giovedì, 2 Maggio, 2024
Ambiente

Mar Mediterraneo bollente: in un anno ha subito un aumento fino a 4°C

“Nuovo allarme per il cambiamento climatico”. Secondo i risultati del progetto “CAREHeat”, da maggio 2022 a maggio 2023 il Mediterraneo ha subito l’ondata di calore più lunga mai registrata negli ultimi 40 anni con un aumento fino a 4 °C delle temperature del mare e picchi superiori a 23°C. La parte più colpita è stata il bacino occidentale. I dati del progetto ‘CAREHeat’ (rilevamento e minaccia delle ondate di calore marino), finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), al quale partecipano, per l’Italia, ENEA e Cnr (coordinatore), sono stati pubblicati sulla rivista ‘Environmental Research Letters’. Il progetto CAREHeat mira a sviluppare nuove metodologie per prevedere e identificare le ondate di calore, comprenderne la propagazione e gli impatti su ambiente, biodiversità e attività economiche, come pesca e acquacoltura.

Ondata di calore

Le attività di ricerca di “CAREHeat” – spiega il Cnr – sono iniziate con lo studio dell’ondata di calore che ha interessato il Mar Mediterraneo, partendo dall’analisi dei dati satellitari che per primi hanno rilevato l’anomalia termica, con valori molto più alti rispetto alla precedente ondata di calore che colpì l’Europa nel 2003. Le informazioni satellitari sono state poi integrate con i dati provenienti dalle osservazioni della Stazione Climatica di Lampedusa, che rappresenta l’unico sito in Europa in grado di fornire informazioni sulle interazioni fra vegetazione, atmosfera ed oceano sia negli scambi di carbonio che in tutti i processi e scambi di energia che regolano il clima della regione. Inoltre, grazie all’utilizzo di simulazioni modellistiche e sistemi di elaborazione dei dati i ricercatori hanno potuto caratterizzare l’anomalia che ha interessato il periodo.

Anomalie

Più nello specifico, dalle indagini è emerso che le anomalie della temperatura superficiale del mare sono strettamente correlate alla prevalenza delle condizioni anticicloniche nell’atmosfera; condizioni che, nello stesso periodo, hanno causato anche gravi siccità nella regione mediterranea. L’analisi di questi dati indica che il rimescolamento verticale del mare causato dal vento è il principale responsabile del trasporto di calore all’interno delle acque marine e che queste anomalie sotto la superficie sono durate diversi mesi. Infine, lo studio rivela alcuni aspetti legati al cambiamento climatico della regione mediterranea: fra questi, ad esempio, le temperature ben al di sopra della media stagionale dagli inizi di maggio nell’area mediterranea ed anche nella prima metà di giugno che è stata caratterizzata da situazioni meteorologiche tipiche di fasi più avanzate della stagione estiva.

Risultati rilevanti

“I risultati di “CAREHeat” ci mettono davanti agli occhi solo ad alcuni dei segnali del cambiamento climatico ma dobbiamo essere consapevoli che siamo solo agli inizi di un processo più ampio e che ci troviamo di fronte a segnali di ciò che accadrà in modo sempre più frequente”, dichiara Gianmaria Sannino, responsabile della Divisione modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali di ENEA. “In questo contesto, la ricerca è e sarà un elemento chiave per informare e guidare le politiche ambientali future, come d’altronde ha stabilito finalmente la COP28: infatti, saranno i risultati della COP28 a guidare l’aggiornamento dei piani d’azione climatica nazionali per il 2025, per un’azione climatica più ambiziosa e finanziamenti mirati. Tra i punti salienti della COP28 inoltre è stata sancita per la prima volta la necessità di triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare i miglioramenti nell’efficienza energetica; abbiamo raggiunto un traguardo storico con un fondo di oltre $700 milioni per sostenere i Paesi più vulnerabili; ci siamo impegnati a ridurre le emissioni di gas serra del 43% entro il 2030 e abbiamo finalmente adottato un quadro per l’adattamento climatico per proteggere e restaurare i nostri ecosistemi naturali e fermare la deforestazione entro il 2030 e studi come CareHeat rappresenteranno una risorsa inestimabile per guidare la pianificazione delle strategie di adattamento”.

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