sabato, 27 Aprile, 2024
Società

Cassazione: Il minore fuggito per non voler andare alla scuola coranica è un rifugiato

La Corte d’Appello di Perugia ha negato lo status di rifugiato politico a un minore fuggito per non aver voluto frequentare una scuola coranica, ma la Corte di Cassazione (ordinanza 12253/22) ha ribaltato la sentenza.

La storia

Il minore era fuggito per paura che lo zio, al quale era stato affidato dopo la morte del padre, lo costringesse a tornare alla scuola coranica dove lo aveva iscritto nonché per timore delle violenze subite dallo stesso zio a seguito di inserimento nella cerchia della manovalanza dei Marabù islamici.

Le sentenze

La Corte di Appello di Perugia aveva escluso che al richiedente potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria ritenendo che la vicenda avesse una connotazione meramente privata e familiare. Ma la Suprema Corte ha, invece, accolto il ricorso ritenendo che i giudici di Perugia avessero “trascurato di svolgere una adeguata attività istruttoria d’ufficio volta ad acquisire informazioni sulle scuole coraniche e sull’eventuale trattamento vessatorio riservato ai giovani ad esse affidati in Gambia, il che avrebbe evidenziato che i timori da lui espressi, di essere nuovamente costretto a frequentare la scuola coranica e quindi a subire trattamenti inumani e degradanti, erano plausibili e fondati.” Non solo, ma la Corte di Appello, sempre secondo la Cassazione, non ha indagato la situazione subita dal richiedente di maltrattamento familiare e di sfruttamento presso le scuole coraniche, anche alla luce della minore età alla data di entrata nel territorio italiano, condizione particolarmente tutelata dalla Convenzione internazionale di New York sui diritti del fanciullo (ratificata dall’Italia con legge n. 176 del 1991), dall’art. 8 CEDU, dalla Convenzione di Lanzarote del Consiglio di Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e gli abusi sessuali del 2007 (ratificata con legge n. 172 del 2012), dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (ratificata con legge n. 77 del 2013).

La tutela dei minori

La sentenza della Corte di Cassazione dunque conferma, come si legge dal report bimestrale delle sentenze in tema di Protezione Internazionale, che ai fini della tutela dei minori vanno considerati tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

Vessazioni e violenze

Nel caso in esame, spiegano i giudici della Cassazione, “la Corte di appello ha adottato la decisione impugnata degradando a meri “dissidi circoscritti a un ambito familiare e individuale” la vicenda complessa del richiedente, senza effettuare approfondimenti, mediante consultazione di fonti internazionali accreditate ed aggiornate, sulla realtà delle scuole coraniche in Gambia.”

“La vicenda rappresentata dal ricorrente”, puntualizza  la motivazione della sentenza di Cassazione”, -segnatamente, la scelta familiare adottata dopo la morte del padre di affidarlo ad una scuola coranica, le vessazioni e le violenze subite, la fuga dalla scuola coranica, dal Gambia verso il Senegal e poi dal Senegal per il timore di essere riaffidato alla anzidetta scuola, avrebbe dovuto essere indagata ex officio non solo sul piano della attendibilità e della coerenza, ma anche su quello più ampio, sociale e culturale proprio della nazione di provenienza”. Questo, conclude la Cassazione “al fine di verificare se ed in che misura il ricorrente avrebbe potuto avvalersi della tutela statuale per sottrarsi a condotte improprie, anche alla luce del percorso di integrazione intrapreso in Italia sul piano linguistico e lavorativo”.

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