giovedì, 2 Maggio, 2024
Economia

Confindustria: “I prezzi e i tassi alti bloccano l’economia dell’Italia”

Un duro tackle quello di Confindustria che all’interno della sua nota sulla congiuntura flash pubblicata oggi evidenzia un quadro economico italiano in peggioramento: i prezzi e i tassi alti stanno bloccando la crescita, mentre la domanda estera latita. Insomma, un chiaro messaggio al governo a intervenire quanto prima affinché le tasche degli italiani possano tornare a respirare e quindi a investire sul mercato. Già, perché i consumi e gli investimenti sono in sofferenza a causa dei rialzi dei costi, che stanno erodendo il potere d’acquisto delle famiglie e delle imprese. I tassi di interesse in aumento stanno inoltre rendendo più costoso il credito, rendendo più difficile per le imprese finanziare i propri investimenti.
La domanda estera è frenata dalla guerra in Ucraina e dalla crisi energetica. Le sanzioni alla Russia e i problemi di approvvigionamento stanno pesando su molti Paesi, tra cui l’Italia.
In questo contesto, Confindustria prevede una crescita dell’economia italiana del 2,5% nel 2023, in calo rispetto alla previsione precedente del 3,2%.

Inflazione: lento calo

La nota degli industriali fa presente che l’inflazione italiana è scesa al +5,3% annuo a settembre. I prezzi core di beni e servizi rallentano (+3,9%), mentre per gli alimentari la moderazione è ancora agli inizi (+8,6%) grazie alla flessione recente delle materie prime. I prezzi energetici al consumo crescono poco (+1,7% annuo), ma a settembre le quotazioni di gas e petrolio sono risalite.

Tassi a fine corsa?

A settembre, la Fed ha tenuto fermo il tasso USA a 5,50%, non escludendo nuovi rialzi. La Bbc, invece, ha deciso un altro aumento, a 4,50%, perché prevede un’inflazione troppo alta troppo a lungo, ma ha ammorbidito il tono su eventuali ulteriori mosse. I mercati ora ritengono altri rialzi negli Usa e nell’Eurozona possibili, ma non probabili, intravedendo i primi tagli entro il 2024.

Meno credito, meno liquidità

Prosegue la corsa del costo del credito (5,09% a luglio) per le imprese italiane e peggiora la caduta dei prestiti (-4,0% annuo). Una quota crescente di imprese non ottiene credito (8,2% a settembre): la domanda è frenata da condizioni troppo onerose, ma pesano anche i più rigidi criteri di accesso. Perciò, la liquidità delle imprese si sta prosciugando (-10,1% in un anno i depositi), mentre aumentano i ritardi nei pagamenti e il deterioramento dei vecchi prestiti.

Soffre l’industria

A luglio la produzione ha subito una nuova caduta (-0,7%; da inizio anno -1,9%), dopo il recupero di maggio-giugno (+0,2% acquisito nel 3° trimestre). La flessione è concentrata tra i beni di consumo durevoli (-4,4% a luglio). Alcuni dati qualitativi intravedono un miglioramento in agosto: il PMI manifatturiero è risalito, pur indicando un calo (45,4 da 44,5) e RTT segnala un parziale recupero del fatturato; ma a settembre la fiducia delle imprese ha proseguito la caduta. Anche nel settore edile forte calo a luglio (-1,6%, -4,3% da inizio anno) e in agosto l’Rtt traccia una timida risalita del fatturato.

La stretta sui tassi

Nel 2023 sta proseguendo il veloce rialzo dei tassi di interesse, iniziato lo scorso anno. L’effetto auspicato dalla BCE è un raffreddamento della domanda interna, cioè investimenti e consumi (che già si osserva), nel tentativo di ridurre l’inflazione. Per le famiglie, questo avviene facendo lievitare la spesa per interessi sui prestiti, anche quelli già in essere, in particolare i mutui per l’acquisto di un’abitazione; a ciò si sta associando anche un freno all’erogazione di nuovi prestiti.

Export in riduzione

In calo l’export italiano di beni in luglio (-1,3%; e -1,0% sulla media del 2° trimestre, a prezzi costanti), sia nei mercati UE che in quelli extra-UE: alla debolezza delle vendite in Germania, si è aggiunta una battuta d’arresto di quelle negli Stati Uniti. Rimbalzo ad agosto per l’export extra-UE, in particolare negli USA, anche per effetto di vendite occasionali. Ancora negative in settembre le indicazioni dagli ordini manifatturieri esteri, specie per la debolezza della domanda europea.

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