venerdì, 19 Aprile, 2024
Ambiente

Mal’Aria di città: intervenire su traffico e riscaldamento

L’inquinamento atmosferico causa  problemi ambientali e sanitari. La pandemia  ha fatto emergere questo indissolubile legame: la salute delle persone dipende dall’ambiente che ci circonda.

Anche se in dieci anni in Europa si sono registrati miglioramenti nella qualità dell’aria, ancora troppe sono le morti causate dall’esposizione ad agenti inquinanti: secondo studi condotti dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) sono 400mila le morti premature all’anno nei 41 Paesi europei, di cui circa 50mila solo in Italia.

L’inquinamento atmosferico in Italia

L’ultimo rapporto annuale di Legambiente “Mal’Aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare cleancities” analizza i dati del 2021 di 238 centraline per il monitoraggio dell’aria di 102 città capoluogo di provincia su tre dei principali agenti inquinanti: le polveri sottili (PM10 e PM2.5) e gli ossidi di azoto (soprattutto il biossido di azoto).

Su 238, 230 centraline hanno rilevato il PM10. Nello specifico 56 distribuite in 31 città (il 24%) hanno superato per più di 35 giorni la media giornaliera di 50 microgrammi per metro cubo. Nessuna centralina ha superato il limite della media annuale (40 µg/mc) mentre solo 9 hanno rispettato il nuovo valore suggerito dall’OMS (15 µg/mc).

Si stima che per  tornare a respirare aria pulita, le città italiane dovranno impegnarsi a ridurre le concentrazioni di PM10 mediamente del 33% nei prossimi anni.

Per quanto attiene il PM2.5, che desta maggiori preoccupazioni per la salute, l’obiettivo di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è del 61%.

Nelle città italiane sono 139 le centraline tra quelle monitorate che hanno registrato questo inquinante: una centralina ha superato il limite normativo previsto (25 µg/mc) registrando una media annua di 28 µg/mc (Napoli – Ospedale Santobono); limite sfiorato anche a Cremona (25 µg/mc). Nessuna è riuscita a rispettare il nuovo valore fissato dall’OMS (5 µg/mc).

Per il biossido di azoto (NO2) sono stati rilevati i dati in 205 centraline di monitoraggio, e le maggiori criticità sono state registrate a Milano (media annuale 39 µg/mc) e a Torino (37 µg/mc). In 13 di queste non è stato rispettato il limite previsto da normativa (40 µg/mc) mentre solamente 14 centraline hanno registrato valori che rientrano nelle raccomandazioni dell’OMS (media annuale inferiore a10 µg/mc).

Per rispettare le indicazioni dell’OMS, la riduzione dovrebbe essere del 52%.

Situazione critica confermata dalla sentenza di condanna del novembre 2020 da parte della Corte europea di giustizia nei confronti dello Stato italiano, relativa alla procedura di infrazione sulle polveri sottili registrate nel nostro Paese dal 2008 al 2018.

Inquinamento dell’aria: da dove iniziare

Segnali incoraggianti, sintomo di una presa di coscienza che il problema dell’inquinamento è reale e va preso in tempo, arrivano certamente dalle organizzazioni internazionali e dall’Ue.

A novembre 2021, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato le nuove linee guida che rivedono al ribasso i valori limite raccomandati delle concentrazioni dei principali inquinanti atmosferici, causa di numerosi problemi sanitari.

In quest’opera di revisione si inseriscono le decisioni – che devono tradursi in azioni – di ciascun Paese. L’imperativo è affrontare i temi complessi della decarbonizzzione e della transizione ecologica.

L’Italia è chiamata ad abbandonare la logica dell’emergenza, per compiere quelle scelte difficili e impopolari capaci di garantire il raggiungimento degli obiettivi imposti. Scelte che scomodano l’assetto tradizionale delle città e le abitudini radicate delle persone. Nelle aree urbane due sono i settori da riprogettare, perché tra i più impattanti sulla qualità dall’aria: la mobilità e il riscaldamento domestico.

 

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