giovedì, 28 Marzo, 2024
Esteri

Chi era Mohsen Shekari

«Mohsen Shakari è stato giustiziato oggi. Il mio cervello sta per esplodere, Mohsen lavorava in un bar. Mi parlava fino alle prime ore del mattino del suo amore per i videogiochi. Ma anche della sua solitudine. Quando gli avanzava del cibo, voleva sempre che io ne mangiassi almeno qualche boccone. Mi faceva tanti complimenti per il mio stile, e a volte mi sgridava. Vorrei che non mi avessi elogiato così tanto. Vorrei che avessi messo il tuo letto di fronte al mio l’ultima notte. Vorrei che non avessi portato una bottiglia di soda quando sei tornato dall’interrogatorio. Vorrei che non mi avessi raccontato di tutti i tipi di caffè e di come prepararli. Vorrei che fossi stato ancora vivo quando ho fatto il caffè stamattina. Vorrei non aver letto questa notizia. Vorrei non stare così male. Vorrei non odiarmi così tanto. Vorrei non odiarmi così tanto. Vorrei…».

Queste sono le parole con cui Bob Aghebati, ex compagno di cella di Mohsen, ha espresso il suo strazio per la sua morte. Ci arriva attraverso questa disperazione un ritratto appena tratteggiato, come accade quando si guarda tra le lacrime, di questo ragazzo. Quello che testimonia Bob, è che sono stati detenuti insieme nell’infame carcere di Evin e del loro legame, mentre erano stretti nella morsa feroce del regime.

Giustiziato senza giusto processo, poiché è stato rigettato anche il ricorso dell’avvocato, Mohsen è morto l’8 dicembre, mentre ai suoi funerali non è stata consentita la partecipazione, se non dei parenti più stretti, a cui è stata negata dalla polizia non solo l’ultima visita, ma anche la libertà delle lacrime. Ma la morte di Mohsen ha accesso ancora di più lo sdegno internazionale e la fiamma rivoluzionaria dei suoi fratelli iraniani e non.

Testo del video Forough Farrokhzad da “la strage dei fiori”, immagini di Eliana Montanari, montaggio di Andrea Lazzari, voce di Rosalba Panzieri.

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