venerdì, 26 Aprile, 2024
Considerazioni inattuali

L’etica del luogo

Ogni città ha i suoi mondi; più è grande, più se ne contano. Ecco, forse qui a Roma contare i mondi è quasi impossibile. Soprattutto perché privi di qualsiasi attinenza rispetto agli emisferi politico, finanziario o religioso. Il mondo interiore è un argine ideale che si fonde con quello esteriore e concreto; e si rendono entrambi esperibili proprio grazie a questo loro profondo incontro, in un unico nucleo. La fame epistemica che ne deriva, il bisogno quasi fisiologico di conoscenza del luogo, si rapporta all’idea iniziale di come il suddetto viene idealmente ed inizialmente concepito e solo successivamente – dopo averlo visitato – percepito.

LA PERCEZIONE DEL DOVE TRAMITE LE IDENTITA’

Il luogo poi può apparirci lo stesso: aderire alla percezione che ne abbiamo tratto la prima volta – oppure cambiare tramite infinite differenti sfumature: quelle che appartengono al nostro mondo che, appunto, incontra quello del luogo per mezzo della nostra identità e di quella del luogo stesso. Spesso ci chiediamo, infatti, com’è quel luogo: bello, brutto, piacevole o meno – senza renderci conto che la domanda non potrebbe mai riguardare soltanto l’estetica del paesaggio o dell’arte che lo abita ma in effetti la sua etica: che cosa ci comunica quel posto nel suo insieme? Qual è la sua sostanza?

LA FUSIONE TRA SPIRITO DELL’INDIVIDUO E DEL LUOGO

Il luogo – proprio come accade per il carisma, il fascino, l’attrattiva di una persona – è essenzialmente la forza del suo contenuto: l’espressione della sua apparenza che è, in quanto tale, anche essenza. Ecco, il punto è che sia l’estetica che l’etica che lo compongono sono strettamente connesse alle nostre perché non sarebbero altrimenti esprimibili; siamo noi attraverso le nostre innumerevoli, diverse percezioni ad identificare la natura e le emozioni che medesimamente il luogo ci detta mentre noi stessi le dettiamo, in quello che è un confine invisibile e non ascrivibile tra due spiriti. Così siamo portati ad eleggere un posto quale nostro preferito o ad accusarne un altro come sgradevole, oppure ancora ad ammettere la bellezza oggettiva di una piazza senza che questa ci piaccia davvero né ci comunichi nulla di particolare spiritualmente.

LA NATURA VITALE DEL CORPO COME PER IL LUOGO

Come per le persone: così per le chiese, le opere d’arte, le distese di campi di grano. Se così fosse, se ci fosse una commistione spirituale tra due identità, significherebbe attribuire una natura vitale al luogo; cosa che non mi pare così sconcertante, sebbene apparentemente assai astratta ed incorporea. Eppure, cosa c’è poi di più corporeo del luogo? Cosa si incontra e si scontra con il tempo ed il suo passaggio se non il dove? E come potremmo mai collocare la nostra identità se non appunto conoscendone la provenienza: quella parte di noi – e al contempo fuori di noi – che ci descrive e ci rende organi di una collettività?

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