lunedì, 4 Novembre, 2024
Il Cittadino

Transizione ecologica e transizione psicologica

La guerra in Ucraina è già sostanzialmente mondiale. Ci coinvolge tutti, chiede e impone a tutti di prendere posizione. Ha conseguenze ed effetti dovunque, anche agli antipodi del mondo.

Ci imporrà sacrifici, non solo per un minore comfort, ma soprattutto per tutto ciò che non circolerà e che sconvolgerà i nostri consumi e la nostra qualità della vita.

Avremmo dovuto capire la globalità già ai tempi del coronavirus (che sopravvive caparbiamente alla nostra volontà di superarlo). Invece ciascuna nazione, addirittura ciascun territorio, ha agito separatamente, sulla base di dati improbabili, perché da ogni amministrazione accertati con metodi e criteri differenti. Così la farfalla che ha battuto le ali a Pechino – per citare un noto aforisma per spiegare la teoria del caos – ha fatto piovere a New York. Immaginate l’effetto tragicamente più violento della bomba esplosa a Kiev.

Sono inguaribilmente ottimista: il tuono dei cannoni non supererà i confini della Nato e prima o poi cesserà con una qualche soluzione di compromesso.

Non finirà, però, la guerra mondiale, che sarà combattuta in maniera diversa. Guerra che vedo inevitabile per le grandi differenze – di disponibilità di mezzi, di tecnica, di materia prima, di cibo, di energia, di libertà – tra gli otto miliardi di uomini.

Per affrontarla con possibilità di sopravvivenza servirebbe uno statista: merce rara in Italia.

I nostri politici – salvo singole eccezioni – sono in generale poveri di spirito e ricchi solo di privilegi (compresi gli onorevoli che a parole vorrebbero abolirli); sempre più spesso devono consegnarsi a tecnici per essere inquadrati e recitare la pantomima di un governo: che amministra solo il quotidiano, per di più delegando il potere alla burocrazia e alla giurisdizione. La prima, inesorabilmente installata nei Palazzi del Potere con il solo compito di ostacolare e rallentare qualsiasi iniziativa economica privata e, con piglio maggiormente severo, pubblica; la seconda, con l’ombrello dell’obbligatorietà dell’azione penale, per colpire a posteriori, ricercando irregolarità favorite dal nostro cavilloso e contraddittorio sistema legislativo, che sembra studiato ad arte perché nessuno sia certo di essere nella legalità; risultando indifferente l’esito del processo, tanto la pena da noi la si sconta anticipatamente, da “presunto innocente”, ma “certamente colpevole”: che se assolto – perché, vivaddio, ci sono ancora giudici che vogliono prove certe e che sentenziano “in dubio pro reo”, regola basilare di civiltà – è per qualche scandalosa ingerenza dei “poteri forti”.

Perdonate le mie divagazioni sulla situazione italiana e torniamo al tema della globalità.

La guerra è mondiale; la pandemia è mondiale: non possono essere affrontate senza una visione globale e prospettiva: ecco perché la necessità di un politico di livello superiore e di un ordinamento legislativo semplice, chiaro, certo, laico (che significa non dover chiedere spiegazioni al parroco).

C’è nel mondo una completa interconnessione e non ci si salva, ecologicamente soprattutto, da soli.

Con la guerra, ad esempio, ci siamo accorti che ci serve energia. Draghi ha parlato di riaprire le inquinantissime centrali a carbone; lo stesso ministro della transizione ecologica – facendo poi una piccola marcia indietro – ha parlato delle centrali nucleari di nuova generazione: un tabù quasi, ma che va rimeditato. Per tacere delle piattaforme marine: attive subito fuori le nostre acque territoriali, chiuse da noi (producevamo venti miliardi di metri cubi di gas, ora solamente tre!).

Si parla tanto di transizione ecologica. La verità è che la situazione determinatasi in questo 2022 impone soprattutto una transizione psicologica. Non è più possibile ragionare con schemi antichi, contando sulla capacità economica di poter acquistare dall’estero ciò che non abbiamo o che non siamo capaci di produrre. Dobbiamo rimboccarci le maniche, evitare gli sprechi. Non basta lo “sviluppo sostenibile”: che era tale soltanto per la nostra capacità economica, non perché attrezzati a trarre energia da risorse naturali inesauribili quali l’energia eolica, solare ed idrica. Abbiamo saputo ora di migliaia di autorizzazioni bloccate da anni. È urgente regolare con semplicità e chiarezza la materia energetica: per una volta dalla prospettiva del cittadino, non del burocrate.

Il rifiuto è qualsiasi bene che non serve più, che ha smesso la funzione per cui era stato realizzato.

Naturalmente la ricchezza e la disponibilità di beni determinano maggiori rifiuti e una più veloce dismissione del bene. Non pensiamo mai che il rifiuto è materia prima recuperabile. Paghiamo somme ingenti, sia come privati, sia come amministrazioni pubbliche, per smaltirlo: quando, invece, dovremmo essere pagati per cederlo.

Il sindaco di Roma, Gualtieri, ha dato un segno di sé, annunciando la costruzione di un termovalizzatore, con l’immediato no ideologico degli alleati M5S e le urla di vetero ambientalisti.

Ciò che il Sindaco Gualtieri non ha il coraggio di dire è che la raccolta differenziata, per come è fatta (a Roma, soprattutto), non consente grandi riciclaggi e che la termovalorizzazione è preferibile alle ambigue soluzioni attuali; la termovalorizzazione offre una soluzione che con sistemi moderni offre vantaggi superiori agli aspetti negativi.

La transizione psicologica che gli eventi ci impongono dovrà essere questa: non avere pregiudizi ideologici, ma affrontare il tema ambientale – da mettere al centro di ogni questione – con pragmatismo e con onestà, considerandolo un problema globale, che globalmente va affrontato.

Altrimenti continueremo a mandare rifiuti all’estero, pagando perché se li prendano e li smaltiscano loro: pagare per dare materia prima è un lusso che non potremo più permetterci.

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