sabato, 27 Aprile, 2024
Società

Istat. Sempre meno italiani. Poca fiducia di famiglie e imprese

La popolazione italiana scenderà a 58,1 milioni di individui nel 2030

Gli italiani diminuiranno fino a 58,1 milioni di persone nel 2030; i consumatori non spendono e le imprese non investono; aumentano dei costi della produzione industriale. Tutti temi, questi, trattati ieri dall’Istat, certo non propriamente rassicuranti. Difatti sono numeri assolutamente negativi, che hanno come denominatore comune la crisi economica, che in pratica fa sentire il suo peso ovunque.

Le previsioni dell’Istituto di statistica sulla popolazione residente e sulle famiglie hanno confermato il trend degli ultimi anni: ci sarà una forte decrescita, se si pensa che nel 2080 l’Italia sarà abitata da 45,8 milioni di persone. Un saldo più che negativo, se si pensa che a gennaio del 2022 nel Belpaese sono state registrate 59 milioni di presenze. I motivi vanno ricercati soprattutto nel tasso di natalità di 1,2 figli per donna, ben al di sotto del tasso di sostituzione di 2,1 figli, e nel saldo migratorio negativo (significa sono più coloro che emigrano dall’Italia di coloro che vi immigrano). Il progressivo spopolamento investe tutto il territorio, pur con differenze tra Nord, Centro e Mezzogiorno, che fanno sì che tale questione raggiunga una dimensione significativa soprattutto in quest’ultima ripartizione. Secondo lo scenario descritto, nel breve termine si prospetta al Nord (+0,3‰ annuo fino al 2030) un lieve ma significativo incremento di popolazione, al contrario del Centro (-1,6‰) e soprattutto del Mezzogiorno (-5,5%), dove il calo di residenti risulta irreversibile.

Le famiglie cambiano

Inoltre, le famiglie italiane stanno cambiando. Sono in crescita quelle monoparentali e le coppie senza figli. Entro il 2042, solo una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà. Inoltre, la maggiore diffusione nel Paese dell’instabilità coniugale comporterà un aumento delle famiglie composte da un genitore solo, che passeranno dal 10,7% del totale registrato nel 2022 all’11,4% nel 2042. L’Istat poi prevede che nel 2050 gli over 65 potrebbero rappresentare il 38% dei residenti in Italia, quasi il doppio rispetto al 2005. Gli individui di 65 anni e oltre sono 14 milioni e 46mila a inizio 2022, 3 milioni in più rispetto a venti anni fa, e costituiscono il 23,8% della popolazione totale; nel 2042 saranno quasi 19 milioni e rappresenteranno il 34% della popolazione totale.

Economia in difficoltà

Passando allo stato di salute dell’economia italiana, dai dati dell’Istat si è evinto che i presupposti per un autunno all’insegna della ripresa economica non sembrano proprio esserci. Già, perché settembre ha fatto registrare il calo del clima di fiducia sia dei consumatori (che misura la loro propensione a spendere), sia delle imprese (relativo alla propensione a investire). Tre i principali motivi che hanno portato a dati tutt’altro che confortanti e che dopotutto sono gli stessi oramai da mesi: l’aumento dell’inflazione, che erode il potere d’acquisto delle famiglie e rende più costosi i prestiti per le imprese; il conflitto in Ucraina, che ha causato un aumento dei costi delle materie prime; la stretta monetaria della Bce, volta sì a frenare l’inflazione, ma che sta portando comunque a un rallentamento della crescita finanziaria.

Analizzando i numeri forniti dall’Istituto di statistica, l’indice del clima di fiducia dei consumatori si è ridotto per il terzo mese consecutivo, raggiungendo il valore più basso dallo scorso giugno: è passato da 106,5 a 105,4. Per far capire il momento ‘no’, il clima economico, il clima corrente e il clima futuro calano, rispettivamente, da 121,5 a 115,2, da 101,4 a 100,2 e da 114,1 a 113,2.

Passando alla fiducia delle imprese, l’indice è passato da 106,7 a 104,9 attestandosi sullo stesso valore di ottobre 2022. Segnali negativi per tutti i comparti studiati, a eccezione di quello legato alle costruzioni. Male la manifattura (da 97,7 a 96,4), i servizi (da 103,5 a 100,5) e il commercio (da 108,7 a 107,3).
L’Istat ha anche comunicato i prezzi alla produzione industriale, che ad agosto hanno registrato un aumento dello 0,5, diminuendo del 12,2% su base annua (era -10,2% a luglio).

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