Il dibattito sulla cittadinanza per i giovani stranieri torna al centro dellʼattenzione politica con il rilancio del progetto Ius Scholae. Questa proposta di legge, che riconoscerebbe la cittadinanza italiana ai giovani con background migratorio nati in Italia o arrivati prima di una certa età e che abbiano frequentato la scuola italiana per almeno un ciclo scolastico, potrebbe coinvolgere un numero significativo di studenti stranieri attualmente presenti nelle scuole italiane. Secondo una recente analisi condotta da Tuttoscuola, basata sui dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito relativi allʼanno scolastico 2022-2023, i potenziali beneficiari del provvedimento sarebbero circa 560 mila. Di questi, oltre 300 mila potrebbero ottenere la cittadinanza già nel primo anno di applicazione della legge, mentre i restanti la otterrebbero nei successivi quattro anni. Si tratta di un gruppo che rappresenta circa il 7% della popolazione scolastica complessiva e che costituirebbe lʼ1,2% degli aventi diritto di voto nel Paese. L’analisi dei dati evidenzia un impatto territoriale molto diversificato. Ben cinque potenziali nuovi cittadini italiani su sei vivono al Centro-Nord, mentre meno del 15% risiede nelle regioni meridionali. Questo squilibrio riflette la distribuzione attuale degli alunni stranieri sul territorio nazionale, con una maggiore concentrazione nelle aree più sviluppate del Paese, dove le opportunità educative e lavorative sono più ampie.
Equilibri demografici
L’introduzione dello Ius Scholae porterebbe quindi a nuovi equilibri demografici, influenzando il tessuto sociale di diverse regioni italiane. La distribuzione dei nuovi cittadini avrebbe effetti diretti anche sul piano politico, soprattutto a livello locale, dove la percentuale di aventi diritto di voto potrebbe subire variazioni significative. La proposta prevede il riconoscimento della cittadinanza per chi abbia completato l’intero primo ciclo del sistema educativo italiano, quindi fino alla terza media. Tuttoscuola, con un approccio prudenziale, ha considerato questa ipotesi per elaborare le proprie stime, evidenziando come il numero degli studenti coinvolti potrebbe variare se fosse invece sufficiente aver frequentato solo la scuola primaria.