giovedì, 28 Marzo, 2024
Lavoro

Chi bada alle badanti?

L’attività di badante nel nostro Paese ha assunto una riconosciuta funzione di congiunzione tra il sanitario e il sociale.  La loro non è più una funzione marginale come veniva  considerata fino a 10 anni addietro ma riveste una fondamentale importanza nella gestione degli oltre due milioni e mezzo di persone non autosufficienti presenti nelle famiglie italiane. Ecco perché per il milione e più di badanti presenti in Italia occorre verificare se il sistema tutela e sicurezza sul lavoro sia o meno applicato in modo corretto e puntuale nei loro confronti.

L’argomento, trattato da Federsanità ANCI, organizzato  a quarant’anni dall’istituzione dal Servizio Sanitario Nazionale, ha riscosso unanime attenzione da parte dei Direttori Generali ASL. Tra i primi obbiettivi da raggiungere per assicurare salute e sicurezza ai badanti e assistenza adeguata alle persone loro affidate, c’è quello di avviare percorsi informativi e comunicativi in considerazione del  riconoscimento di questi momenti quali determinanti di salute da parte dell’OMS. In maniera piuttosto semplificata, si può dire che il lavoro di cura richiede alte capacità organizzative, tempestività nelle decisioni, assunzioni di responsabilità, contemporaneamente ad una estrema disponibilità all’ascolto e all’attenzione nei confronti delle persone di cui ci si occupa e che dipendono dalla lavoratrice spesso per la propria sopravvivenza fisica e psichica.

Si tratta quindi di un lavoro complesso, quello del badantato, a volte sottovalutato, ma tale da richiedere un notevole impegno e disponibilità. Riguardo il lavoro domestico, che pure occorre attendere da parte dei badanti,  poi, esiste anche una regolamentazione di tipo contrattuale – collettiva, all’interno della quale ritroviamo – più o meno esplicitamente – i compiti, i limiti, le responsabilità connesse all’attività citata.

Quello dell’operatore di cura è senz’altro un lavoro impegnativo, sia per il monte ore di attività quotidiano previsto che per l’attenzione costante con la quale è opportuno svolgerlo. Si tratta di un lavoro insieme delicato e faticoso, nel quale molto spesso anche lo sforzo fisico (basti pensare all’assistenza a persone non autosufficienti) ha la sua rilevanza. Ciò va opportunamente considerato nel momento in cui si sceglie tale attività, per non trovarsi poi, impreparati, a soccombere sotto il peso di un lavoro che si è immaginato molto meno impegnativo.

A tali considerazioni va aggiunto il carico emozionale che tale lavoro comporta, dal momento che non si tratta solo di svolgere attività pratiche, ma di entrare in relazione d’aiuto con una o più persone. Per rendersi conto della  complessità di tale attività basta considerare le tre pubblicazioni prodotte dall’INAIL, nel 2010, 2011 e 2015, sulla questione Colf e Assistenti familiari, aspetti di salute e sicurezza. Nello svolgimento dell’attività della badante i rischi legati allo stress che il lavoro comporta sono senz’altro i più importanti. Relativamente ad altri rischi, questi non sono diversi da quelli che si affrontano normalmente all’interno delle abitazioni e per i quali è necessaria una opportuna dose di cautela. A titolo esemplificativo va detto che i più frequenti incidenti domestici hanno a che fare con cadute all’interno delle abitazioni (dovute all’uso inadeguato di supporti quali scale o sgabelli, a pavimenti scivolosi, etc.), agli incendi (dovuti ad un uso inadeguato di corrente o a negligenza nell’uso del gas), all’assunzione di sostanze pericolose.

Altro rischio può essere legato allo sforzo fisico (rischio che esiste soprattutto quando si spostano persone non più autosufficienti che non sono in grado di collaborare). Nello specifico del lavoro domestico, infatti, il problema è di rilevante importanza in quanto coinvolge circa  6 mila infortuni all’anno. Le più recenti statistiche confermano, poi, che le mura domestiche, entro cui tali servizi vengono spesso espletati, non garantiscono affatto un ambiente di lavoro sicuro, anzi il tasso degli infortuni è sempre più elevato.

Anche in questo settore  la valutazione del rischio rappresenta il momento centrale della prevenzione; non può essere una incombenza formale a carico delle famiglie attraverso il contributo di “tecnici-funzionari”, ma deve essere un processo tecnico-scientifico e sociale all’interno del quale si confrontano e comunicano tra loro diversi soggetti che interagiscono sulla base delle rispettive conoscenze tecniche, dei rispettivi interessi, delle rispettive percezioni del rischio, per gestire in modo interattivo problemi di salute presenti nei vari contesti lavorativi.

L’informazione è, quindi, variabile dipendente dal “metodo di lavoro” e dal suo grado di “partecipazione equilibrata” con cui dovrà venire affrontata la valutazione e la gestione dei rischi in ambiente lavorativo. La valutazione dei rischi così configurata ha davvero un senso se viene considerata, da tutte le parti in causa, ma principalmente dal datore di lavoro, come un processo continuo che porta a decisioni, tecnicamente razionali e ampiamente validate, in materia di conoscenza della realtà lavorativa e di programmazione per il suo miglioramento in termini di qualità.  In questa logica la valutazione dei rischi è il fondamentale momento preliminare da cui discendono i contenuti delle attività di informazione e formazione.

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