giovedì, 28 Marzo, 2024
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Giornata internazionale contro la violenza alle donne, la sociologa Di Blasio: “Il femminicidio va fermato con ascolto e denunce”

“Oggi accade che viviamo in una società dove portare rispetto verso l’altro è diventato un atteggiamento rarissimo, parlo di quel rispetto che è scritto nei cromosomi dell’essere umano”. Diamo rispetto, fiducia, amore, amicizia – ma se non bastano le buone pratiche preventive, allora devono scattare le denunce -, sono i presupposti, o meglio gli “Antidoti” che la sociologa Maria Luigia Di Blasio, Direttore Generale nonché procuratore del Consorzio SGS “Servizi Globali Sociosanitari”, necessari per fronteggiare quella violenza verbale e sempre più spesso fisica. Violenze che oggi dilagano, che colpiscono in particolare modo le donne inermi e sopraffatte dalla cieca brutalità maschile. Maria Luigia Di Blasio,  è una donna, capace di coniugare il suo tenace lavoro di manager con una platea di 6 mila persone che convergono nella SGS, con un atteggiamento aperto, dialogante, sui temi della quotidianità, come il lavoro, lo sviluppo e l’innovazione, e al contempo esprimere quel sentimento di intensa partecipata solidarietà umana verso chi è colpito dalla violenza. Maria Luigia accetta di conversare con noi in occasione della; “Giornata Internazionale contro la violenza alle donne”, una sua preziosa testimonianza sul tema del femminicidio che in Italia rappresenta una vera e purtroppo tristissima emergenza quotidiana.

Secondo il Rapporto Eures, nei primi dieci mesi del 2019 sono stati 94 in Italia gli omicidi con vittime femminili, quasi uno ogni tre giorni; 142 le donne uccise nel 2018. In un’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, l’Istat stima in 2 milioni le donne vittime di violenza fisica o sessuale.

Luigia Di Blasio, Direttore Generale nonché procuratore del Consorzio SGS “Servizi Globali Sociosanitari”

Cosa accade in questa società italiana?
“La caduta del rispetto interpersonale, che è un grande valore che unisce le persone che sprona al dialogo e alla comprensione dell’altro. Se manca questo primo presupposto civile, sociale, e aggiungo, soprattutto umano, allora può accadere di tutto, e infatti siamo circondati da episodi di violenza inaudita, che colpiscono donne inermi che hanno avuto la sola colpa di dare fiducia a chi non l’avrebbe meritata”.

La vita, intesa come fondamento sacro per una comunità, sta perdendo il suo valore?
“Si sta perdendo il rispetto per il valore della vita, propria e altrui. Spiegare poi ad una vittima di violenza che il sistema ‘giustizia’ non sempre è in grado di proteggerla diventa molto difficile. Serve quindi destare le coscienze, porle di fronte al problema. Non possiamo far finta di nulla perché si tratta di violenza è la violenza è sempre e comunque inaccettabile”.

A Suo giudizio come si può uscire dall’emergenza e riprendere in mano una situazione che desta più di un allarme?
“È necessaria una collaborazione del mondo maschile per fare opera di prevenzione e protezione. E’ importante che i mass media, in questo senso, svolgano un’opera di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza delle varie forme di manifestazioni di tutti i volti che può assumere la violenza”.

Lei è sociologa e quindi attenta ai mutamenti nel sociale e alla formazione come conoscenza, a suo giudizio sarebbe possibile ripartire dalla scuola per dare consapevolezza agli adolescenti e ai giovani di come la violenza sia distruttiva. Si potrebbero ad, esempio, dedicare delle ore di studio affrontando i temi sociali e psicologici. Potrebbe essere un motivo di riflessione per tutti, per ragazzi e adulti?
“Spesso si riferisce che il comportamento violento è frutto di una crescita problematica.
L’educazione alla comprensione del sé e dell’altro, alla consapevolezza del proprio essere e delle proprie scelte personali e sociali sempre nell’ottica del rispetto e dell’accoglienza del prossimo, tutto questo è essenziale per crescere bambini e bambine che diventeranno uomini e donne migliori”.

Quindi per te un incentivo alla comprensione dei fenomeni di devianza psicologica e fisica potrebbe arrivare dalla scuola e dai comportamenti virtuosi?
“Certo aggiungo che prima si comincia e meglio è. Sono assolutamente favorevole all’introduzione di ore obbligatorie su temi sociali e psicologici sin dai primi anni della scuola primaria perché non bisogna dimenticare che l’istituzione scolastica è un attore educativo fondamentale, insieme con la famiglia e la società in genere, che non può sottrarsi al proprio ruolo di supporto nella crescita di ragazzi e ragazze rispettosi e sempre aperti al confronto e all’ascolto”.

Oltre la riflessione sui casi di cronaca e il ruolo educativo della scuola, sul piano pratico come si può intervenire?
“Come dicevo la prevenzione viene dalla conoscenza dei fenomeni, di quelli occasionali, di quelli ripetuti, delle manifestazioni di violenza. Bisogna dialogare con le donne e ascoltarle”.

Quali secondo Lei sono i campanelli  d’allarme a livello comportamentale per capire  se un uomo sia davvero pericoloso?
“L’uomo violento pericoloso, è l’uomo che ha perso di vista le priorità non solo della vita di coppia ma anche e soprattutto del vivere civile. Quando ci si trova dinanzi a uomini il cui obiettivo quotidiano è quello di sminuire la vita della propria partner, trattandola alla stregua di un oggetto, devono scattare i campanelli d’allarme. Non esistono caratteristiche universali che permettono di identificare un uomo violento, ma certamente esiste un unico modo per venirne fuori: chiedere aiuto ad una persona di fiducia, un’amica, un familiare, un professionista”.

E quando qualcuno ci confida questa situazione di pericolo cosa bisogna fare. Oltre al dialogo e l’ascolto, chi è investito di questo racconto così drammatico, cosa deve e può fare?
“Quando ci si accorge che qualcosa non va, non esitiamo a tendere noi la mano, mai chiudere gli occhi davanti a delle donne che, magari, non hanno il coraggio o la forza di ribellarsi”.

I casi di femminicidio ci dicono che oltre alla vittima c’è una scia di dolore, sofferenze, di vite che sono costrette a cambiare, pensiamo ai figli ad esempio, e tutte le persone che restano, per loro il futuro resta incerto se non addirittura ostile. Lei che ne pensa?
“Questo è sicuramente un tema molto delicato ed è evidente che non esiste una bacchetta magica, una soluzione buona e valida per tutti. Come sempre, quando si parla di persone, la maniera giusta di agire ci viene suggerita di volta in volta dalle persone stesse, in questo caso dai figli di madri vittime di femminicidio. La parola d’ordine è ascolto, dunque, senza pregiudizi e stereotipi”.

Oggi è la “Giornata internazionale contro la violenza alle donne”, che appello possiamo lanciare?
“Di unire gli sforzi, di essere partecipi con la mente e il cuore.Tutti i professionisti, che si trovano coinvolti nel reinserimento di questi ragazzi e ragazze, non devono mai sottovalutare il punto di vista ed i sentimenti di chi ha subito una perdita così forte ed in maniera così violenta ed innaturale. È una sfida che possiamo vincere, serve sentimento, lucidità, impegno, tanto affetto e umanità”.

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