martedì, 7 Maggio, 2024
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Faro su 333 prodotti critici per le nostre produzioni

Cosa può mettere in crisi la produzione nazionale? La risposta le tenta uno studio di Confindustria, secondo il quale sarebbero 333 i “prodotti critici” per i quali risulta stabilmente vulnerabile l’industria italiana e che valgono 17 miliardi dell’import totale. Le filiere industriali più interessate sono quelle delle commodity, chimica e energia, seguita dai trasporti, tessil e metalli. Infine, la Cina risulta essere il maggiore fornitore di prodotti critici per l’industria italiana.

I prodotti “strategici” o a “rischio”

Un prodotto si definisce strategico, a diversi gradi, per un paese se è indispensabile per le transizioni green e digitale o per la sicurezza nazionale o per la tutela della salute delle persone. Inoltre, è importante quantificare anche i rischi politici e climatici nei paesi di fornitura. Dei prodotti critici per l’industria italiana, poco meno della metà si può definire strategica, per oltre 10 miliardi di euro (61% dell’import critico). Si tratta principalmente di minerali, metalli o altre materie prime (coinvolti nella transizione verde) e di prodotti farmaceutici e principi attivi. Quasi la metà delle forniture critiche dell’industria italiana si può definire ad alto rischio geopolitico o climatico, soprattutto nelle filiere dei trasporti, del tessile e dell’agroalimentare, e anche dell’ICT, media e computer. Intersecando i criteri di selezione per strategicità e per rischio, infine, otteniamo una lista finale di 62 prodotti fortemente critici per l’industria italiana, che attivano circa 5 miliardi di import (ben il 38,5% di quello critico). Riguardano soprattutto le filiere dell’ICT e dei trasporti.

Import “critico” dalla Cina

L’insieme delle forniture critiche all’industria, così definite, rappresenta in media circa il 9% del valore delle importazioni italiane (17 miliardi di euro) e circa il 7% come numero di diverse tipologie di prodotti importati (333) tra il 2018 e il 2021. Prendendo in esame i principali fornitori di tutti i prodotti critici, del valore dell’import proveniente da Russia, Svizzera e Brasile sono considerabili strategici quote superiori al 90%. Come varietà, però, solo la Svizzera mantiene una prevalenza strategica. Molto alte le quote in valore anche per Giappone, Ucraina, Cina e Stati Uniti, che superano tutti il 60%, mantenendosi su circa la metà in valore, mentre dai restanti paesi sono strategiche quote tra il 15% e il 45% in valore e intorno al 30% come varietà, ad eccezione del Canada. Tra i paesi di provenienza dell’import critico dell’industria spicca la centralità della Cina. Seguono a distanza gli Stati Uniti, primo fornitore del 10% del totale delle varietà dei prodotti critici, l’India e la Turchia (8-10% circa dei prodotti), l’Ucraina e la Svizzera (1-4% delle varietà, ma tra il 9 e l’11% in valore).

Salute, i prodotti più strategici

Le liste di prodotti strategici le aggiornano la Commissione europea, l’International Trade Administration (ITA, un’agenzia del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti che promuove le esportazioni di servizi e beni statunitensi non agricoli) e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Dall’unione dei prodotti individuati da queste tre fonti, per l’Italia risultano 148 prodotti strategici dei 333 critici, cioè il 44% circa delle varietà e il 61% circa del valore di tutti i prodotti critici, così classificabili: minerali, metalli e altre materie prime critiche; farmaci e principi attivi; prodotti della chimica; combustibili fossili; legno; altro (non classificabili nelle categorie precedenti). La categoria più numerosa e di elevato valore aggregato è quella dei minerali, metalli e altre materie prime critiche. Come filiere, quelle maggiormente interessate dalla presenza di prodotti strategici rispetto al totale dell’import di prodotti critici sono, in ordine di importanza, quelle della salute, dell’ICT (oltre il 90% in valore ma intorno al 50% come varietà), delle commodity e dei trasporti (circa l’85% in valore e tra il 60-80% come varietà) e delle costruzioni (oltre il 60% sia in valore sia in varietà). Al contrario, la filiera del tessile e della difesa non sono coinvolte.  Qui si aggiungono due paesi: gli Emirati Arabi Uniti che rappresenta l’8% del valore totale dell’import strategico e il Regno Unito, del cui import critico dell’85% in varietà rappresenta, per numero di prodotti, il 6% di tutto l’import strategico.

Gli “estremamente” critici

I prodotti “estremamente critici”, dove entrano in ballo anche contesti geopolitici e rischi climatici,  rappresentano poco meno della metà dei prodotti critici, il 46% come numerosità e il 49% in valore. Includendo la dimensione strategica, si ottiene un insieme di 62 prodotti. Inoltre, 27 di questi sono materie prime. Essi costituiscono la maggior parte, in valore, delle dipendenze strategiche nelle materie prime (circa il 70%). Come numerosità sono principalmente prodotti il cui fornitore più rilevante è la Cina, la Turchia o gli Stati Uniti. Russia e Ucraina erano i più pesanti fino all’inizio della guerra. I prodotti più critici tra i critici e a maggior rischio di interruzione di fornitura sono principalmente prodotti ICT (prodotti chimici per la gomma-plastica ed elettronici) e nei trasporti (soprattutto nella produzione di ferro e acciaio). Come varietà di prodotti le quote si aggirano intorno al 25-30% per tutte le filiere tranne per quella della salute (8%) e dell’agro-alimentare (4%). Nessuno di questi prodotti estremamente critici rientra nella filiera del tessile o in quella della Pubblica Amministrazione e della difesa.

Favorire integrazione europea

Le conclusioni dello studio di Confindustria sottolineano che nel complesso, le dipendenze critiche dell’Italia si aggirano intorno al 16% del totale delle importazioni in valore nel periodo 2012-2021 (29 miliardi di euro circa su 187 in media all’anno) e intorno al 7% come varietà di prodotti rispetto a tutte le tipologie importate (370 prodotti su 5.042). Quanto al da farsi, si suggerisce che “nella definizione delle politiche europee è necessario individuare le criticità del sistema industriale, distinguendo tra materie prime e semilavorati, per promuovere scelte strategiche. Occorre favorire l’integrazione europea nei segmenti di mercato già coperti (estrazione, trasformazione, prodotti finiti); definire obiettivi “tecnologicamente” raggiungibili, con lo stanziamento di risorse adeguate e rafforzare le filiere prioritarie, anche grazie ad accordi di collaborazione industriale con paesi terzi”.

 

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