venerdì, 26 Aprile, 2024
Economia

Auto: 73 mila posti a rischio. L’Italia dal secondo all’ottavo posto

Sindacati e imprenditori: appello a Draghi

Una transizione ecologica particolarmente difficile ed onerosa per il settore automotive. L’Italia  scivola dal secondo all’ottavo posto nella classifica dei produttori auto. Sono i gravi e urgenti problemi che hanno fatto convergere in una epocale alleanza – non era mai successo nella storia manifatturiera italiana – un accorato appello comune tra Federmeccanica e gli operai metalmeccanici della Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, a dimostrazione, come sottolineano i leader nazionali, della “straordinaria” situazione di difficoltà in cui versa il settore auto.

Patto storico

“È la prima volta in assoluto che Federmeccanica insieme ai sindacati presentano un documento comune sull’automotive”, spiega Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil nel corso della conferenza stampa ‘Industria Automotive: un patrimonio italiano di fronte alle transizioni’. “Questo dimostra la straordinarietà della situazione della crisi dell’automotive in Italia, sono a rischio oltre 70 mila posti di lavoro”.

Appello pressante a Draghi

Federmeccanica e lavoratori si rivolgono direttamente al premier Mario Draghi e al Governo per sollecitare una vertice su transizione ecologica e i suoi costi, da tenere al più presto perché c’è l’urgenza di capire cosa accadrà a migliaia di lavoratori e alle imprese. “L’automotive è il cuore pulsante della nostra industria”, osservano le sigle sindacali unite a quelle della Federazione dei metalmeccanici, “Serve un piano straordinario, altrimenti potrebbe saltare un intero settore industriale”. “Lanciamo un appello al Governo e al presidente del Consiglio Draghi sulla necessità di un confronto che non è più rinviabile per individuare le azioni strategiche da compiere per la transizione ecologica e industriale della mobilità del futuro”.

Cassa integrazione alle stelle

I dati sull’andamento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali forniti dall’Inps evidenziano la gravità della situazione. Si tratta di milioni di ore di lavoro finiti in cassa integrazione, con una progressione tale da mandare al tappeto l’intero settore produttivo con tutto l’indotto che ruota attorno. “Nel 2019 sono state utilizzate 26 milioni di ore di cassa integrazione, nel 2021 quasi 60 milioni”, segnala la leader della Federazione italiana operai Metalmeccanici, “l’obiettivo deve essere tornare a produrre in Italia 1,5 milioni di veicoli per salvaguardare l’industria e l’occupazione nel nostro Paese ed essere competitivi sul mercato gloabale ed europeo”.

L’Italia in caduta

Le statistiche di produzione e vendita sono in caduta. L’Italia è passata da secondo a ottavo produttore di auto in Europa. “Attualmente viene utilizzata solo la metà della capacità produttiva istallata, con 700 mila auto prodotte nel 2021. Francia e Germania stanno già mettendo in campo politiche industriali per affrontare la transizione, mentre il Governo italiano non sta svolgendo nessun ruolo”.

Proposta contro il declino

“Il Governo deve intervenire nominando un’Autorità, che coordini i Ministeri interessati sotto la Presidenza del Consiglio”, indica Francesca Re David, “che abbia una dotazione di risorse finanziarie per la transizione industriale garantendo l’occupazione negli stabilimenti Stellantis e in tutta la componentistica, anche attraverso l’utilizzo di un ammortizzatore sociale per la transizione”.

Allarme costi e posti

Recenti stime dei settori specializzato come (Anfia-Clepa-PWC) considerano che la misura, senza interventi, porterebbe ad una perdita di mezzo milione di posti di lavoro in Unione Europea parzialmente compensati da 226 mila nuovi posti di lavoro previsti nella produzione dei sistemi di propulsione dei veicoli elettrici, con una perdita netta di 275 mila posti di lavoro.

Stime catastrofiche

Il problema dell’automotive da come emerge dai documenti ufficiali ha toni epocali per i rischi che il settore attraverserà. “Le stime per l’Italia”, prosegue lo studio congiunto Federmeccanica-Sindacati, “intravvedono una perdita di circa 73 mila posti di lavoro, di cui 63 mila nel periodo 2025- 2030”. Non solo la rivoluzione del motore elettrico porterà un cambio produttivo straordinario e per certi versi devastante per tutte le filiere legate al motore endotermico. “L’impatto proporzionalmente maggiore per l’Italia rispetto ad altri Paesi dell’industria Automotive è ben giustificato”, evidenzia il documento, “per la forte presenza di attività legate alla powertrain del motore a combustione interna. D’altra parte, l’architettura stessa del veicolo elettrico è caratterizzata da un minor numero di componenti, verosimilmente con minor contributo di occupazione”. “La domanda”, si chiedono sindacati e imprese, “circa la preparazione del sistema Paese a fronte di questo scenario di discontinuità è doverosa, urgente e non la vediamo finora accolta da tutti gli attori con la necessaria attenzione”.

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