giovedì, 25 Aprile, 2024
Ambiente

A fenomeni estremi estremi rimedi

Quando piove siamo bombardati dall’acqua: città allagate, fiumi che invadono strade e terreni, montagne che si sciolgono in fango che distrugge viadotti e case.

Quando si scatenano temporali violenti le trombe d’aria sono diventate di casa come se fossimo nelle praterie del Midwest.

Quando soffia il vento la sua velocità è spesso vicina a quella devastante degli uragani, gli alberi cadono come birilli e a volte uccidono.

Quando il mare si ingrossa supera quasi sempre il livello di burrasca per diventare fortunale e cancellare  coste e porti.

Quando nevica si accumulano metri di coltre bianca che non appena sale la temperatura diventano valanghe assassine.

Quando arriva l’acqua alta a Venezia la laguna sommerge tesori d’arte sopravvissuti per secoli e ora

Quando il sole dardeggia l’estate, ci lessiamo a temperature da deserto.

Quando le nuvole abbandonano il cielo per mesi, la siccità devasta mezza Italia.

E si potrebbe continuare all’infinito.

Qualcuno non crederà ai cambiamenti climatici, ma l’evidenza dei fatti è inoppugnabile. È vero che fenomeni estremi ci sono sempre stati ma erano l’eccezione; adesso sono la regola.

I danni per le persone, per l’ambiente, per l’economia e per la serenità delle collettività sono ingenti e spesso non quantificabili.

Che fare? Ovviamente è necessario intervenire con urgenza per frenare la carbonizzazione dell’atmosfera e contribuire a ridurre l’innalzamento delle temperature del nostro pianeta. L’Italia su questo terreno non è indietro: abbiamo molta produzione di energia pulita anche se le nostre città sono asfissiate dagli scarichi velenosi di un numero eccessivo di veicoli, molti dei quali inquinanti, e dall’uso sconsiderato del riscaldamento centralizzato, con enormi sprechi di calore, di soldi e dispersione di fumi.

Ma la salvezza del pianeta, purtroppo, richiede che tutti i principali Paesi del mondo condividano  gli impegni per raggiungere un obiettivo comune. Il fallimento della recente conferenza COP 25 a Madrid non lascia ben sperare.

Facciamo dunque il nostro dovere per salvare l’ambiente, ma questo non basterà a proteggerci nei prossimi decenni dai disastri che abbiamo descritto e che rischiano di accentuarsi.

È quindi necessaria una politica di “contenimento” delle conseguenze provocate da  questi fenomeni naturali che sfuggono al controllo umano.

E qui, duole dirlo, il nostro Paese sembra essere senza idee e senza alcun pensiero di pianificazione strategica di interventi.

Andiamo con ordine. Avendo l’Italia ben 8 mila chilometri di coste, la loro protezione dovrebbe essere una priorità. Ma esiste un piano di difesa nazionale  dalla violenza delle mareggiate  e dall’erosione dei litorali? Non pare. Stato e Regioni dovrebbero mettersi intorno ad un tavolo e programmare la costruzione di barriere non deturpanti ma efficaci per frenare la potenza delle onde ed impedire la distruzione di porti, arenili e stabilimenti balneari.

E che dire di fiumi e torrenti i cui alvei spesso sono delle discariche che intralciano il passaggio delle acque? Non esiste una politica nazionale di risanamento dei corsi d’acqua e di predisposizione di argini per evitare esondazioni. Basti pensare a Roma..il cui Tevere, in caso di pioggia intensa per 4-5 giorni consecutivi rischia di esondare a Ponte Milvio.

Su Venezia c’è solo da provare vergogna: un Paese che ha una perla unica al mondo e che né ultima in il Mose né ripulisce  i canali né li scava per abbassare il livello della laguna nella città.

E contro gli eventi di siccità? Esiste un piano di costruzione di dighe e invasi per accumulare le acque da utilizzare quando smette di piovere per lunghi periodi?

Per dirla in breve, l’Italia ha una estrema fragilità del suo territorio e delle sue coste ed è il Paese più esposto ai cicloni mediterranei sempre più violenti. Dovrebbe dotarsi di una politica di rimedi estremi e urgenti per fronteggiare questi fenomeni e adottare procedure di comportamento standardizzate, come avviene nei Paesi che convivono con le tempeste tropicali e gli uragani.

Ma nulla di tutto questo occupa il dibattito politico. Le uniche tempeste che appassionano giornali e politici sono quelle che si svolgono in un bicchiere d’acqua, quello  del cicaleccio e delle manovrine di basso cabotaggio.

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