarebbe interessante per il pubblico. Tutti i miei film hanno un sottotitolo che è esattamente la sintesi del mio punto di vista. Qui ‘Nero a Metà’ vuole dire tante cose: da un lato è il titolo dell’album che Senardi e altri considerano come quello della ‘rivelazione’ di Pino Daniele, dall’altro è un tributo a Mario Musella degli Showmen e l’affermazione di un meridionalismo pensato e non d’accatto. Per noi questo è un film sul Sud e sulla rivoluzione culturale accaduta con Pino Daniele, ma anche con la Smorfia di Massimo Troisi, con la Nuova Compagnia di Canto Popolare di Roberto De Simone, con i fratelli Bennato, con Teresa De Sio».
Il film alterna bellissimi scorci su Napoli, interviste ad amici, collaboratori e persone vicine a Pino Daniele e immagini e video di repertorio. Come avete scelto il materiale da inserire nel film e le persone da intervistare?
«Il materiale è stato trovato da Manuela Tempesta, una straordinaria regista e sceneggiatrice, che io ogni tanto supplico di lavorare con me come ricercatrice. perché è una delle migliori del mondo. Un’eccellenza cui si unisce il mio montatore storico, Jacopo Reale, che ha ricostruito tanti materiali che – come quello del concerto di Piazza Plebiscito – sono un lavoro di montaggio straordinario di materiali diversissimi ed eterogenei.
Poi abbiamo visto il montato con Stefano e – come succede – abbiamo fatto delle scelte rispetto alla costruzione narrativa».
Un documentario delicato e sensibile che racconta in modo autentico un artista che ha lasciato un segno indelebile nel panorama discografico italiano ma soprattutto nel cuore delle persone, sia in quelle vicine a lui sia in tutti quelli che hanno conosciuto Pino Daniele attraverso la sua musica. Cosa significa per lei Pino Daniele?
«Io sono nato a Napoli da una famiglia non napoletana e non ricordo un momento della mia vita in cui non fosse presente o ‘nell’aria’ la musica di Pino Daniele.
In questo senso il nostro è un racconto su Napoli, quella vera, lontano dagli stereotipi e dalle cartoline, così come forse lo stesso Pino Daniele avrebbe voluto.
Noi abbiamo deciso di fare un viaggio: sapevamo da dove partivamo ed eravamo interessati a raggiungere un momento importante nella narrazione. Ci siamo lasciati sorprendere dalle storie e dalla carriera di Pino Daniele perché ci sembrava importante che anche lo spettatore fosse colpito da quello che vedeva. Questo, quindi, non è un documentario per i fan di Pino Daniele, ma per tutti coloro interessati ad una storia personale sorprendente, avvenuta in un momento importante e unico della storia di Napoli e d’Italia».
Questo film si sofferma solo sulla prima parte della sua carriera ma se potesse scegliere un altro momento della vita del cantante da affrontare e raccontare, quale sarebbe?
«Non saprei, non ci siamo mai posti delle alternative, ma certamente sarebbe stato interessante – sganciandosi da un album – affrontare la reunion della Superband poco prima che morisse. L’essere appassionato e affaticato, l’incontrare i vecchi amici di un tempo sapendo che gli anni erano trascorsi…sarebbe stata un’altra storia. Questa per noi è emblematica perché è il racconto di un ragazzino ventenne che è diventato Pino Daniele grazie alla sua determinazione e alla sua voglia di riuscire».
Per concludere questa piccola intervista. Pino Daniele – Nero a metà uscirà nei cinema italiani il 4 gennaio 2025, nello stesso giorno del decimo anniversario della morte del cantante, immagino non sia un caso, ma quello che vorrei sapere è: c’è qualcosa che volete arrivi più di altro della persona e del musicista che è stato Pino Daniele? Soprattutto alle nuove generazioni che magari ancora non hanno avuto la fortuna di immergersi nel mondo della sua musica.
«La produzione Fidelio ed Eagle Pictures hanno ritenuto che la data migliore per l’uscita del film fosse quella più adatta a ricordare Pino Daniele e la sua storia. Per me la cosa più importante è che un ragazzo / a di vent’anni ce la può fare a dispetto della ‘teoria della sfiga’ che ieri come oggi gli viene sciorinata sempre con indulgente crudeltà. Anni fa nel mio documentario su Massimo Troisi, Maurizio De Giovanni ha detto una cosa che condivido: ‘noi siamo convinti che sia il talento a formare la vita, mentre molto spesso è il contrario: è la vita a indirizzare il talento di una persona’. Questo è vero sia nel caso di Massimo Troisi che di Pino Daniele: un giovane uomo che ha dimostrato sin da subito di credere alla possibilità di cambiare se stesso e la musica blues, grazie alla caparbietà e – soprattutto – alla voglia.
Se c’è un tratto comune a tutti i miei lavori è proprio questo: non mi interessa raccontare storie di riscatto né – tantomeno – fare film jettatori. Il mio racconto non è quello su chi ‘ce l’ha fatta’, ma su chi ha ritenuto possibile cambiare nonostante tutto, nonostante ‘tutti’. Pino Daniele è uno di questi: una persona che ci ha creduto e che ha sperato. Per me – come scriveva il filosofo Ernst Bloch – ‘pensare è andare oltre’ e l’arte in fondo è proprio questa capacità di riuscire a vedere l’invisibile dove gli altri non vedono nulla».
Dalle parole del regista si evince l’importanza che ha questa storia per lui e il legame con Pino Daniele e la sua musica. Quello che però emerge davvero è quanto è stata fondamentale la figura di Pino Daniele per l’Italia, non solo dal punto di vista musicale, ma anche da un punto di vista più umano e sociale, poiché ha fatto parte di una rivoluzione culturale.
Pino Daniele – Nero a metà è molto più di un documentario su un cantante e sulla forza di volontà di un uomo che voleva fare della sua passione un lavoro, è qualcosa che raggiunge e racconta anche l’anima di Napoli e la sua cultura.