venerdì, 26 Aprile, 2024
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Società

C’era una volta il Co.Re.Co.

Era l’articolo 130 della Costituzione – abrogato nel 2001 – che sin dalla sua entrata in vigore – primo gennaio 1948 – prevedeva l’istituzione del Comitato Regionale di Controllo. Infatti esso affermava che:
“Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti dalla legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali.
In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.”

Nel Titolo V della Costituzione, all’articolo 114 era indicato che: “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni”. E nella VIII disposizione transitoria e finale era disposto che: “Le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni  provinciali sono indette entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione.”

Nella realtà i tempi furono rinviati più volte e la prima norma Costituzionale attuativa è stata la legge 10 febbraio 1953, n. 62, mentre i CORECO iniziarono ad operare solamente dal 1970, dopo l’approvazione della relativa legge elettorale ed eletti i consigli regionali.

In effetti il Comitato regionale di controllo, con sede nel capoluogo di ciascuna Regione, era un organo collegiale  nominato dal Presidente della giunta regionale con pari durata e costituito, in seguito  alla legge n.142/1990 riguardante l’Ordinamento delle autonomie locali, da quattro esperti, come indicati nell’articolo 42, tra cui un avvocato, un dottore commercialisti o ragionieri e un ex sindaco o altro politico o funzionario, nonché un magistrato o avvocato di stato.

La norma attribuiva al comitato il controllo di legittimità su tutte le deliberazioni dei consigli e delle giunte sugli atti amministrativi. L’annullamento delle deliberazioni illegittime doveva essere pronunciato con ordinanza motivata, entro il termine perentorio di venti giorni dal ricevimento del relativo verbale.
Anche il controllo di merito doveva rispettare termini e modalità simili e in caso di vizio il consiglio provinciale o comunale veniva  invitato a riesaminare la deliberazione, con possibilità di poterla riconfermare, purché approvata a maggioranza assoluta.

Anche la normativa sanitaria nazionale di cui alla legge n.833/1978 attribuì al Comitato regionale analogo potere di controllo, fino alla sua soppressione nel 1991, sugli atti delle Unità Sanitarie Locali (USL) e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, integrato con un esperto in  materia sanitaria.

Nel 2001 sopraggiunge, infine, la modifica al Titolo V della Costituzione (legge costituzionale n.3/ 2001) che abroga tale articolo 130 insieme agli altri articoli 115, 124, 128 e 129, mentre ha riformulato poteri e competenze, nello spirito di una forte spinta in senso autonomistico e verso l’assetto “in senso federalista”.

In tale circostanza erano sorti dubbi se, anche in presenza della abrogazione dell’articolo 130, nella previsione delle due norme costituzionali quali la legge istitutiva del CORECO, la n. 62/1953 e quella istitutiva delle Regioni n. 3/1963, potevano continuare ad essere esercitati tali poteri, ma tutte  le Regioni scelsero la loro soppressione.

Forse un organismo così qualificato, coi poteri di controllo di legittimità e di merito avrebbe potuto dare quel significativo apporto ai pubblici amministratori, tale da evitare loro di incorrere, con meno facilità, nel reato del tanto discusso abuso d’ufficio.

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