sabato, 27 Aprile, 2024
Sanità

Eutanasia, suicidio assistito e autodeterminazione del paziente

Eutanasia significa letteralmente “buona morte” (dal greco eu-thanatos) e indica l’atto di determinare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di un individuo, che ne faccia espressa richiesta. La Federazione Cure Palliative la definisce ancor più chiaramente come “l’uccisione di un soggetto consenziente in grado di esprimere la volontà di morire”.

Invece, con il suicidio assistito la morte avviene attraverso l’assunzione “autonoma” da parte del paziente terminale del farmaco letale. Si dice assistito perché una équipe medica prepara il farmaco e l’eventuale struttura meccanica o dispositivo che aiuterà il paziente ad assumere il medicinale. L’ultimo gesto, anche soltanto quello di spingere un tasto, deve essere autonomo. In sintesi il suicidio assistito prevede l’aiuto medico e amministrativo al soggetto che ha scelto e stabilito di morire tramite suicidio assistito ma senza l’intervento diretto nella somministrazione del farmaco.

Le due pratiche, sebbene accomunate dalla volontarietà della richiesta e dall’esito finale, presentano due notevoli differenze:

  • L’eutanasia non necessita della partecipazione attiva del soggetto che ne fa richiesta, mentre il suicidio assistito sì, perché prevede che la persona malata assuma in modo indipendente il farmaco letale;
  • L’eutanasia richiede un’azione diretta di un medico, che somministra un farmaco di regola per via endovenosa, mentre il suicidio assistito prevede che il ruolo del sanitario si limiti alla preparazione del farmaco che poi il paziente assumerà per conto proprio.

A riguardo, il Comitato nazionale di bioetica nel suo documento “Riflessioni bioetiche sul suicidio medicalmente assistito”, ha rappresentato come all’interno del Comitato stesso vi siano pareri differenti: “ Alcuni membri del CNB sono contrari alla legittimazione, sia etica che giuridica, del suicidio medicalmente assistito, e convergono nel ritenere che la difesa della vita umana debba essere affermata come un principio essenziale in bioetica, quale che sia la fondazione filosofica e/o religiosa di tale valore, che il compito inderogabile del medico sia l’assoluto rispetto della vita dei pazienti e che l’“agevolare la morte” segni una trasformazione inaccettabile del paradigma del “curare e prendersi cura”. Altri membri del CNB sono favorevoli sul piano morale e giuridico alla legalizzazione del suicidio medicalmente assistito sul presupposto che il valore della tutela della vita vada bilanciato con altri beni costituzionalmente rilevanti, quali l’autodeterminazione del paziente e la dignità della persona”.

Al termine della relazione il Comitato ha comunque formulato delle raccomandazioni condivise: “auspicando innanzi tutto che in qualunque sede avvenga – ivi compresa quella parlamentare – il dibattito sull’aiuto medicalizzato al suicidio si sviluppi nel pieno rispetto di tutte le opinioni al riguardo, ma anche con la dovuta attenzione alle problematiche morali, deontologiche e giuridiche costituzionali che esso solleva e col dovuto approfondimento che esige una tematica così lacerante per la coscienza umana. Il Comitato raccomanda, inoltre, l’impegno di fornire cure adeguate ai malati inguaribili in condizione di sofferenza; chiede che sia documentata all’interno del rapporto di cura un’adeguata informazione data al paziente in merito alle possibilità di cure e palliazione; ritiene indispensabile che sia fatto ogni sforzo per implementare l’informazione ai cittadini e ai professionisti della sanità delle disposizioni normative riguardanti l’accesso alle cure palliative; auspica che venga promossa un’ampia partecipazione dei cittadini alla discussione etica e giuridica sul tema e che vengano promosse la ricerca scientifica biomedica e psicosociale e la formazione bioetica degli operatori sanitari in questo campo”.

In Italia praticare l’eutanasia costituisce un reato e rientra nelle certezze previste e punite dall’articolo 579 “Omicidio del consenziente” e dall’articolo 580 “Istigazione o aiuto al suicidio” del Codice penale.

Tuttavia, sul punto il 14 dicembre 2017 è stato compiuto un grande passo avanti in materia legislativa. Con 180 voti a favore, 71 contrari e 6 astenuti, la legge sul c.d. “testamento biologico” è stata approvata dal Senato italiano.

Ebbene il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la Legge 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” che stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”, nel rispetto dei principi della Costituzione (art. 2, 13 e 32) e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

In sintesi, nella norma il Legislatore ha inteso riconoscere ad ogni persona capace di agire il diritto di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento sanitario, sebbene necessario alla propria sopravvivenza, comprendendo specificatamente anche i trattamenti di idratazione e nutrizione, garantendo l’autodeterminazione e la dignità del paziente; questa libertà di scegliere si fonda essenzialmente sulla relazione di cura e fiducia tra il paziente e il medico che si concretizza nella valorizzazione del consenso informato. La legge non introduce assolutamente l’eutanasia o il suicidio assistito, assicura solamente la possibilità di scegliere se si desidera mantenere oppure interrompere le cure sanitarie.

Con la sentenza 242/2019 la Corte costituzionale, esprimendosi sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio, ha ulteriormente rafforzato quanto già espresso nella legge n. 219 del 2017 circa l’autodeterminazione del paziente e della sua libertà decisionale ma anche ha sottolineato l’importanza del consenso informato quale espressione del rapporto medico-paziente; i giudici costituzionali hanno ben individuato le condizioni in presenza delle quali il malato possa richiedere l’assistenza nel morire:

  • La presenza di una patologia irreversibile;
  • Una grave sofferenza fisica e psichica;
  • La piena capacità di prendere decisioni libere e consapevoli;
  • La dipendenza da trattamenti di sostegno vitale;

In definitiva, si può ritenere che la Corte abbia inteso valorizzare l’autonomia decisionale del paziente e la sua libera scelta e soprattutto tutelare la dignità umana in un momento di estrema vulnerabilità come la fase terminale della vita. e all’alveo (non tanto un diritto a morire con dignità, quanto piuttosto un diritto alla piena dignità anche nel morire).

Non si può che auspicare che il legislatore adotti la necessaria disciplina legislativa, rimuovendo il vulnus normativo.

E nel resto del mondo?

In Europa sono legali in Olanda, Belgio, Lussemburgo e Spagna. Il primo Paese ad affrontare la problematica è stato l’Olanda dove entrambi i processi medicalizzati sono stati legalizzati completamente nel 2002. Possono ricorrervi anche i minori, ma sotto i 16 anni c’è bisogno del consenso dei genitori. Anche il Belgio ha legalizzato i due processi, dal 2014 l’eutanasia è stata estesa a bambini e minori. La Spagna ha reso legale l’eutanasia nel 2021, prima dell’intervento normativo, aiutare qualcuno a morire era punibile con una pena detentiva fino a 10 anni. In Germania non è stata ancora formulata una legge, ma la Corte Costituzionale tedesca ha stabilito, nel febbraio 2020, la legittimità del suicidio assistito in determinate circostanze. In Gran Bretagna sia l’eutanasia sia il suicidio assistito sono illegali. In Francia, nel 2016, il governo ha emanato la legge Claeys-Leonetti che permette il ricorso ad una “sedazione profonda e continua”; tuttavia, l’eutanasia per i pazienti terminali è vietata.

Al di fuori dei confini europei, eutanasia e suicidio assistito sono legali in Canada, Colombia, Nuova Zelanda e in alcuni stati australiani (Queensland, Tasmania, Victoria, South Australia e Western Australia).

In Svizzera, Austria e in undici stati Usa (California, Colorado, Hawaii, Montana, Maine, New Jersey, Nuovo Messico, Oregon, Washington, Vermont e District of Columbia) è consentito il solo suicidio assistito.

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