sabato, 27 Luglio, 2024
Attualità

Ostaggi. Biden: presto liberazione e tregua. Scontro alla Knesset sulla pena di morte

In salvo bimbi prematuri e malati di al-Shifa. Idf: Hamas voleva l’arma di distruzione di massa

Mentre il Presidente americano, Joe Biden, ha dichiarato di credere che un accordo per la liberazione degli ostaggi in mano a Hamas sia vicino, alla Knesset, il Parlamento israeliano, si è consumato un braccio di ferro tra il partito di estrema destra di Otzma Yehudit e i famigliari degli ostaggi che si oppongono all’idea della pena di morte per i terroristi e agli annunci a contorno. “Smettetela di parlare di uccidere gli arabi e cominciate a parlare di salvare gli ebrei”, ha urlato Gil Dikman – che ha la moglie e la figlia prigioniere – durante l’audizione al Comitato per la sicurezza nazionale che sta lavorando alla legge. Dikman si è rivolto direttamente al ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir: “ti imploro di non sfruttare la nostra sofferenza, siate con noi dalla parte della vita e non dalla parte della morte”, ha detto e ha spiegato che ventilare la pena di morte potrebbe far saltare un accordo per il rilascio.

Bambini evacuati da Shifa

Buone notizie, invece, per i piccoli malati e i neonati dell’ospedale di Shifa. Finalmente ieri si è potuto trasferirli in ospedali fuori dalla Striscia di Gaza. Dal valico di Rafah sono usciti centinaia di feriti che saranno curati in Turchia, negli Emirati e in Egitto. Sono stati portati al sicuro anche 28 bambini prematuri che hanno bisogno di essere tenuti nelle incubatrici. Li hanno presi i sanitari egiziani: sono bambini e bambine dei quali, in alcuni casi, non si conoscono neppure i genitori. Altri 66 bambini malati provenienti da vari ospedali arriveranno in questi giorni in Turchia. I più gravi sono stati trasferiti in aereo al Cairo: quaranta bambini sono in cura per tumore. Una ventina sono stati inviati negli Emirati. Finora, secondo fonti egiziane, sono usciti dal valico quasi 7.000 persone. Ma nella Striscia si stima che gli sfollati siano oltre 1 milione e 700 mila. Ieri è entrato a Gaza anche il primo ospedale da campo contenuto in 40 camion. A bordo anche 17 operatori sanitari e tecnici giordani.

Armi biologiche con il botulino

La situazione degli ostaggi, purtroppo, finora non ha trovato soluzioni nonostante le dichiarazioni quotidiane di imminenti scambi o rilasci, mentre si accavallano le notizie e le dichiarazioni emesse da fonti più diverse. L’Idf, l’esercito israeliano, ieri ha reso noto che Hamas voleva produrre armi biologiche di distruzione di massa con la tossina botulinica per provocare un’intossicazione collettiva in Israele. La prova sarebbe nel ritrovamento di un manuale di 26 pagine scoperto in un covo di Hamas. Quanto agli ospedali Israele accusa che “per anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Croce Rossa e tutte le altre agenzie delle Nazioni Unite hanno nascosto l’uso sistematico degli ospedali da parte di Hamas come scudi, mettendo a repentaglio il loro status protetto dal diritto internazionale.” Ieri il portavoce del governo, Eylon Levy, in un’intervista all’agenzia di stampa italiana Adnkronos, ha affrontato una serie di questioni importanti per cercare di chiarire la posizione israeliana, come già aveva illustrato Netanyahu nell’ultima sua conferenza stampa, a cominciare dagli ospedali: “questo era il più grande segreto di Pulcinella della Striscia di Gaza. Per anni non hanno detto nulla e ora chiediamo che ne rispondano a livello internazionale”. Il governo, ha spiegato Levy, ha “prove incontrovertibili” che l’ospedale di Shifa sia stato utilizzato come base per “attività militari.” Luogo dove, nei primi giorni, sono stati detenuti gli ostaggi e dove sarebbe stata assassinata la soldatessa Noa Marciano. “Alcuni medici – ha affermato Levy – hanno visto, ma non hanno detto niente.”

Medici perseguitati da Hamas

Fatti confermati dall’emittente France 24 che ha mostrato la testimonianza di un medico dell’ospedale di Shifa, coperto da anonimato. L’uomo, che ha lavorato allo Shifa tre anni fa, ha raccontato che “in una parte dell’ospedale non si poteva andare” perché “era una parte usata per fini non medici.” “Ho visto alcuni personaggi che non erano medici dall’aspetto losco entrare e uscire continuamente. Era una corsia che conduceva a un seminterrato.” Il medico ha poi sottolineato di essere stato “il benvenuto ovunque” e “i medici e gli infermieri sono stati molto accoglienti e gentili, e i toni sommessi con cui è stato detto ciò erano coerenti con tutti gli altri toni sommessi con cui si discuteva di Hamas. Sapete, la gente era davvero spaventata.” “Non potrò sottolineare abbastanza – ha spiegato l’intervistato – l’aria di paranoia collettiva che esisteva lì.” Il medico ha poi concluso sostenendo che se il 10% dello staff era terrorizzato da possibili attacchi aerei israeliani, il 90% lo era di essere perseguitata da Hamas.

Carburante contingentato

Il governo israeliano continua anche a concedere l’ingresso di carburante contingentato nella Striscia per tenere attivi gli indispensabili impianti idrici e fognari. E’ un materiale sensibile che, hanno spiegato i militari, Hamas usa “per continuare la guerra contro di noi”: va evitata l’esplosione di epidemie tenendo attive le erogazioni di acqua e servizi, ma contemporaneamente va assolutamente evitato che venga rubato. “Questa è la nostra politica”, ha detto Levy, “vogliamo portare aiuti umanitari alle persone che ne hanno bisogno e assicurarci che Hamas non possa rubarli, e non permetteremo che Hamas utilizzi la buona volontà della comunità internazionale per riorganizzarsi, riarmarsi e fare rifornimento.” Israele è certo che “Hamas è entrato in guerra con una scorta di mezzo milione di litri di carburante. Non solo, ha rubato carburante alle Nazioni Unite. Rubava carburante dagli ospedali”, mentre Israele “non ha alcun obbligo di facilitare la fornitura di carburante che Hamas utilizzerà per continuare a lanciare razzi contro di noi”.
Muro di fermezza anche nei confronti dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) definita: “un’organizzazione che paga gli stipendi ai terroristi nelle carceri israeliane. E la nostra posizione è che qualsiasi organizzazione che finanzia il terrorismo non può essere un partner per la ricostruzione di Gaza”. “So che sembra pazzesco”, ha concluso Levy, “ma questa è la ragione per cui le Nazioni Unite e il Congresso degli Stati Uniti hanno tagliato gli aiuti ai palestinesi alcuni anni fa: perché danno incentivi economici ai terroristi che uccidono gli israeliani.”

Macron sprona la Cina

Una delegazione palestinese guidata da Rivad al-Maliki, in Cina, ha incontrato il ministro degli Esteri Wang Yi, nell’ambito di una sessione di ministri degli Esteri di Paesi arabi e islamici. All’incontro con Yi erano presenti anche i ministri degli Esteri di Arabia Saudita, Egitto, Indonesia e Giordania. La Cina, ha detto il ministro degli Esteri, “sostiene pienamente” la soluzione dei due Stati a Gaza, appoggiando l’appello lanciato di recente al vertice arabo-islamico di Riyad. Ha inoltre affermato che la comunità internazionale “deve agire ora e prendere misure efficaci per porre fine al disastro umanitario”. Contro la Cina, però, sono arrivati gli strali del Presidente francese che ha chiesto che contribuisca “in modo significativamente maggiore” agli aiuti umanitari forniti dalle Nazioni Unite ai civili palestinesi. In una telefonata a Xi Jinping, Macron ha fatto notare al suo omologo che “a oggi, questo sostegno è estremamente limitato, dell’ordine di circa un milione di dollari all’anno. Parigi chiede inoltre a Pechino di usare la sua “influenza” sui paesi del Medio Oriente per “evitare qualsiasi escalation.”

Il Giappone e i ribelli Houthi

Intanto il governo giapponese sta tentando di mettersi in contatto con i ribelli Houthi nello Yemen dopo il sequestro, nel Mar Rosso, di una nave mercantile con circa 25 membri dell’equipaggio a bordo di proprietà di un imprenditore israeliano e gestita da una società nipponica. Il ministro degli Esteri, Yoko Kamikawa, ha reso noto che Tokyo è in contatto con Israele, Arabia Saudita, Oman, Iran, e altri Paesi che possono fare da tramite con gli Houthi per il rilascio tempestivo. L’Iran, invece, ha smentito di essere il “mandante” del sequestro. Il ministero degli Esteri, Nasser Kanani ha affermato che “al contrario degli Usa, l’Iran non controlla forze per procura nella regione. In realtà, il proseguimento del conflitto nella regione origina dal totale sostegno degli americani per Israele.”

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