mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Società

Poche donne ai vertici? Un enorme danno sociale

La parità tra i coniugi e nei ruoli paritetici verso la prole non ha ancora trovato compiuta applicazione nell’ambito lavorativo e neanche nei ruoli di vertice dello Stato e nelle rappresentanze politiche, nonostante il ricorso alle quote rosa.

Eppure molte donne hanno dimostrato tenacia e fermezza nel difendere ideali e libertà sia come partigiane italiane e sia con la concreta partecipazione alla creazione della nostra Repubblica.

Basti pensare che già, dopo la caduta del fascismo, le Madri costituenti su 556 deputati erano 21.

Di loro cinque hanno fatto parte della Commissione dei 75, ed esattamente Maria Federici, Angela Gotelli, Angelina Merlin (famosa per la legge n.75/1958 che ha abrogato la legalizzazione della prostituzione), Teresa Noce e Nilde Jotti, la quale arrivò a ricoprire per quasi 13 anni, dal 1979 al 1992, il ruolo di Presidente della Camera, terza carica dello Stato.

Tale carica, successivamente, venne ricoperta anche dalle deputate Irene Pivetti e Laura Boldrini.

Al Senato presidente è una donna, la senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, seconda carica dello Stato.

Alla Corte costituzionale, delle sette donne nei ruoli di giudice, soltanto Marta Cartabia è stata anche Presidente tra il 2019 ed il 2020; attualmente è Ministro della Giustizia.

Sicuramente il ruolo della donna moglie e madre non sarebbe facilmente conciliabile con qualsiasi lavoro fuori dalle mura domestiche se non vi fossero alcune tutele costituzionali che garantiscano pari opportunità e parità di genere, proprio in virtù del dettato dell’articolo 3, il quale afferma che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,…”

A rafforzare tale principio interviene l’articolo 37 nel disporre che: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.” Si afferma anche che: “Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

Presso il Parlamento, da qualche anno, infatti, è stata persino predisposta una stanza, attigua all’Aula di Montecitorio, per consentire alle mamme l’allattamento della prole, con possibilità di poter partecipare  alle votazioni delle assemblee.

La presenza in Parlamento delle donne è di circa un terzo dell’Assemblea, con quasi un 20% in età fertile. In tal modo sono stati eliminati i disagi per l’allattamento da parte delle neo-mamme e dei neo-papà.

L’auspicio è che analoghe iniziative vengano presto estese alle altre Istituzione pubbliche e alle aziende con presenza femminile.

Il ruolo delle donne nelle funzioni verticistiche potrà notevolmente contribuire a migliorare il funzionamento della macchina dello Stato e delle strutture pubbliche e private.

È sicuramente un danno sociale immenso non poter beneficiare della loro diretta professionalità e delle fondamentali visioni di interessi tipicamente femminili nelle funzioni apicali, politica compresa.

Basti pensare che una sola Regione su 20,  l’Umbria ha una donna Presidente ed appena 6 Comuni capoluoghi di provincia su 108 hanno come sindaco una donna.

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