venerdì, 24 Maggio, 2024
Lavoro

Cgia: “Al Nord sale la qualità del lavoro, criticità nel Mezzogiorno”

Al Settentrione le imprese si contendono dipendenti più bravi

Al Nord, dove oramai tra le aziende si fa a ‘gara per rubarsi’ i migliori dipendenti, sale la qualità del lavoro mentre la situazione al Sud è alquanto sofferente. Insomma, secondo l’ultimo studio sulla qualità del lavoro e sul benessere aziendale effettuato dalla Cgia sulla base dei dati forniti dal rapporto Bes (Benessere equo sostenibile) presentato dall’Istat il 17 aprile scorso, il divario tra Settentrione e Mezzogiorno, in questo campo, è sempre più accentuato.

Entrando nello specifico dell’analisi dell’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre, al Nord si registra in termini lavorativi un quadro assolutamente positivo mentre al Sud cresce la preoccupazione sia per quanto riguarda la qualità che i salari.

Le regioni che hanno fatto registrare performance migliori sono la Lombardia, seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano, dal Piemonte e poi dalla Valle D’Aosta. Nella parte bassa, invece, le aree più critiche dal punto di vista occupazionale: Sicilia, Calabria e Basilicata. Unica regione ad uscire da questo schema è la Sardegna.

Otto indicatori

Gli indicatori presi in considerazione per l’analisi della Cgia qualitativa sul lavoro sono 8: i dipendenti che dichiarano di avere una busta paga bassa; gli occupati che si definiscono sovraistruiti; gli occupati con lavori a termine da almeno 5 anni; i tassi di infortuni mortali o che abbiano causato inabilità permanente; gli occupati senza contratto o con contratto non in regola; la soddisfazione per il lavoro svolto; la percezione di insicurezza della propria occupazione; il part time involontario. Per quanto riguarda il primo punto, cioè la bassa retribuzione, le incidenze regionali più alte si trovano in Sicilia (16,1%), in Puglia (17,6%) e in Calabria (19%). Per fare un raffronto, la Provincia Autonoma di Trento, con la percentuale più bassa, arriva al 6,1%.

Il secondo indicatore, gli occupati sovraistruiti, tiene conto di coloro che nel 2023 dichiaravano di possedere un titolo di studio superiore a quello maggiormente posseduto tra gli occupanti che svolgevano la mansione lavorativa che gli era stata affidata. Le regioni con le percentuali più alte sono al centro, con l’Umbria che arriva al 32,7%, e al Sud, con la Basilicata al 33,2% e il Molise al 33,5%. Anche in questo caso in cima alla classifica c’è la Provincia Autonoma di Bolzano, che arriva appena al 16,3%.

Numero di precari

Anche per quanto riguarda il numero di precari il Mezzogiorno si conferma fanalino di coda. Prendendo in esame le percentuali di lavoratori con contratti a termine da almeno 5 anni, la Sicilia tocca il 27,9%, la Basilicata il 25,7% e la Calabria il 25,5%. Facendo un raffronto con la prima in classifica, la Lombardia non supera il 10,7%. Le regioni che, invece, nel 2022 hanno registrato più infortuni mortali o che abbiano provocato una inabilità permanente ogni 10mila occupati sono l’Abruzzo, con una percentuale del 14,7%, la Basilicata, che arriva al 16,1% e l’Umbria, con il triste primato che arriva al 16,7%. Bene invece la Lombardia, che si conferma, su questo aspetto, la regione più sicura, con una percentuale di incidenti mortali che si ferma al 7,4%

. Il Sud paga lo scotto del lavoro in nero o irregolare, con tassi che superano, ogni 100 lavoratori, il 16% in Sicilia, fino a punte del 19,6 percento in Calabria coinvolgendo quasi un lavoratore su 4. In regola, invece, quasi tutti nella Provincia Autonoma di Bolzano, dove gli occupati irregolari arrivano solo al 7,9%.

La soddisfazione per il lavoro

Il sesto punto degli indicatori è andato ad analizzare, la soddisfazione per il proprio lavoro, cioè il rapporto tra ore lavorate, stabilità dell’occupazione, la soddisfazione per la retribuzione, le opportunità di carriera e la distanza tra casa e lavoro, insieme ad altri fattori. Su questo punto, partendo nuovamente dal basso, troviamo la Campania, al 41,2%. La vetta è detenuta dalla Valle d’Aosta, con un 61,7%. C’è da riflettere, però, sul totale delle percentuali: preso nella sua interezza, questo indicatore dice che un lavoratore su due in Italia non è soddisfatto del proprio lavoro e solo il 48,3% degli intervistati afferma il contrario. Penultimo indicatore, ma di certo non meno importante, è quello che riguarda la paura di perdere il proprio lavoro. In Basilicata l’8,8% degli occupati teme di poter perdere il posto, in Sicilia il 6,4% e in Calabria il 5,9%. La Provincia Autonoma di Bolzano si trova in cima alla classifica: qui solo il 2,4% dei lavoratori ha paura di perdere il proprio posto.

Ultimo indicatore preso in considerazione dal centro studi della CGIA è il part time involontario. Le persone intervistate hanno affermato di aver dovuto accettare un contratto di questo tipo in mancanza di lavori full time. Anche qui le condizioni più difficili sono nel Mezzogiorno: Molise (13,8%), Sardegna (14,7%) e Sicilia (14,8%) chiudono la classifica. In vetta, nuovamente, la Provincia Autonoma di Bolzano, ferma al 3,8%.

Le difficoltà di reperimento

Oltre ad analizzare questi indicatori, la ricerca della Cgia ha messo in evidenza come le aziende, nel post pandemia, si siano trovate in difficoltà soprattutto nel trovare profili qualificati per specifici compiti. Ciò sta portando le imprese a cercare di fidelizzare i propri lavoratori, fenomeno diffuso soprattutto al Nord. Nonostante ciò, le dimissioni volontarie sono aumentate del 29%. Per capire la cifra, basti pensare che rispetto al 2019, i lavoratori che hanno consegnato volontariamente delle dimissioni sono aumentati di 236mila unità nel 2022, arrivando a un totale di 1.047.000 persone. Quest’ultimo dato si inserisce nel fenomeno sempre più diffuso, soprattutto al Nord, di chi cerca un’occupazione migliore sotto vari aspetti: con meno giovani disponibili, e una ricerca sempre maggiore di profili qualificati, molte aziende non esitano a ‘rubare’ collaboratori ad altre imprese offrendo un equilibrio vita-lavoro migliore.k

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