martedì, 23 Aprile, 2024
Agroalimentare

Guerra, siccità e costi. Agricoltura, la crisi avanza. Coldiretti: 100 mila aziende in difficoltà. Necessari aiuti e taglio del costo dell’energia

Le prime difficoltà per l’agricoltura italiana hanno già numeri importanti.

Sono quasi centomila le aziende agricole italiane che rischiano di fermare l’attività a causa dell’esplosione dei costi di produzione che superano di gran lunga quanto pagato agli agricoltori e agli allevatori per i loro prodotti, dal latte alla frutta, dalla carne alla verdura, riducendo l’autonomia alimentare del Paese e la sua capacità di rispondere a shock di approvvigionamento generati dalle tensioni internazionali.

Situazione critica

Secondo ll’analisi di Coldiretti su dati Crea in riferimento agli effetti della guerra in Ucraina dopo la crisi generata dalla pandemia Covid. “In pratica più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è dunque in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività”, sottolinea la Federazione, “ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo con un impatto non solo sul fronte produttivo, ma anche su quello occupazionale, ambientale, della biodiversità e della gestione dei territori”, spiega Coldiretti secondo lo studio Crea.

L’elenco delle difficoltà

Dall’energia ai concimi, dal foraggio per gli animali alle sementi, dal gasolio alle piantine la prima linea de rincari sulla quale stanno combattendo le aziende agricole si allunga sempre di più, elenca la Coldiretti , “con aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli, secondo lo studio del Crea”.

La crisi dei cereali

“Ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali di costi correnti”, continua la Coldiretti, “sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato. In difficoltà serre e vivai per la produzione di piante, fiori, ma anche verdura e ortaggi seguiti dalle stalle da latte”.

Regioni del nord in difficoltà

Uno scenario drammatico che, spiega Coldiretti, colpisce in modo devastante tutta la Penisola con maggiori difficoltà nelle regioni del nord, in particolare Lombardia ed Emilia Romagna, lungo il bacino del Po dove si produce 1/3 di tutto l’agroalimentare Made in Italy.

Dipendenza dall’estero

Il taglio dei raccolti causato dall’incremento dei costi rischia, di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l’Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche “il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale”, calcola la Confederazione, “senza dimenticare che con i raccolti nazionali di mais e soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, si copre rispettivamente appena il 53% e il 27% del
fabbisogno italiano secondo l’analisi del Centro Studi Divulga”.

Tagliare costi dell’energia

“Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro” afferma il presidente della  Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “ occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali”. Ma – conclude Prandini – occorre
investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.

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